CAPITOLO UNO

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Percy Jackson era quel genere di ragazzo impulsivo, che non si preoccupava delle conseguenza.

Poteva essere scambiato per uno di quei tepistelli di strada, che giravano con lo skateboard per le strade infastidendo i passati, uno di cui di quelli che agiva a fini personali con quei capelli neri e disordinati e quegli occhi verdi-mare.

Ma la realtà era ben diversa: Percy era un semidio, e come tale il peso del mondo e delle vite umane gravava sulle sue spalle. Ma i semidei non sono essere perfetti. Anche loro hanno dei difetti, i cosiddetti difetti mortali, e quello di Percy era la lealtà.

Per questa ragione quando Percy vide Rachel Dare, l'Oracolo, avvolta in una nube verde, e sentì la sua voce, la stessa voce che aveva tante volte dato inizio a una battaglia per la vita si sentì mancare il terreno sotto i piedi. Percy non riusciva a crederci.

Non riusciva a credere che un'altra profezia era stata emanata e quindi bisognava agire di conseguenza.

A un tratto tutto sembrò vorticare in torno a lui e con la mente risentì le grida di Nico quando venne a sapere della morta della sorella, alla costellazione di Zoe, che brillava su alta nel cielo, ritornò sull'Olimpo, a sedici anni, alle sue mani che consegnavano un pugnale a Luke Castellan, a Ethan che rimediava ai suoi errori con la vita, alle lacrime di Clarissa e alle sue urla piene di rabbia alla morte di Silena; poi rivede le lande di distruzione e desolazione del Tartaro, risentì le urla disperate di Annabeth chiamarlo, mentre era stata resa cieca da una maledizione e credeva di essere stata abbandonata, a Bob e a Damaseno, senza i quali non sarebbero riusciti a chiudere le Porte della Morte.

Percy si sentì soffocare: la voglia di agire, di mettere immediatamente fine a questa storia, e al tempo stesso il desiderio di non esserne mai venuto a conoscenza.

Era un semidio: il pericolo, la paura per la proprio vita, il terrore di perdere qualcuno di caro, erano ciò che tempravano il carattere; era addestrato a sopportare le situazione più disastrose, a dominare i suoi sentimenti, a costruire barriera fra lui e il mondo esterno, a tenere duro nei peggiori dei casi.

Ma era anche un umano e dopo un po', anche con il miglior addestramento, tutto quello che cercavi di nascondere, persino a te stesso, riaffiorava e tu saresti stato sotterrato, nessun allenamento avrebbe potuto preparati a quel momento.

Molto domande, senza una risposta: Adesso? Cosa succederà? La profezia afferma che i sette devono partecipare all'impresa, quindi? Cosa dovremo fare? L'anima nera è l'eroe? Chi è l'anima nera? Che scambio ci sarà? Che bacio proibito sarà dato? Cosa sono il freddo cuore della materia e la luce stregata?

"Ehi" Annabeth Chase era la ragazza di Percy: poteva essere spietata, astuta, una vera combattente, ma sapeva quando era il momento di mettere via l'ascia di guerra. La sua voce trasudava preoccupazione, timore, ansia e...amore "Come ti senti?"

Percy si sentiva scosso, frustato, arrabbiato, preoccupato, angosciato, rassegnato ma non rispose a quella domanda. Rivolse lo sguardo oltre le spalle di Annabeth.

Chirone aveva fatto chiamare tutti i sette semidei che avevano combattuto Gea quattro anni fa, però di Piper, Leo, Jason, Frank e Hazel non c'era traccia. " Dove sono gli altri?" Percy sperò che il suo tono fosse più dolce rispetto a quello che sembrava. Non voleva ferire Annabeth.

La ragazza sospirò e disse "Sono tornati nelle loro rispettive capanne. Ero molti scossi. Ho detto loro che sarei rimasta io con te. Andiamo? " chiese in un sussurro.

" No, aspetta, voglio prima parlare con Chirone..."

" Niente aspetta" lo interruppe brusca Annabeth" Percy sei sbiancato. Sei rimasto a fissare Rachel per un tempo indeterminato. A un certo punto ho pensato persino che avessi smesso di respirare. " Percy pensò che non avesse tutti i torti. Gli doleva la testa ed era tremendamente stanco

CONTROLUCE-SolangeloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora