CAPITOLO TRE

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Nico aveva sette anni. Lui e Bianca si stavano divertendo con le stravaganze del Casinò Lotus. Nico non era mai stato così felice. Era un sogno: quelle attenzione particolari che gli rivolgevano, i giochi, il cibo. Era tutto fantastico. Sentiva la vita scorrergli nelle vene. Non c'erano suoni, solo movimenti: Bianca abbracciò il fratellino da dietro mentre la scena si dissolveva e cambiò.                           

"Dai Nico, non so giocare a Mitomagia, ovvio che perdo sempre. "sbuffò Bianca  

"Smettila di fare il ballo della vittoria, sei irritante" Bianca lasciò cadere le carte sul pavimento e si alzò dal parquet di legno, stiracchiandosi come un gatto.

Nico invece si sedette per a terra a gambe incrociate e osservò la sorella: la treccia nera le ricadeva lungo la spalla, aveva l'aria stanca ma divertita. " Facciamo un'altra partita?" chiese teneramente

"Nico..." mormorò Bianca guardandolo dall'alto " Dobbiamo studiare ti ricordo. È il nostro primo anno qui, e questi sono i primi mesi ma anche i più importanti. Dobbiamo dimostrare ai professori quanto valiamo" Nico si rattristò. Era passato un po' di tempo da quando quell'avvocato era venuto a prendere lui e sua sorella per portarli nella loro nuova casa e Bianca, ambiziosa e responsabile come sempre, spronava se stessa e il fratello a dare il meglio di loro

" Nico, dai, non farmi il faccino da cucciolo bastonato" Bianca si inginocchiò all'altezza del fratellino. Nico continuò a tenere il broncio. Solo con Bianca lui poteva comportarsi in questo modo, poteva essere se stesso, poteva sentirsi libero. Lei era l'unica in grado di capirlo, di aiutarlo, di accettarlo così com'era.  "Uff "sbuffò Bianca e fece quella smorfia rassegnato che faceva tanto ridere il ragazzino "

Un'ultima e unica partita, intesi?"

Nico annuì sorridendo e gettò le braccia al collo della sorella, che rise stringendolo a sé.

Nico ora si trovava al Campo Mezzosangue. Percy era di fronte a lui. Nico gli era corso incontro per sapere dove fosse la sorella poiché non era ancora riuscita a vederla, nonostante i ragazzi fossero tornati dalla loro impresa. La scena si volse dal punto di Nico stesso, non come se fosse un personaggio esterno. Vedeva Percy con i suoi occhi: i capelli neri spettinati, il verde meraviglioso dei suoi occhi. Provava lo stesso amore che aveva provato nei suoi confronti anni fa. Nico aveva pensato a una scusa per abbracciarlo: lui gli avrebbe detto che la sorella stava bene, che era tornata sana e salva e lui gli si sarebbe lanciato addosso ringraziandolo.

Sarebbe stata una giornata meravigliosa: avrebbe stretto un maggior legame con Percy e avrebbe rivisto sua sorella. Sarebbe stata una giornata meravigliosa se solo Percy non lo avesse guardato e non avesse spezzato ogni sua speranza e ragione di felicità. Man mano che il ragazzo parlava la rabbia, il dolore, la delusione si impossessavano di Nico.

Nico urlò, sputò un fiume di parole piene di angoscia, di frustrazione, di furia, di sofferenza. Cosa avrebbe fatto senza Bianca? Cosa avrebbe fatto senza sua sorella? Nico corse, scappò via, lontano fra gli alberi della foresta                                               

La scena cambiò ancora. Nico si trovava giù negli Inferi. Le Porte della Morte erano state aperte; se avesse agito in fretta avrebbe avuto una possibilità di riavere Bianca indietro. In un modo o nell'altro Nico ora era davanti a una ragazza dai capelli ricci e gli occhi ambrati. Era diversa da tutti gli altri morti: sembrava ricordare. Una figlia di Ade, pensò.  La avrebbe riportato indietro, dopotutto era anche lei sua sorella. Bianca aveva scelto di rinascere, ormai la aveva perduta per sempre.                                                                                                                                            

CONTROLUCE-SolangeloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora