CAPITOLO DICIOTTO

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"Signorina Esposito, non voglio certo distrarla dai suoi pensieri,che di sicuro devono essere di  una certa importanza, ma non le dispiacerebbe prestare attenzione anche alla mia lezione?" il professore di chimica riscosse Chiara dallo stato di trance in cui era caduta.

Aveva bevuto già tre caffè per mantenersi sveglia, e questo insieme alla sua iperattività, non la spinse a pensare abbastanza prima di rispondere "Mi scusi non pensavo si facesse ancora lezione gli ultimi giorni di scuola"

La campanella suonò ancor prima che il professore riuscì ad aprire bocca e il rumore di sedie spostate e di libri gettati a casaccio nella cartella sovrastarono le sue ultime raccomandazioni sui compiti delle vacanze.

Gli altri ragazzi erano usciti da un bel pezzo quando Chiara finì di raccogliere le sue cose e si dirisse verso l'uscita.

Non vedeva l'ora di respirare dell'aria fresca e di gettarsi sul suo letto ma il suo insegnante non era della stessa opinione.

Infatti il professor Smith la chiamò non appena passò vicino la sua cattedra di chimica.

Il professor Smith era un uomo sulla quarantina con le spalle larghe, gli occhi verdi e i capelli castano chiaro.

Sarebbe stato anche di piacevole vista se non avesse avuto il carattere di una vipera velenosa.

"Esposito voglio essere chiaro con te" iniziò "sei una brava studentesse, un'ottima direi, considerando i tuoi problemi di apprendimento ma ricorda questo non giustifica la tua insolenza.

Chiuderò un occhio per questa volta attribuendo il tutto alla stanchezza di fine anno scolastico, ma un altro passo falso e chiamerò i tuoi genit.." e fu proprio in questo momento che il signor Smith desiderò con tutto se stesso di non aver pronunciato parola: tutti gli insegnanti erano a conoscenza della situazione familiare di Chiara e il professore spinto dagli abitudinari rimproveri dei suoi alunni si era dimenticato di omettere l'ultima frase.

"Faccia pure" sibilò lei "Magari si decideranno a farsi vivi dopo diciassette anni, se non sono già finiti tre metri sotto terra"

Detto questo Chiara uscì dall'aula furibonda.

Odiava anche solo il sentir nominare i suoi genitori, no, la verità era che odiava proprio loro: da piccola il suo unico sogno nel cassetto era quello di incontrarli, di parlare con loro, di conoscerli mentre adesso la disgustava persino l'idea.

Lei non voleva niente da loro, come loro non la avevano voluta tanto tempo fa.

Si era tirata su da sola, contando sulle sue forze; era cresciuta prematuramente e non avrebbe mai perdonato loro tutto ciò che aveva perso: sarebbe stato un torto troppo grande nei suoi stessi confronti.

Sbuffò, si infilò la felpa e gli auricolari; si tirò su il cappuccio mentre passava tra i vari ragazzi, che riuniti in gruppetti parlavano allegramente prima di tornare a casa.

Un po' in fondo sapeva di invidiarli: avrebbe voluto anche lei dei rapporti così ma era sempre stata respinta e alla fine ci aveva rinunciato.

Essere scontrosa con tutti era controproducente al suo desiderio eppure il suo cuore non veniva ferito ulteriormente ed era questo l'importante.

Prese posto in una dei sedili del bus e attese che questo partisse.

Tirò fuori dallo zaino il diario di Nico.

Chiara era rimasta stupita dalla profondità del bambino e ancora di più del fatto che sembrasse capirla meglio di qualunque altro: si ritrovava nelle sue parole e provava una specie di conforto nel sapere che c'era stato qualcuno come lei sotto certi punti di vista.

CONTROLUCE-SolangeloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora