25. Ritorno a casa

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Erano già passati due mesi da quanto Louis era partito in tour con Zayn.

Ogni giorno che passava mi mancava terribilmente e sempre di più.

Non so come avrei fatto a sopportare altro tempo distante da lui.

Patetico no? Si lo so, lo credevo anch'io.
Prima di incontrare Louis queste smancerie mi davano il voltastomaco, pensavo che alla fine non ce n'era veramente bisogno e che tutta questa mancanza fosse  solo enfatizzata.

Ma provarle in prima persona ti scombussola l'anima. È come essere investiti
da un uragano di sentimenti in tutta la loro potenza.

Riuscivo a sentire Louis solo raramente, a causa del fuso orario e dei continui impegni che occupavano gran parte della giornata del moro.

Le giornate passavano quasi senza che io me ne accorgessi, dal momento che non avevo più nessuna specifica ragione di alzarmi la mattina e affrontare la giornata con il sorriso.

Succedeva a volte che trascuravo anche il mio aspetto estetico.
Solo perché non c'era nessuno su cui volessi farmi notare, o almeno la persona dalla quale avrei voluto attenzioni non era lì presente.
In quel caso sicuramente non sarei mai andanto al lavoro in tuta sportiva.

Era come se quando se n'era andato Louis, se ne fosse andata via anche la mia felicità.

Che poi la cosa aveva paradossalmente senso perché Louis e la felicità per me erano una cosa sola.

Tutte le mattine mi dirigevo al lavoro che non avevo avuto ancora il coraggio di lasciare, un paio di volte a settimana ricevevo la solita "visita di controllo" di Niall che voleva avere la certezza che stessi bene e che mangiassi qualcosa ma del colloquio di lavoro non seppi nulla.
Nessuna chiamata nessun messaggio dalla BBC mentre le settimane volarono via.

La mia famiglia non la sentivo da mesi ormai.
Con Gemma riuscivo abbastanza a tenermi in contatto e da lei avevo l'opportunità di sapere come stessero mamma e papà.

Mi aveva raccontato che le cose a casa non andavano un granché, ma senza scendere nei minimi particolari.
Mi aveva detto che c'erano stati dei problemi e dei litigi tra i nostri genitori ma fu vaga.

Non sentivo mia madre da un paio di mesi.
La cosa era alquanto strana dal momento che il primo anno fuori casa a Brighton mi chiamava giorno e notte, ininterrottamente. Questa volta però non ci avevo dato molto peso, fin quando mia sorella non mi riferì che avrei fatto meglio a passare da casa.

Sapevo che ci fosse qualcosa di cui mi stavano tenendo all'oscuro e di cui non volevano che mi preoccupassi.

Troppo tardi però.
La mia famiglia era forse l'unica cosa davvero importante per me, erano le mie radici, non avrei saputo vivere senza di loro.
Erano la mia colonna portante.

Per questo, un pomeriggio estivo dal clima autunnale, presi il minimo indispensabile, lo misi in valigia e partii.

Louis sarebbe tornato tra qualche settimana e mi sarei sicuramente fatto trovare a casa al suo arrivo.
Esattamente tra 12 giorni, 45 minuti e 21 secondi ... minuto più o minuto meno insomma.
Chi li stava a contare?Sicuramente non io!

Per questo decisi di tornare a casa solo per qualche giorno e controllare se tutto stesse andando bene.

Arrivai in stazione e salii sul treno pronto a partire, direzione: Homles Chapel.

"Oh mio Dio Harry!" Mia madre mi venne incontro esclamando quelle parole

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"Oh mio Dio Harry!"
Mia madre mi venne incontro esclamando quelle parole.

Il mio arrivo fu inaspettato dal momento che non avevo avvisato nessuno, solo Gemma e Niall.

Non feci neanche in tempo a scendere dal taxi, che mi ritrovai stretto tra le braccia di mia madre.
Era bello dopotutto esser tornati a casa.

Entrai in soggiorno e la cosa che mi colpì di più, oltre ai diversi cambiamenti che mia madre aveva fatto da quando ero partito, fu l'assenza di Des, mio padre.

"Mamma?"
"Si tesoro?"
"Dov'è papà?"chiesi curioso, quasi con la stessa curiosità di un bambino.

Lei fece finta di non aver capito la mia domanda e continuò ad aiutarmi a portare le valige in casa e a raccontarmi delle mille novità che erano successe nell'ultimo anno.

Se prima avevo il dubbio che qualcosa non stesse andando nel migliore dei modi, ora ne avevo la certezza.

Ma non calcai troppo quel tasto che per mia madre sembrava dolente, dopotutto ero appena arrivato, avevo molto altro da dirle e confessarle.

Era tutto esattamente come lo ricordavo: l'enorme giardino verde, decorato con centinaia fiori di diversi colori e specie, sul quale si affacciava la nostra casa, rossa con i mattoni a vista.
Anche all'interno non era cambiato più di tanto.

L'abitazione si sviluppava principalmente su due piani, in più avevamo sistemato la
mansarda, che era diventata la mia stanza ed il seminterrato, l'ufficio di mio padre.

Il corridoio, lungo e stretto, si apriva lateralmente sul salone color panna, arredato con alcuni mobili beige o marroni scuro; la cucina era di un giallo acceso, il colore preferito di mia madre poiché le trasmetteva felicità ed al centro un'isola sopra la quale io e Gemma facevamo colazione prima di andare a scuola.

Salii le scale e sul lato sinistro del muro vi trovai tutte le nostre foto incorniciate, soprattutto degli eventi più importanti come i primi passi, i primi compleanni ed i nostri diplomi.
Continuai sino in cima per poi ritrovarmi davanti alla porta di camera mia semichiusa.
La spinsi e riuscii a riconoscere ogni singolo particolare, come se fossero passate poche ore da quando avevo lasciato la stanza.

Posai le mie valige sul pavimento e iniziai a guardare le foto appese al muro.
Alcune mi ritraevano in compagnia di Nick, la maggior parte a dir la verità, nelle altre invece ero da solo, che giocavo o con mia sorella.

Quante cose erano cambiate.
Non riuscivo a capacitarmi che era già passato un anno da quando avevo preso in spalla il mio zaino, con il minimo indispensabile e poca esperienza di vita, per avventurarmi per il mondo.

Più di un anno da quando avevo detto addio a tutto questo, a tutto quello che per me rappresentava la quotidianità, la sicurezza.

Avevo detto addio all'Harry insicuro e timido, per aprire le braccia ad un nuovo Harry, un uomo migliore.

Immerso nei miei pensieri non mi accorsi di mia madre, appoggiata allo stipite della porta.

"Oh scusa mamma non ti avevo vista..." dissi quasi colpevole di aver varcato quella soglia.

"Tranquillo Hazz. La cena è pronta se vuoi scendere. Papà stasera ha avuto un importante impegno di ... ehm lavoro credo.... -mi disse con la voce rotta mia madre per poi continuare- Domani mattina però farete colazione insieme."

Annuii senza proferire parola e la seguii giù per le scale.

Dovevo andare assolutamente a fondo di questa questione, soprattutto per mia madre.

"Mi fa piacere tesoro che tu sia tornato" esclamò mia madre, volgendo nella mia direzione i suoi occhioni verdi lucidi.

In quel momento sentii davvero tutto l'amore con il quale mi aveva confessato quelle parole.

Inoltre quello doveva essere un periodo non semplice per lei e avermi a casa per un paio di giorni ero sicuro che l'avrebbe fatta stare meglio, o almeno speravo che avrebbe messo da parte momentaneamente i suoi problemi.

Lei c'era sempre stata nei miei momenti di bisogno, quando a scuola mi prendevano in giro per la mia omosessualità, quando piangevo sulla sua spalla per le innumerevoli delusioni d'amore, quando prendevo un brutto voto o semplicemente quando le cose non andavano come immaginavo.

Ora era il mio turno di starle accanto e prenderla sottobraccio per farla rialzare.

"Anche a me, anche a me fa piacere mamma" dissi stringendola forte tra le mie braccia prima che entrambi scoppiammo a piangere.

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-Alessia

Not an happy ending || L.S ||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora