1. Notti di Torino.

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É la serata più brutta della mia vita.
No, la peggiore è stata quella in cui sono caduta davanti a tutti mentre uscivo dal un bar.

Diciamo che è la seconda più brutta della mia vita perché qui almeno non mi conosce nessuno.

Schiaccio di nuovo tutti i tasti del mio cellulare per tentare di risvegliarlo dal suo stato comatoso, ma niente, non vuole saperne il bastardo.
Di nuovo prendo nota mentale di prendere a calci mio fratello appena tornata a casa, mentre ho l'impulso di prendere subito a calci il caricabatteria portatile che penzola inerme dalla mia mano.

Poi lo rimetto in borsa.

Mi conosco fin troppo.
L'ultima volta che ho avuto uno scatto d'ira ho rimediato un bel livido, salviamo almeno questo oggetto inutile che mi è costato più di quello che merita.

La pioggia continua a scendere sottile e mi penetra fin dentro le ossa. Ho i jeans fradici, i piedi congelati dentro gli stivali e il cappuccio della giacca incollato ai capelli.

Mi guardo intorno, è abbastanza tardi da essere in pericolo?
Fuori da sola di notte in una grande città.
In una grande città che nemmeno conosco.
E diciamo pure PERSA in una grande città che nemmeno conosco.

Passa un uomo in bicicletta che fa slalom sulle strisce pedonali.
E poi uno con un grosso borsone a tracolla e lo sguardo perso mi taglia la strada urlando parole senza senso.
E questi due mi spaventano abbastanza da convincermi a chiedere finalmente aiuto.

Con il mio cappotto umido e i piedi freddi e doloranti mi infilo quindi nel primo locale che incontro, è un bar con musica e luci soffuse ma non sembra nulla di losco.

Passo davanti a un tavolino basso con le panche imbottite attorno diretta al bancone, quando mi sento chiamare.
Un ragazzo seduto lì da solo con un bicchiere vuoto e un cellulare tra le mani si sta rivolgendo a me.
Sono indecisa sé ignorarlo e passare oltre, ma qualcosa di familiare in lui mi convince ad ascoltare cosa vuole anche solo per un secondo. Che vuoi che sia attimo più attimo meno di una serata di merda?
-Dici a me? -Incrocio le braccia.

-Sì. Scusa se ti disturbo, ma mi è sorta spontanea una domanda e tu sei la prima persona che è passata.

-Mmh.-Lo guardo perplessa-Che domanda?

Fa un sorrisino -Voi ragazze perché siete stronze?

Resto leggermente sconvolta. Pensavo volesse fare una battuta brillante per rimorchiare, ma tutto ciò che fa è una domanda misogina?
-Non lo siamo proprio tutte. Però le cause sono varie. -Appoggio le mani alla spalliera del divanetto. -Certune ci sono diventate a causa vostra. Altre per colpa di altre stronze. E altre ancora lo sono per natura. Parli di qualcuna in particolare?

Alza un sopracciglio pensandoci su
-La mia ex "quasi " fidanzata. Una che pubblica 'ste cose due giorni dopo che l'ho lasciata che tipo di stronza è?
-Gira il cellulare mostrandomi una foto i cui soggetti sono una ragazza parecchio scosciata avvinghiata a un fighetto coi risvoltini.

-Dipende dal motivo per cui l'hai lasciata. E perché la chiami "quasi fidanzata"?

-Io la chiamavo fidanzata. Ero io per lei il quasi fidanzato. Nel senso che si è scopata altri due ragazzi mentre stava con me con la scusa che io ero in viaggio per lavoro.

-E tu come hai reagito?

-Ti dirò, sono tornato da lei chi corne calate pensando di aver qualcosa che non andasse, ma mi ha riso in faccia e voleva pubblicare una nostra foto su Instagram. E quindi l'ho lasciata. -La sua espressione in dialetto siciliano sommata al suo accento mi fa capire chiaramente che è un mio conterraneo.

-Allora lei è una stronza di quelle naturali. Le peggiori. Mi spiace per te che ci sei capitato.

Ridacchia -Già. In realtà non l'ho mai amata e lo sapevo, ma non l'ho mai tradita. Credo che il mio orgoglio è quello che ne è uscito peggio.-Non gli faccio notare l'errore grammaticale che ha fatto.

Mi guarda stringendo un po' gli occhi e io vengo di nuovo colpita dalla sensazione di conoscerlo -E tu sei stronza, invece? -Chiede facendomi ridere.

-Più che stronza credo di essere cinica. Per colpa delle stronze.

Ride -Stai andando da qualche parte?

-Nessuna in particolare -Dico pentendomi.
E se tutto questo fosse stato un pretesto per provarci?
Però i suoi occhi sono gentili, e quasi si imbarazza mentre dice -Allora ti va di sederti? Non ti posso vedere lì in piedi. Non una conterranea.

Corrugo la fronte -Cosa?

-Sei siciliana, no?

-E da cosa lo avresti dedotto?

- Ho detto chi corne calate prima e non hai fatto una piega. I torinesi sono così raffinati che si scandalizzano anche se uno dice minchia. -Sussurra.

Rido di nuovo -Non mi dire...

-Giuro di non avere nessuna cattiva intenzione -Dice alzando le mani.

-Okay. -Decido, ancora non troppo sicura ma sedendomi. I miei piedi chiedono pietà.

-Posso offrirti qualcosa da bere?-Chiede.

-No, grazie. Sono a posto.-Va bene sedermi, ma mia madre mi ha sempre detto di non accettare le caramelle dagli sconosciuti. E penso che ciò valga anche per le bibite.

-Allora -Mi guarda -Stavi dicendo?

-Niente. Solo una ex amica stronza (per natura) e falsa che non si è comportata benissimo con me. Anzi diciamo che si è comportata di merda.

-Perché?

-Senza apparente motivo. Ha voluto in tutti i modi ferirmi.

-E ci è riuscita?

-Decisamente. Ma basta così. Non voglio che mi rovini questa serata. -Come se si potesse rovinare ancora di più.

-Perché sei a Torino? -Mi chiede -Vivi qui?

-No. Sono qui per la presentazione di un libro. Resto per pochi giorni. E tu?

-Per lavoro.

Lo guardo annuendo. Mi ricorda tanto un cantante che piace tanto a una mia compagna idiota.

-Vivi qui per lavoro o solo per poco?

-No, solo per poco. Viaggio parecchio per lavoro. -Vuoi vedere che..?
inizio a rilassarmi davvero, ma cerco di mantenere attivo il campanello d'allarme. Mi dimentico il vero motivo per cui ero entrata. Che poi se un ragazzo carino e simpatico vuole provarci che male c'è? Siamo pur sempre in un locale pieno di gente.
Sembra che sia passata una mezz'oretta, quando il cameriere si avvicina discretamente
-Scusatemi-Dice -Ma stiamo chiudendo.

Ci guardiamo intorno, non mi ero accorta che il locale si fosse svuotato e che le prime luci dell'alba stanno filtrando dalle vetrine all'ingresso.

Lui ride -Scusa, non ce n'eravamo davvero accorti. Ce ne andiamo subito.
Poi prende una banconota da venti e gliela porge suppongo per pagare il contenuto del bicchiere vuoto.

Il cameriere va a fare lo scontrino, lui si alza e di riflesso anche io.
Mi sta involontariamente coinvolgendo nei suoi modi sicuri.
Passa davanti la cassa dove il ragazzo smanetta per raccogliere velocemente il resto, ma lui saluta allegramente
-Arrivederci!

-Aspetti -Fa il cameriere -Lo scontrino e il resto.

-Ah giusto! - ritorna indietro.
Quello gli passa la ricevuta fiscale su cui è battuta solo una voce al prezzo 6€.

-Ed ecco il resto.-Conclude il ragazzo visibilmente stanco.

-Tienilo tu. Buona giornata. O meglio, buona dormita.

Quello ride -Grazie.

Usciamo fuori e il sole ancora non è alto in cielo ma già rischiara l'ambiente.

-Sta albeggiando -Dico.

-Meglio.-Dice -Così ho una scusa per offrirti la colazione senza doverti chiedere un appuntamento. - ridiamo entrambi.

-Chi ti dice che accetterei? Non so nemmeno il tuo nome.

-Hai ragione -Dice corrugando la fronte. -Ti giuro che non è colpa di mia madre. Lei l'educazione me l'ha insegnata.-Mi porge la mano.-Ignazio.

Ed ecco che tutto torna. Mi rinviene un articolo col suo nome.
Però rido come se nulla fosse -Più siciliano di così non si può. Hai anche il nome siculo oltre ai baffi e l'accento. Io mi chiamo Amelia.

-Il tuo invece non è siciliano per niente. Neanche tu lo sembri. Pelle chiara, occhi azzurri, nessun accento.

-Eppure mi hai smascherata subito.
ride -Che c'entra! io ho il radar.

-Aah adesso si spiega tutto.

ride -Posso chiederti una cosa?

-Si.

Mi guarda -Tu lo sai chi sono?

Ricambio il suo sguardo sereno
-Immagino di si. Mi ricordavi qualcuno. E adesso che hai detto il tuo nome mi è tornato in mente il gruppo per cui la mia compagna stronze è fissata. Mi sbaglio?

Scuote leggermente la testa con mezzo sorriso -No. Perché non me lo hai chiesto se avevi il dubbio?

-Perché avrei dovuto essere invadente? Due chiacchiere tra sconosciuti non sono un pretesto per indagare su chi sei o non sei, no? E obbiettivamente non sono il tipo che chiede foto alla gente solo per pubblicarle. E poi non offenderti, ma non sono esattamente una vostra seguace.

Ride-Fammi indovinare, sei una fissata col metal?

-No per carità. Quanto odio le persone che si fanno grosse sparando minchiate e poi neanche sanno che cosa voglia dire metal. In realtà ascolto anche un paio di vostra canzoni. Ma non per questo vi sbavo dietro. Altrimenti dovrei andare a sbavare anche sulla tomba di Bach, non credi?

sorride -Dovrebbero pensarla tutte così.

-Nessuno cercherebbe di farvi le foto mentre siete in mutande.

-Come farebbe il mondo a rinunciare al mio lato b?

-Immagino che se ne farebbe una ragione.

Ride -Forse si. Sbaglio o c'è un personaggio che si chiama Amelia da Topolino?

-Da Paperino. È una strega.

Ignazio diventa rosso- Oddio. Scusa, non me lo ricordavo.

Io scoppio a ridere -Figurati. E poi è una strega simpatica.

-Che figura. Se vuoi puoi picchiarmi.

-Nah. Non c'è bisogno.

-E tra l'altro stavo cercando di dire che è un bel nome. Volevo chiederti...

-Perché mi hanno chiamata così?

Annuisce e mi sorride, ancora in imbarazzo.

-In onore di Amelia Earhart, la prima donna a sorvolare l'Atlantico.

Mi guarda -Direi che ti si addice.

-È un complimento?

-Decisamente. E dimentica le streghe.

Rido -Ti ringrazio.

-Allora Che facciamo, posso offrirtela questa colazione?

Non gli potrebbe fregare nulla di me, lo so. Ma è gentile, e non ho nulla da perdere ad accettare.

-Facciamo di si.

Mi conduce a una caffetteria poco distante, dove ci sediamo in fondo. Quando un cameriere si avvicina per prendere le ordinazioni ci sorride -Cosa vi porto?

Guardo il menu di dolci -La torta al cocco e cioccolato bianco sembra invitante.

-È la più buona che abbiamo -Sussurra lui ammiccante.

-Mi hai convinta-Rido

Ignazio gli porge anche il suo menu -Anche per me.-Dice.

Quando il cameriere si allontana, Ignazio mi guarda -Alloggi in hotel?

-No. Avrei dovuto alloggiarci stanotte in realtà, per il resto starò da
Un’amica di mia madre che ha insistito a ospitarmi. Se non fosse stato per una serie di imprevisti a quest'ora mi starei godendo una doccia calda in hotel prima di fare il check out e non ci saremmo mai visti.

-Imprevisti?

-Già. Di quelli da telefilm che accadono davvero a quanto ho scoperto.

In quel momento arrivano le nostre fette di torta, il mio stomaco brontola e mi rendo conto di essere affamata.
Ignazio mi guarda divertito esortandomi a continuare Il racconto assurdo che gli prospettato.

-In pratica sapevo che sarei arrivata tardi e quindi ho prenotato un albergo a Torino per evitare di scomodare l'amica di mia madre. Ho detto a mia madre che ero arrivata sana e salva, sono andata in hotel in taxi e ho fatto il check-In depositando i bagagli e poi sono uscita per mangiare un boccone. Avevo la batteria scarica ma avevo con me il caricabatterie portatile. Se non fosse che mio fratello lo ha utilizzato ieri ed evidentemente non lo ha messo in carica. Il mio telefono era morto, io mi sono persa, cominciava a piovere e a fare buio e io ero sola in una città sconosciuta, un drogato e un ubriaco o forse due ubriachi o due drogati mi hanno spaventata, così sono entrata nel locale per elemosinare una telefonata quando un siciliano mi ha chiesto un consiglio sulle stronze.

Scoppia a ridere-Che ti hanno fatto i due forse ubriachi o forse drogati?

-Niente. Ma mi sono resa conto di essere in una strada deserta. E che se quello con la bici mi avesse investita mentre l'altro mi colpiva con il suo borsone continuando a urlare parole a caso, non ne sarei uscita viva.

Lui ride ancora di più -Basta. Non ti farò più domande.

-Sarei potuta morire al grido di "Il coniglio rosso é caduto nel pozzo mangiando un cazzo".

Lui ride talmente tanto che gli scendono le lacrime.-Ma che dici? -Chiede senza fiato.

-Diceva cose così!

-Quale dei due?

-Quello col borsone.

Quando si calma e si asciuga le lacrime mi guarda-Quando eri al sicuro da un morte orrenda potevi chiedere a me il telefono. Ti avrei chiamato il taxi.

-A dire il vero mi hai distratta dalla mia ansia.

-Non sembravi ansiosa.

-Sono brava a dissimulare. Ero molto impaurita.

-Perché ti sei seduta al mio tavolo?-Chiede ridendo -Non hai pensato che potessi avere brutte intenzioni?

-Forse, ma cosa avresti potuto fare in un locale pieno di gente?

-Non so...avrei potuto metterti qualcosa nel bicchiere.

Sorrido io questa volta -Non hai notato che non ho preso nulla da bere?

Ride-Sei più furba di me. E se fossi andato a chiamare i tizi con la bici e il borsone?

-Avrei chiesto aiuto al prode barista e insieme a lui vi avrei tempestato di bottiglie di bourbon in testa.

Scuote la testa-Cosa fai, studi?

-Sì.

-Università?

-No, in realtà sto facendo l'ultimo anno di liceo.

-Ah! Quindi quanti sono, diciannove?

-Diciotto.

-E hai la maturità, allora!

-Per favore, non farmici pensare. È ancora settembre.

-Ma dai, ce n'è tempo. E poi cosa vorresti fare?

Alzo le spalle -Forse legge. Non lo so ancora.

-Bello. -Sorride.

-Il pensiero si. La paura no.

-Ah guarda non mi parlare di paura per il futuro che purtroppo non ho avuto la possibilità di provarla.

-E non è positivo?

-Certo, e mi reputo più che fortunato per questo. Ma a volte mi manca non aver vissuto le varie tappe. Sai...la casa in affitto per l'università, ritornare per il weekend...tutte cose talmente banali che ti mancano perché non hai avuto il tempo di farle.

-A me fanno paura e basta.

Ride -Non so perché ma non sembri una che si spaventa facilmente.

-Non lo sono. -Dico mentre taglio con la forchetta un pezzetto della mia torta buonissima. -Ma il futuro mi spaventa.

-Non sei l'unica al mondo. E sei abbastanza sveglia da poter lasciare la paura a qualcun altro.

Gli sorrido -Grazie per l'incoraggiamento.

Mi sorride di rimando -Di dove sei?

-Un piccolo paese vicino Enna. Tu?

-Marsala. Ma ho vissuto un po’  ovunque da bambino. Ho casa anche a Bologna.

-Immagino quanto tempo ci starai...

-Già. Un'altra delle cose che mi mancano. La famiglia è la cosa che mi manca di più.

-Sei figlio unico?

-No, ho una sorella più grande. E tu?

-Un fratello più grande.

-Allora siamo tutti e due i piccoli di casa.

-Sì. -Sorrido -Ma ti assicuro che è come se fossi io la maggiore. Mio fratello è un bambino.

-Ah io anche. Mia mamma ogni volta che vado a trovarla mi si spupazza come se avessi ancora due anni. E quasi quasi piange perché dice che mi vede deperito.-Mi guarda di sottecchi mentre rido -Mi hai mai visto in TV da piccolo?

Lo guardo pensando a quella miniatura rotondetta del ragazzo alto e in forma seduto di fronte a me -Si. Vedevo sempre Ti lascio una canzone. Specialmente a Natale. Quanto mi piacevano i medley natalizi!

Ride -Si, anche a me. È un peccato che non lo facciano più. Ma mi riferivo a quando ancora non avevo perso quei 35 chili circa.

-A me piacevi. Eri coccoloso.

Ride -Oh grazie! Questo si che è un complimento, quasi quasi li riprendo. Ti dicevo che per mia madre ero deperito anche all'epoca, figurati adesso.

-Direi che anche se eri coccoloso adesso stai meglio. Ma il pizzetto me lo taglierei.

Spalanca gli occhi portandosi le mani sul pizzetto scuro -Giù le mani dal pizzetto, signorina! Con quello che c'è voluto per farlo crescere...E poi ricordati che sono siciliano.

-E allora? Mio fratello mica porta il pizzetto eppure è siciliano anche lui. E neanche la maggior parte dei siciliani se è per questo.

-Io in Sicilia ci sto poco e quindi l'aspetto da siciliano me lo porto in giro.

Scoppio a ridere -Detta così non fa proprio una piega.

-Lo so. È il genere di ragionamenti senza senso che faccio di solito.

Lo guardo -Sai che sei simpatico? Mi aspettavo un marpione super montato.

-Ahi ahi, questa si che è una delle cose che purtroppo le persone pensano. Mi giudicano per qualsiasi cosa io faccia, per quello che dico, per le cose che scrivo sui social. Non si rendono conto che sono una persona come loro e possono anche ferirmi.

-Scusa...-Arrossisco -Non intendevo offenderti, stavo solo scherzando.

Corruga la fronte -Lo so, infatti non mi riferivo a te. Intendo dire che so che tu scherzi, ma c'è gente che queste cose le pubblica anche senza conoscermi.

-E tu cosa fai?

-Niente. Non posso fare niente purtroppo.

-Io credo solo che non dovrebbe importarti più di tanto. Conta solo ciò che sei, e ciò che le persone che ami pensano. Per il resto chi se ne frega?

-Hai ragione, è solo che ci si sente da schifo a essere giudicati senza motivo.

-Già. Figuriamoci davanti a tutto il mondo...

-Infatti.

-Beh, adesso che ti conosco e so che sei simpatico, ogni volta che qualcuno dirà il contrario gli spaccherò una sedia sulla testa.

-E poi se ti arrestano? No, per carità, ti avrei sulla coscienza. Lasciamoli parlare. L'importante è che tu lo sai.

-Che palle, io volevo spaccare le sedie.

Scoppia a ridere -Non so perché ma ti ci vedo.

-Perché sono proprio il tipo in effetti.

-A me sembra che tu sia una persona dolce e ferita rinchiusa dentro una corazza.

-Dolce non lo so, ferita non più. Direi che la corazza me la sono fatta con le esperienze. Hai presente tutte quelle frasi che pubblicano sulla resilienza pur senza sapere cosa sia?

-Non è tipo "mi piego ma non mi spezzo"?

-In parole povere. É la capacità di un corpo di assorbire un urto senza rompersi.

-Quindi non sono riusciti a spezzarti?

Non esiste altra via, che non sia tua e mia. Ignazio Boschetto.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora