Capitolo 99. Quattordici giorni.

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Sono passate due settimane da quando lui mi ha lasciata. Due settimane di merda. Due settimane vuote. Oserei dire che sono state le due settimane più vuote della mia vita.

Negli ultimi quattordici giorni ho seguito sempre la solita routine: alzarmi, andare a scuola, tornare a casa, studiare e andare a letto.

Questa casa mi sembra troppo grande e dispersiva per una persona sola e da quando non c'è lui mi sembra essere diventata persino più fredda.

I miei amici passano sempre da me, per accertarsi che io stia bene. Rosalie, Ben ed Elia non fanno altro che preoccuparsi per me.

Mi fa bene sapere che c'è qualcuno che vorrebbe vedermi felice, ma io non riesco ad esserlo.

Mi dispiace deludere le loro aspettative, ma non ho neanche la forza di sorridere.

Non mi va nemmeno di truccarmi, né di vestirmi con cura. La mattina indosso le prime cose che trovo nell'armadio e lego i capelli in uno chignon disordinato, senza stare lì a fare chissà quale acconciatura.

Non mi curo perché non ne ho la forza, la voglia... Non mi passa proprio per l'anticamera del cervello. Non so con quale coraggio mi alzo dal letto la mattina, però lo faccio.

Lo faccio con la paura di incontrarlo... Perché vederlo, so per certo, renderebbe ancora tutto più doloroso.
Però, in realtà, non lo vedo da quando lui e Rosalie hanno discusso nel corridoio e mi va bene così.

Non ho la forza di vedere i suoi occhi che mi guardano con indifferenza ancora una volta.

Ho la mente spenta, cerco di non pensare a nulla, perché tutto mi ricorda lui... Qualche volta, però, lui mi torna prepotentemente in mente e non riesco a mandarlo via.

Ed è lì che mi spezzo, che piango, che ho i miei attacchi di panico. Ed è lì che mi sveglio nel cuore della notte con le lacrime agli occhi e il respiro affannato perché ho sognato lui che mi ripete che non mi ama, o perché ho sognato lui che mi stringe a sé.

Mi distrugge sognarlo. Perché se nel sogno io e lui siamo felici, quando mi sveglio mi sento morire. E quando risogno per la centesima volta il momento in cui mi lascia, mi sento morire ugualmente.

Ho ripreso a dormire nella cameretta in cui dormivo quando ero piccola, perché non riesco a dormire nel letto dove ho dormito con lui.

Un letto che abbiamo condiviso... Un letto che ha ancora il suo profumo, perché non sono riuscita a cambiare le lenzuola, fa troppo male.

Non riesco nemmeno a dire il suo nome, in verità non riesco nemmeno a pensarlo. È diventato un tabù per me.

Ho chiesto a Benjamin di non raccontarmi nulla di lui, né di quello che fa. Non riuscirei a sopportare notizie sulla sua vita senza di me.

Sento il campanello suonare e distolgo lo sguardo dal muro davanti a me.

Mi infilo le ciabatte e vado ad aprire la porta, con lentezza.

La mia migliore amica mi appare davanti e noto che ha in mano due bustine di carta.

-Ciao tesoro- mi dà un bacio sulla guancia -ho portato la colazione!-.

-Ciao- la faccio entrare in casa -grazie, ma sono sveglia da poco, non ho tanta fame-.

Ah, dimenticavo, ho lo stomaco chiuso da quattordici giorni. Appena cerco di buttare giù qualcosa mi viene da vomitare. Mangio giusto lo stretto necessario per sopravvivere, con grande fatica.

-Kristen, devi mangiare qualcosa- il suo tono mi ricorda quello di una mamma autoritaria - se continuerai così finirai all'ospedale-.

Ci sediamo al tavolo e annuisco consapevole. Però, non lo faccio di proposito, è che non mi va proprio niente.

Ti amo troppo forte- Federico Rossi|| Benji&Fede [#Wattys2017]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora