Capitolo 17. Perdonare.

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Apro gli occhi con fatica e mi rendo conto di avere il corpo dolorante.

Mi sembra mi faccia male tutto e non capisco cosa realmente mi faccia male e cosa no.

Penso per qualche istante al perché sono qua e subito mi appare in mente l'immagine di mio padre che mi picchia.

Le stanze bianche e spoglie di questa stanza sono quelle di un ospedale.

Cerco di tirarmi a sedere, ma il dolore e la flebo a cui sono attaccata me lo impediscono.

Sbuffo frustrata e, nello stesso momento, una scarica di paura mi attraversa quando sento la maniglia della porta muoversi.

E se fosse mio padre? E se non fosse soddisfatto di vedermi sul letto di un ospedale? Se facesse di peggio?

La porta si apre e appare davanti ai miei occhi una donna mora, sulla cinquantina d'anni, o forse meno.

La osservo mentre entra e si avvicina a me.

- Ciao tesoro, sono Marta, la tua infermiera. Come stai?-, scrollo le spalle e lei mi lascia una carezza sul viso -Ora il dottore ti visiterà e poi dovrai rilasciare una deposizione alla polizia, è qua fuori. Tuo padre ieri pomeriggio ti ha portato qua, dice che ha visto un uomo aggredirti, perciò devi fornire l'identikit di quella persona spregevole alle forze dell'ordine-, aggredita?

È stato davvero capace di inventarsi che sono stata picchiata da uno sconosciuto? E cosa più grave è convinto che io gli regga il gioco, visto che non è nemmeno qua a dirmi che versione dei fatti dare.

La donna, non ottenendo risposta, esce dalla stanza e torna poco dopo con un medico.

Posso continuare così? Ora che è successa una cosa così grave?

Sono all'ospedale, non so nemmeno quali conseguenze ho avuto. L'unica cosa che so è che tutto il mio corpo mi fa troppo male, troppo persino per pensare lucidamente.

Non ho nessuna voglia di parlare.

Il dottore mi visita e quando mi fa delle domande mi limito a rispondere con dei segni del capo.

- Bene tesoro, stai bene. Hai avuto una lieve commozione celebrare, devi riposare e ti rimetterai presto-, mi fa piacere come queste persone, a me sconosciute, mi trattino così dolcemente.

Io annuisco e il dottore esce dalla stanza.

L'infermiera mi cambia la flebo
- e hai bisogno di un po' di coccole- dice dolcemente - penso che il ragazzo che è stato qui da ieri sia disposto a coccolarti- ragazzo?

Federico è qua?

Sussulto e lei sorride
- ora dovrai parlare con la polizia, ti va?-, scuoto la testa in segno di negazione e lei passa la sua mano sui miei capelli, in modo leggero.

Mi ricordano le carezze che mia madre mi regalava quando ero piccola.

- Kristen, sarà breve, starò con te, ma l'identikit devi fornirlo, per far arrestare questa persona schifosa. Hai capito?-, se solo non fosse che quella persona è proprio mio padre, comunque sia annuisco e lei fa entrare i poliziotti.

Due uomini entrano nella stanza e si posizionano davanti a me.
Se fossi in un'altra situazione mi metterei a ridere, mi sembrano i poliziotti grassi che mangiano ciambelle, quelli presenti nei film americani più divertenti.

- Kristen- parla quello più alto, mentre l'altro fissa un'agenda dove presuppongo prenda appunti -hai visto l'uomo in faccia?-, è arrivato il momento di decidere se raccontare la verità o reggere il gioco a mio padre.

Posso sembrare vigliacca, perché ho paura di cosa potrebbe succedere dopo. Ho paura di non sapere cosa mi riserverà il futuro e in un angolo del mio cuore mi rendo conto di sperare ancora che tutto torni come quando ero piccola. Non voglio eliminare quegli anni felici. Quelli in cui mio padre mi adorava.

Non so con quale coraggio, ma trovo la forza di perdonarlo ancora.

Guardo il poliziotto negli occhi e per tutta risposta scuoto la testa in segno di negazione.

Mi guarda attentamente
-sei sicura?- annuisco e continua -non ricordi nulla? La sua voce, o come era vestito?-, scuoto nuovamente la testa e il poliziotto cerca di tranquillizzarmi -Non devi avere paura, se sai qualcosa puoi tranquillamente dircela-, incrocio lo sguardo dell'infermiera e sto in silenzio.

L'unica cosa che si sente è il rumore della penna con la quale l'altro poliziotto scrive sull'agenda.

Capendo che non riceveranno informazioni mi ringraziano e vanno via senza dire altro.

Marta si avvicina a me e mi stringe in un abbraccio. Sgrano gli occhi leggermente sbalordita e lei scioglie l'abbraccio prima che io abbia la lucidità di ricambiare la sua stretta.

- Andrà tutto bene Kristen, passerà questo momento-, annuisco debolmente e sento delle urla dal corridoio.

Riconosco immediatamente la voce di Federico e faccio per alzarmi.

Che diavolo sta succedendo?

Marta mi tiene ferma
- vado io, lo faccio entrare!- dice capendo che si tratta di Federico, penso l'abbia capito dalla mia reazione - prima voleva entrare e gliel'hanno impedito! Penso sia questo il problema-, si alza dal mio letto e va fuori dalla stanza.

Non voglio che Federico sia qui, perché non voglio che improvvisamente mio padre piombi qua e lo veda, ma dall'altra parte sono felice sia qui. Sapere che è stato qua per tutto il tempo mi fa sentire stranamente meglio.

La porta si apre nuovamente e vedo il biondino entrare. Chiude la porta e poi alza gli occhi su di me.

Appena il suo sguardo si posa sulla mia figura apre la bocca scioccato, e si avvicina a me sbalordito e preoccupato.

Prende il mio viso tra le mani e mi accarezza delicatamente. Le sue dita passano leggere su parti ben precise del mio volto, che ogni volta che sfiora mi fanno male.

Sta accarezzando ogni mia ferita.

-Kristen, ma che è successo?-, abbasso lo sguardo, ma lui mi obbliga nuovamente a un contatto visivo.

-Kristen parlami! Fuori ho sentito dire che non parli da quando ti sei svegliata. Rosalie è stata qua diverse volte. Era preoccupatissima. Dio, vorrei ammazzare chi ti ha ridotto così!-, mi giro verso il comodino e vedo il mio cellulare.

Mi allungo con fatica e lo afferro.

Voglio vedere come sono messa. Voglio vedere le mie condizioni.

Apro la telecamera interna e vedendo la mia immagine riflessa il telefono mi cade dalle mani.

Ho il labbro spaccato. Un cerotto sul sopracciglio destro e un occhio gonfio. Sembra che io abbia fatto a pugni. Un po' come Rocky Balboa .

Un singhiozzo esce dalle mie labbra e scoppio a piangere. Un pianto disperato e intimidito.

Vorrei urlare e mandare via Federico, perché non voglio che mi veda così, ma l'unica cosa che riesco a fare è piangere.

Cerco di espellere il mio dolore attraverso le lacrime.

Federico si avvicina più a me e mi stringe forte tra le sue braccia.

E mi accorgo che in realtà io non voglio si allontani da me. È il mio rifugio.

Nota: ehi, ecco a voi il nuovo capitolo! Scusate se ieri non ho pubblicato, ma sono ancora impegnata con il trasloco. Ora aspetto i vostri pareri nei commenti. Al prossimo capitolo♥♥

Ti amo troppo forte- Federico Rossi|| Benji&Fede [#Wattys2017]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora