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La luce entrò dalla finestra attraverso le tende di camera mia ed era troppo forte per i miei occhi alle 9 del mattino, tanto forte da farmi svegliare.


Mi alzai dal letto pensando a cosa avrei dovuto fare durante il giorno e tra tutte solo una cosa rientrò tra le più importanti:
Park Jimin.


Ancora non mi aveva detto cosa avrei dovuto fare, ma il giorno prima dopo avermi chiesto riferimenti per contattarmi, aveva detto che potevo tornarmene a casa.


Presi il mio cellulare, impostai la vibrazione e me lo infilai nella tasca dei jeans.


"È pazzesco!" sentii la voce di mio padre esclamare qualcosa felicemente.
Non appena scesi giù in cucina i miei genitori mi guardarono e mi salutarono più entusiasti che mai, "dormito bene?" mi chiese mia madre senza nascondere il sorriso.


Mi avvicinai e presi una tazza di caffè, annuendo confusa mentre decisi di chiedere spiegazioni per il loro strano comportamento. "Come mai così felici?" chiesi addentando un croissant alla marmellata.


"Ci hanno recapitato 1000€" disse mia madre gioiosa.
Per poco non mi andò di traverso la brioche.
"Mille?" chiesi incredula spalancando gli occhi "E chi?" mi avvicinai al tavolo e mi sedetti nel tentativo di non perdere l'equilibrio.


"Qui c'è scritto Park Jimin," disse mio padre osservando la busta e scrollando le spalle.
Rischiai di strozzarmi una seconda volta.
Mi alzai di scatto e mi avvicinai a mio padre per recuperare la lettera e controllare con i miei stessi occhi.


"Lo conosci?" chiese mia madre vedendomi alquanto interessata.
"È il mio capo," alzai lo sguardo dalla busta per guardarli, "aveva detto che mi avrebbe dato un anticipo, ma non pensavo così tanto," dissi ancora non credendoci.


"E dimmi cosa ti fa fare?" restai un attimo in silenzio, perché in realtà non sapevo nemmeno io cosa avrei dovuto fare come lavoro.


"Mhh—gli faccio da segretaria," mentii ma mia madre non sembrò fare caso al mio attimo di esitazione iniziale.


In quel momento il mio telefono vibrò e mi apparve un messaggio del mio 'capo', dicendomi che avrebbe avuto bisogno di me e che saremmo stati impegnati per un bel po'.


"Bene, ora devo andare" dissi ai miei genitori e mi avvicinai per salutarli.
"Non aspettatemi per pranzo" li informai poco prima di uscire di casa e chiudere la porta alle mie spalle.


Come sempre presi le chiavi della macchina ma nel momento in cui feci per raggiungerla un'altra auto suonò dall'altra parte del marciapiede, richiamando la mia attenzione.


Il finestrino si abbassò, rivelando una figura con gli occhiali da sole che mi fece cenno di avvicinarmi.
Solo dopo aver fatto qualche passo ed essere un paio di metri più vicino, mi accorsi che si trattava proprio di Jimin.


"Andiamo con la mia macchina," disse aprendo la portiera per farmi salire.
Aveva una macchina nera, e tra tutti i modelli di cui non mi intendevo, aveva proprio l'unica che avrei potuto riconoscere da chilometri di distanza: una porsche panamera.


Mi fece un po' strano salire su una macchina tanto costosa, e considerando che nel quartiere non passavano mai macchine del genere, tutti ci guardarono incuriositi e perplessi.


Mi portò in una parte della città del tutto sconosciuta a me, passando per il centro ma poi percorrendo una strada che portava ad un quartiere più moderno, e si fermò davanti ad una villa enorme, circondata da un giardino e un parcheggio con macchine altrettanto costose.


"Questo è uno dei posti che frequenterai più spesso," spiegò, probabilmente notando la mia espressione confusa nel ritrovarmi davanti ad un'abitazione del genere.
Scese dalla macchina e notando la mia espressione stupita, gli scappò un sorriso.




"Ti presento casa mia."

𝐓𝐎𝐗𝐈𝐂 𝐋𝐈𝐏𝐒 - 𝐏. 𝐉𝐦Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora