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Avevo scoperto che il ragazzo si chiamava Lucas, apparendo dopo qualche minuto e facendo finta di non aver sentito una sola delle parole dette in precedenza da loro.


Il ragazzo era rimasto sorpreso nel vedermi in quel momento in casa, ma si era presentato e nel giro di pochi minuti aveva già chiuso la porta d'ingresso alle sue spalle.


Il risultato fu che mi ritrovai da sola nel salotto con Jimin, lui che insisteva per portarmi a pranzo fuori mentre io continuavo a rifiutare.


Volevo solo andare a casa e starmene un po' per i fatti miei, magari contattare Yoona per avere sue notizie dato che la sera prima era sparita con dei ragazzi che non conoscevo bene.


Per mia sfortuna non ci fu modo di convincerlo a rinunciare, e mi dovetti accontentare di rimandare il mio ritorno a casa a qualche ora dopo.


Oltretutto, mi aveva praticamente costretta a cambiarmi di nuovo con un vestito che non fosse quello della sera prima, e che fosse più sobrio ed elegante.


Così scesi le scale per la seconda volta ma con addosso un vestito rosa che non avrei mai comprato personalmente.


Non é che non mi piaccia il rosa, semplicemente non avevo mai pensato che mi potesse stare bene. E stranamente, con questa scelta ancora una volta Jimin mi aveva dimostrato che mi sbagliavo.


Decisi di tenere i capelli semi raccolti, in quanto non volevo assolutamente che mi finissero sugli occhi come al solito e mi facessero fare altre figure imbarazzanti.


"Non capisco proprio cosa ci trovi di così tanto bello in questo colore," mi lamentai alzando lo sguardo una volta arrivata alla fine delle scale.


Il ragazzo che era appoggiato al bancone della cucina, vestito come al solito con una camicia azzurra e dei pantaloni semplici neri, alzò lo sguardo dal cellulare e rimase a fissarmi per qualche secondo.


Corrugai la fronte notando la sua espressione contemplante e incrociai le braccia al petto aspettando una sua risposta.


"Non capisci cosa ci trovo di bello in questo colore?" Ripetè prima di mordersi il labbro inferiore e sospirare, "te, ecco cosa trovo di bello."


Oh, OH.
Abbassai lo sguardo ma sicuramente era troppo tardi per nascondere il rossore evidente delle mie guance, dato che lo sentì ridacchiare e avvicinarsi a me.


"Bene, andiamo?" mi porse la sua mano e la afferrai esitante, evitando il suo sguardo mentre mi trascinò fuori casa.




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"Credevo andassimo in un posto—diverso," dissi osservando il locale sfavillante davanti ai nostri occhi, un vero posto per ricchi.


"Diverso?" Ripetè confuso mettendosi le mani in tasca e voltandosi verso di me dopo aver chiuso la portiera della macchina.


"Si insomma più...sobrio, ecco," scrollai le spalle e sospirai, aspettando il ragazzo che in pochi secondi raggiunse il mio fianco.


"Non ti piace?" Chiese sporgendo le labbra in un lieve broncio e con un tono fin troppo preoccupato e serio per essere il suo.


"N-no non volevo dire questo," scossi la testa, trovando la sua reazione sconfitta stranamente tenera, "va benissimo, mi piace."


Strinse gli occhi e sembrò non fidarsi delle mie parole, ma sospirò afferrando improvvisamente la mia mano e facendomi rabbrividire al contatto.


Mentre ci avviammo nel locale non potei fare a meno di pensare a quanto le sue dita incrociate alle mie facessero un'effetto strano.


Si stava tutto d'un tratto comportando come se la nostra relazione non si basasse più su un semplice rapporto capo-dipendente.
Ma l'ultima cosa che volevo fare era illudermi.


Ci fermammo non appena dopo aver oltrepassato le due porte all'ingresso e Jimin fornì il suo nome e cognome al cameriere, che ci indirizzò con un grande sorriso al tavolo per noi prenotato.


Ovviamente era affianco alla vetrata con la vista che dava sulla città poco più in basso rispetto alla collina rialzata su cui si trovava il ristorante.


Rimasi a bocca aperta nel vedere quel panorama, e sentì il ragazzo al mio fianco ridacchiare mentre si andò a sedere dalla parte opposta del tavolo.


stupendo," mormorai adagiandomi sulla sedia, e voltandomi incrociando lo sguardo del moro che era fisso su di me.


"Sapevo che ti sarebbe piaciuto," un ghigno apparve sul suo volto e chiamò il cameriere con un gesto, già pronto ad ordinare una bottiglia di champagne per brindare.


"Cosa festeggiamo?" chiesi una volta che mi fossi assicurata la lontananza del cameriere.


"Quello che vuoi," Jimin fece spallucce afferrando il bicchiere riempito con una mano e alzandolo leggermente dal tavolo, "io ne ho fin troppi di motivi per cui festeggiare."


Beh, non aveva tutti i torti.
Aveva soldi, fama e quindi successo, degli amici che sembravano stargli accanto e saperlo far divertire, se voleva avrebbe avuto a disposizione una nazione femminile intera.


"Allora brindiamo a te," dissi prendendo in mano anche il mio bicchiere e scrollando le spalle.


"Non credo di avere tante ragioni quanto te per brindare o festeggiare."

𝐓𝐎𝐗𝐈𝐂 𝐋𝐈𝐏𝐒 - 𝐏. 𝐉𝐦Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora