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"esattamente, quale sarebbe il mio lavoro?" azzardai a chiedere, sperando di non essere banale nel formulare la domanda.


Jimin infilò la chiave nella serratura e aprì la porta blindata, fermandosi al suo interno e voltandosi per guardarmi.
"Mi aiuterai," disse semplicemente, scrollando le spalle e con un sorrisetto sulle sue labbra.


"A pulire casa?" chiesi sempre più confusa, insicura mentre a lui scappò una risata.
Non capivo proprio che tipo di aiuto voleva, non avrebbe potuto spiegarsi meglio?


"Anche," posò la sua giacca sull'angolo bar in marmo bianco della cucina, e si versò un bicchiere d'acqua.
Poi tolse gli occhiali, rivelando i suoi occhi scuri e si passò una mano tra i capelli.


"Ho bisogno di te," disse poco dopo interrompendo il silenzio e porgendomi un bicchiere d'acqua, "devo andare ad una cena e devi accompagnarmi, sarà parecchio stressante—" sospirò "—perciò ora andremo a trovarti un vestito," continuò poi appoggiandosi al bancone, facendo contrarre i muscoli delle braccia ben esposti.


Deglutì a fatica e scostai il mio a sguardo che era involontariamente finito sulle sue braccia.
Alzai il capo e lo notai intento a fissarmi, un'espressione indifferente, quasi seria mentre aspettava una mia risposta che non arrivò.


Dopo qualche minuto si rimise la giacca e tornammo alla macchina diretti verso un negozio in cerca di abiti eleganti.
Il percorso in macchina fu particolarmente silenzioso, lui impegnato alla guida mentre io giocavo con le mie stesse mani, presa dal nervosismo.


Non appena entrai nel negozio una valanga di abiti mi si presentò davanti e sgranai gli occhi nel vedere l'immensa varietà di ognuno di loro.


"Scegli quello che ti piace di più," disse Jimin seguendomi mentre mi feci strada tra i reparti per cercare uno adatto a me.


Provai più vestiti ma non ne trovai nessuno che mi andava abbastanza bene, o almeno tanto quanto avessi voluto.
Mentre stavo cercando, arrivò Jimin con un vestito tra le mani, "prova questo" disse porgendomelo mentre lo studiai ancora accuratamente.


Era bordeaux con la gonna che ricadeva morbida lungo i fianchi, fine e che avrebbe sicuramente fatto risaltare anche delle forme quasi inesistenti.


Uscì dal camerino dopo averlo provato ed essermi rimessa i miei vestiti naturali.
"Mi piace" dissi nascondendo la felicità per aver trovato finalmente un abito degno di essere chiamato con tale nome.


Alzò lo sguardo dal suo cellulare e mi guardò da capo a piedi, soffermandosi sul mio volto dopo qualche secondo.


"Pensavo me l'avresti mostrato," disse alzando un sopracciglio e appoggiando la schiena contro lo schienale del divanetto in pelle.


Aprì la bocca per parlare ma non ne uscì neanche un verso.
Avrei dovuto? Non era necessario, si trattava di un vestito che dovevo scegliere personalmente e che comunque avrebbe visto il giorno della festa.


Annuì dopo poco, forse aveva intuito il mio imbarazzo, e si alzò dirigendosi verso la cassa per pagare. Non appena la commessa comunicò la cifra da pagare, sgranai gli occhi.
Più di mille euro?
Ma chi avrebbe mai pagato così tanto per un vestito?


"grazie per aver comprato da noi" la voce della donna richiamò la mia attenzione, mentre voltai lo sguardo verso il ragazzo che stava risistemando la carta di credito all'interno del suo portafoglio.


Oh, ma certo, Jimin avrebbe pagato cosi tanto.
Uscimmo dal negozio senza dire una parola, e raggiungemmo la macchina parcheggiata poco distante dall'uscita.


"grazie per il vestito," abbassai lo sguardo, un po' imbarazzata per avergli fatto spendere una cifra simile, un po' temendo ciò che avrebbe potuto rispondere.



"Ti ho chiesto io di venire alla cena," scrollò le spalle mettendo in moto l'auto e dirigendosi verso il ristorante più vicino.


"Hai fame?" mi chiese senza mai spostare lo sguardo dalla strada, il suo tono casuale mentre mi ritrovai ad osservare le sue mani appoggiate al volante.


Annuì semplicemente, ancora troppo imbarazzata per dire qualsiasi cosa, ma poi aggiunsi un breve 'si' dopo aver realizzato che sarebbe stato difficile vedermi se era concentrato sulla strada.


Arrivati al ristorante ci sedemmo e ordinammo da mangiare. Mentre aspettavamo, ci mettemmo a chiacchierare, o meglio, lui faceva le domande e io rispondevo.


"Hai un ragazzo?" chiese improvvisamente guardandomi negli occhi, mentre un brivido mi percorse tutta la schiena.
"N-no" balbettai, sentendomi in soggezione a causa del suo sguardo, e alla mia risposta sorrise, annuendo contento.


"Meglio così," guardò fuori dalla vetrata che dava sulla città, appoggiando entrambi i gomiti sul tavolo e espirando rumorosamente, " ci sarebbe stato d'intralcio."


"Vivi da sola, Sohyun?" tornò a guardarmi senza neanche darmi il tempo di reagire alla sua precedente constatazione.
"No, vivo con i miei genitori" risposi, riuscendo finalmente a far apparire la mia voce più ferma e decisa.



"Oh, peccato," scosse il capo dispiaciuto, quasi come se stesse disapprovando la mia risposta, "sarebbe stato più divertente avere un altro posto in cui lavorare" sorrise, mentre arrivò il cameriere a servirci il pranzo.

𝐓𝐎𝐗𝐈𝐂 𝐋𝐈𝐏𝐒 - 𝐏. 𝐉𝐦Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora