Un lunedì mattina assolato, inaugura una nuova settimana di scuola.
Il paesaggio sfila veloce mentre siedo accanto a Jace che conduce l'auto silenzioso verso scuola.
Un sole meraviglioso rischiara questa fine inverno ed attraverso il finestrino alzato, bacia la mia gota destra.
Socchiudo gli occhi ed aspiro beata, attingo a queste rare e confortanti sensazioni di benessere che improvvise mi colgono.《 Chissà cosa avrà meditato Marissa per il ballo di San Valentino? Sono settimane che finge indifferenza ma credo si sia dannata l'anima per creare un altro evento strepitoso!》
Serro gli occhi e stringo forte i pugni in grembo, le nocche si sbiancano per lo sforzo e nonostante abbia tergiversato da tempo, le parole di Jace mi colgono impreparata; una smorfia deforma i tratti del mio viso.
Mi impongo cauta di regolare il respiro, non cedere alla frustrazione.
Non rispondo, mi barrico dietro un ostinato silenzio mentre il banale traffico mattutino mi ipnotizza, estraniandomi dalla conversione.《 Non importa se non ci vuoi venire con me.》pronuncia con falsa noncuranza.
Alzo la testa di scatto.
《Jace ...Io...》
《Vorresti lui qui?!》Byron.
Lo fisso.
Il dolore mi attraversa e trasfigura, scuoto ripetutamente e meccanicamente la testa ma lui guarda dritto davanti a sé.
Il respiro mi si fa concitato mentre lo osservo fingere un'indifferenza che non prova.
L'atteggiamento eretto, incurante, eppure vedo oltre l'apparenza.
《Jace io...》
Trattengo l'aria nei polmoni, inghiotto a vuoto mentre percorre il viale della Beacon ed agile sosta nell'area parcheggio.
Gli afferro il braccio.
Mordo l'interno guancia e serro la mascella, osservo la mia mano afferrare il suo avambraccio come mossa da una volontà propria.
《Non importa Kallie.》ammette sconfitto.
《 Jace, non ho mai festeggiato San Valentino, se non con mia madre. È il suo compleanno. Ed io non ...》
La voce si frantuma a terra, sul tappetino dell'auto, dove cerco le parole per continuare, come fossero di piombo, restano incastrate in gola.
《Non potevo saperlo!》mi dice compassionevole.
Sgancia la mia cintura di sicurezza, una mano si ancora sulla mia spalle ed io mi sento stranamente vulnerabile, di nuovo.
Ci ritroviamo avvinti in un abbraccio serrato, al quale mi abbandono mio malgrado, annientata dai ricordi, dal dolore pulsante.
《Non lo sapevo.》insiste.
Mi mordo il labbro inferiore, una sensazione informe mi squarcia il petto.Mamma...
Scuoto il capo e mi ricompogno a suo beneficio e lui mi guarda con quegli occhi dolci, azzurrissimi e profondi.
Un sorriso forzato sale e si stampa sul mio viso.Sento un peso per l'imminente
scadenza, il vuoto mi sovrasta, i ricordi sono più vividi che mai.Una goccia di sangue scarlatta cade a terra e la fisso annichilita. Ma è solo un ricordo che si confonde nel presente, inopportuno.
Il passato pressa per riemergere ed il presente è lì che chiama.Nessuna risposta solo il conforto delle sue braccia e della sua presenza.
La scuola è un tripudio di festoni e volantini , inneggiano la festa imminente.
La mattinata si stempera vaga e Jace è sempre al mio fianco, solerte, attento, protettivo.
In mensa tutte anticipano l'evento: gaie, ilari ed io annuisco partecipe, ma solo nel corpo. La mia mente vaga lontana : divisa fra Byron e mia madre.Quando smetterà di fare male, sarà comunque tardi.
Oggi devo concedermi qualche distrazione, prendo appuntamento quindi con Clarissa in palestra: lei annuisce entusiasta.
Verso le sedici del pomeriggio raggiungo l'area dismessa; sono tutti già lì.
Butto la sacca ed in quattro e quattro otto sono pronta anch'io.
C'è una nuovo elemento, non si presenta, si allena solitario al sacco che colpisce con violenza e rabbia.
Sento i suoi occhi seguirmi durante gli spostamenti.
È Aisha che mi accenna qualcosa: un nome e scuote la testa: Tyler Gabriel. Un suo compagno di scuola, ripetente; stringe gli occhi mentre lo dice ed abbassa il tono di voce nervosa. Lo guardo di sfuggita, lui mi fissa con cattiveria.
Quattordici anni e mezzo, due occhi scuri come la pece, labbra piene ed un incarnato olivastro. Un fisico sviluppato, ben proporzionato.
Aisha mi chiama al ring e mi riscaldo con lei. Lei sembra assente dopo poco si scusa e lascia l'area.
Gabriel sale sul ring mentre lei mesta se ne va, fiacca; lui si scaglia contro di me con forza.
Provo a controbattere ad i suoi assalti ma non ci riesco. Seppur per fisicità siamo simili, mi sovrasta. Questo ragazzo mi guarda come se nei suoi occhi e nei suoi gesti ci fosse tutto l'odio del mondo... Ma io neanche lo conosco. Rabbia cieca guida i suoi passi e calibra i suoi fendenti: atti solo a ferire, far male. Per un breve istante cedo alla paura ma se siamo qui, è perché siamo più simili di quanto non creda.
Gabriel gioca, sputa rabbia e rancore. Vedo l'odio ardere nelle sue scure pupille, mi sento sopraffatta per la frazione di un istante poi sorrido, anche lui è un'anima persa: un bimbo sperduto che cerca in questa isola un placebo al suo vivido dolore.
Lo guardo con muto rispetto ed un pulpito di tenerezza: siamo uguali in fondo. Se siamo qua è perché degli insoluti popolano le nostre vite e cercano di dominaci ma noi non vogliamo cedere, non siamo disposti ad arrenderci.Duelliamo sul ring dopo che Aisha si è ritirata affranta, la sua voglia di portarsi al limite oggi è pari la mia.
Ci guida la disperazione.
Per fisicità mi supera impercettibilmente, i suoi occhi così scuri mi confondono. C'è tutto un mondo in quello sguardo triste, eppure scorgo un attore, un commediante, come noi, che porge all'umanità l'involucro predestinato e la bella confezione.
Un gancio raggiunge il mio caschetto ed il fermo che lo affranca salta, lasciandolo cadere a terra con un tonfo sordo.
Ci fissiamo disorientati.
Crede davvero il suo sia un dolore unico, grande, enorme?
Illuso! Sei entrato in un club dove ogni storia è peggiore di quella che la precede.
Un colpo non consentito si abbatte sulla mia tempia, le ginocchia cedono, la testa esplode ed il mio fisico
si affloscia sul tappeto polveroso.
Clarissa pone fine alle danze:
sconcertata e delusa, porta via Gabriel, alcune parole mi giungono ovattate indistinte.
Scendo dal ring ed incasso le sue amare parole, incespico andandome sotto la sua furia meschina.《Sparisci !》
《Fanculo!》
Arretro e lo fisso inebetita.
Cosa ha passato quel ragazzino?Raggiungo Jace che più teso che mai mi aspetta, trasuda nervoso ed impotenza; oggi non mi va di concedermi una doccia: raccatto la sacca buttata in un angolo ed infilo il giaccone di Step bordato di pelliccia.
Voglio andarmene, sento l'urgenza di lasciare in fretta il capannone.《Non sei niente! Non sei nessuno!》
Urla al mio indirizzo.
Tutti assistono impotenti e muti, ignari.
Non mi giro, non replico.
Hai ragione Gabriel.
Hai fatto centro.
Non sono nessuno.
Incurvo le spalle e poggio un braccio su Jace quietando i suoi tumulti ed i miei.
Lasciamo la palestra.Torniamo a casa non dando voce a dubbi e perplessità reciproche.
Jace si ferma alla villa con Stephen e me.
Il silenzio delle calme sere appaganti accompagna la cena di noi ragazzi;
Mr Covenaugh è in città, per un paio di giorni.
Dopo aver guardato un film alla dependance resto a fissare un'ennesima magnifica stellata occupare imponente il cielo sopra Beacon.
Penso a Gabriel, quel ragazzo mi ha stregata, ammaliata, inquadrata ed uccisa in pochi minuti.《Conosci quel ragazzino?》mi chiede Jace, leggendomi dentro.
Gabriel mi ha scosso più di quanto sia disposta ad ammettere.
《No Jace! Mai visto!》
Ma...cosa deve avere passato per essere lì?
《Non saprei, ma ti puntava, ti seguiva e sembrava avercela con te sopra ogni cosa. Stai attenta! D'accordo?!》
Annuisco sovrappensiero.
Ammiriamo la volta celeste. Indico a Jace la cintura di Orione, per distrarlo.
Poi mi alzo dalla sdraio del patio che ci vede abbracciati, vacillo. La tempia dolente pulsa.
Jace mi solleva fra le sue braccia e mi riporta alla casetta in piscina, preoccupato.
Mi abbatto sul letto e cedo ad un sonno tormentato: un sonno dove due occhi verdi e profondi si alternano ad occhi scuri e penetranti facendomi sentire sola e persa.
Inquieta.
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Around
ChickLitKallie non vuole nascondersi, ma è esattamente quello che fa; quando sua madre parte per una nuova produzione cinematografica, lei non può fare altro che trasferirsi a casa del produttore, il quale ha due figli: Byron e Stephen. Per Kallie non sar...