Gabriel

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In serata ho sentito Jace: i suoi lo hanno messo in punizione, non potrà uscire per tutta la settimana, salvo venerdì per il ballo. Resto amareggiata, non solo con lui dormo divinamente ma ora lo voglio al mio fianco in ogni istante, ammetto egoista.
Quando ci siamo sentiti per telefono mi ha interrogato circa la fuga di Clarissa e mia dal Glam, balbettando gli ho spiegato a grandi linee. Mi ha ascoltato silenzioso.

《Jace...
Jace?》

Ha interrotto la comunicazione?
Nah... Sarà caduta la linea.

Provo a richiamarlo ma dopo un paio di squilli parte la segreteria, mi rassegno.
Stephen cena con me alla dependance con una pizza gigante al salamino piccante e patatine, salsa barbecue a parte: stiamo sul divano a guardarci un film per il corso di letteratura, io rapita, lui scimmiottando vilmente gli attori della commedia "Sogno di una notte di mezza estate".
Verso le 22 sentiamo bussare e ci guardiamo straniti: Stephen apre cauto ed accoglie Jace che cupo lo saluta con una spallata; Stephen afferra l'ultimo trancio di pizza e sogghignando se ne va.
Metto il lettore in pausa e mi fiondo tra le braccia di Jace.
Non ricevo l'accoglienza sperata, tiene i pugni serrati lungo i fianchi ed è scuro in volto.
《 Che succede?》chiedo guardinga.
《Dimmelo tu!》il suo tono è freddo ma anche misurato e sottile, non colgo altre sfumature che mi diano un indizio del suo stato d'animo attuale.
Incrocio le braccia al petto e faccio un passo indietro osservandolo.
《Perché?》 mi chiede passandosi nervoso le mani fra i capelli.
《Cosa?》 Mi sto innervosendo.
《Dovevo esserci io con te oggi, è una cosa che riguarda entrambi.》
Lo guardo stupita e realizzo a cosa si stia riferendo .
《Oh Jace, mi dispiace! Clarissa mi ha sopraffatto con la sua perspicacia, voleva essermi d'aiuto e non ho fatto in tempo a metabolizzare la cosa che eravamo già in macchina dirette al consultorio.》
Esala un sospiro.
《Allora non è stata una tua idea.》
《Nooo. Scioccamente non avevo pensato a nulla. Forse dovremmo esserle grati in fondo. Non abbiamo vissuto questa... Questa cosa insieme, ma era giusto accorciare i tempi. Abbiamo avuto rapporti non protetti e potevamo ...》 Non finisco la frase, imbarazzata, mi mordo il labbro a disagio.
《Hai ragione. Scusa Kallie, mi sono sentito escluso. Quindi lei lo ha capito?》
《Ti sembro la tipica ragazza che glielo avrebbe confidato in un bagno?》lo guardo fintamente male.
《No! Ovviamente no!》ammette concedendomi un sorriso.
Mi abbraccia confortato, rasserenato dalle mie parole ed io mi rifugio nel calore che sa infondermi.
《Resti?》chiedo speranzosa.
《Non posso. Sono uscito con la scusa di comprare del gelato a Coraline.》
《A febbraio?》
《Per cinque dollari mia sorella direbbe qualsiasi cosa ai miei.》
Ridiamo mentre infilo un giaccone.
《Ti accompagno!》
《Speravo lo dicessi.》mi dice con quegli occhi che finalmente sembrano aver lasciato il mare in tempesta.

Purtroppo dopo poco più di venti minuti ed un gelato al pistacchio Jace mi lascia con mio rammarico alla villa.
Un bacio veloce e torna alla sua detenzione.
Mi aspetta una lunga notte insonne: almeno posso dedicare del tempo a recuperare le ore di studio perse oggi.
Verso le tre del mattino sono stesa nel letto a fissare i tenui bagliori lunari filtrare dalla finestra.
Balzo agile in piedi e senza ripensamenti guadagno la villa.
Prendo una bibita dal frigo e resto incerta alla base delle scale, per un istante, poi marcio verso la camera di Byron.
Entro e trattengo involontariamente il respiro: tutto immacolato ed al solito posto, come lo ha lasciato.
Senza troppi indugi sfilo l'anello e lo appoggio sul pianale della scrivania accanto alla maglietta lavata e stirata da quarterback; mi sfugge una breve carezza al tessuto che confortevole mi ha ospitata, poi risoluta, torno sui miei passi.

L'alba arriva impietosa ed io ne sono entusiasta.
Nonostante le rimostranze di Jace a riguardo, oggi prenderò l'autobus cittadino per stare un poco con Molly, giusto il tempo di una corsa; ho bisogno di vederla, anche se lei ha Adam ed io Jace, ultimamente ci siamo trascurate vicendevolmente, so apprezzerà questa sorpresa.
Lascio in fretta la villa dopo aver abbracciato Gonzalo sull'uscio, nella mano destra un bicchiere usa e getta da ristorazione colmo di caffè; questa premura la devo a Moussad che ne ha comprati una scorta industriale, per la gioia della sottoscritta.
Salgo sul mezzo e mi sistemo ad una seduta dal fondo, alla fermata di Molly mancano una decina di minuti, infilo nelle orecchie un auricolare ed Around esplode.
Ogni volta che ascolto la musica, qualsivoglia canzone, o melodia mi estraneo dal mondo circostante; fisso un punto imprecisato oltre il finestrino apprezzando le note e le parole di "Faded".
Molly percorre il corridoio a testa bassa ma quando mi individua un sorriso le rallegra il volto.
Ci abbracciamo interrompendo per un istante il flusso dei passeggeri.
Mentre si posiziona verso la seduta al finestrino mi giro e vedo oltre lei una figura fissarmi pensosa.
Gabriel.
Parlo con Molly ma sento lo sguardo del ragazzo dagli occhi scuri perforarmi la nuca, il disagio striscia sottopelle.
Interrogo Molly su quello strano ragazzo e mi conferma frequenti la Middle Beacon.
Lo vede quotidianamente ma non lo conosce, sta spesso per i fatti suoi.
Mi volto e scopro nuovamente lo sguardo di Gabriel puntato su di me.
Scuote il capo e raggiunge le porte d'uscita, siamo quasi alla sua fermata.
Non so cosa mi prenda, pianto Molly di punto in bianco e lo seguo scendendo dall'autobus.
Realizzo quello che ho fatto solo vedendo ripartire il mezzo ed il viso stupito di Molly al finestrino.
Le urlo di dire a Jace di non preoccuparsi.
Ho lasciato lo zaino con il cellulare ed i miei effetti personali sulla seduta, confido Molly li recuperi.
Caccio le mani nelle tasche del cappottino e mi affretto a seguire questo inquietante ragazzo.
Ho bisogno di capire cosa io possa avergli fatto.
Chiaramente mi ha visto scendere e seguirlo ma mi ignora. Ha sollevato il cappuccio del giubbotto, messo gli auricolari nelle orecchie ed a passo spedito procede verso quello che con tutta certezza, considerata l'affluenza, sia l'istituto dove studia.
Procedo non perdendolo di vista, quando gli sono dietro, un'orda di persone mi rallenta. Fortunatamente lo trovo che armeggia al suo armadietto in corridoio. Oppure ne sta forzando uno.
Gli tocco il braccio, si gira verso di me strizza gli occhi rabbioso, inclinando la testa di lato alza le mani in segno di resa.
《 Che vuoi?》abbaia.
Incrocio le braccia al petto .
《 Perché ce l'hai con me?》
In tutta risposta alza un soppraciglio, continua a sistemare i testi nell'armadietto poi sbattendone la antina se ne va.
《Non mi piaci!》
Attorno a noi i movimenti si diradano e gli studenti guadagnano celeri le rispettive classi.
Resto basita.
Inizia ad andare verso una scala che porta alle classi del piano superiore, presumo.
Parlo alla sua schiena ma so che mi sente.
《 Scusa ma tutte le persone che non ti piacciono vengono maltrattate da te?》
Si ferma sul primo gradino della scalinata, io sono alla base, quindi mi sovrasta di una testa.
Guardo a destra e sinistra il corridoio essersi svuotato.
《Ed anche se fosse?》sbotta acido .
Resto a fissarlo senza trovare le parole.
Mi giro per andarmene non so cosa sperassi di trovare, quali risposte potessero giustificare il suo atteggiamento.
Sento una mano posarsi sulla mia spalla e contemporaneamente da un lato del corridoio una voce stridula ci interroga.
《 Signor Tayler è lei? Signorina...?》
Una donnina con un camicione a quadri bianco e nero, libri serrati al petto, gli occhiali dalla montatura troppo grande che le scivolano lungo il viso cavallino, ci si fa incontro. Sicuramente vede me, quanto veda di Gabriel parzialmente nascosto alle mie spalle è un mistero.
Guardo lui di sottecchi e la mano posata sulla mia spalla, si stacca solo per afferrare la mia, stringendola forte mi intima di correre.
Non sento nessuno rincorrerci e non mi figuro certo la presunta segretaria essersi messa le ali ai piedi per braccarci.
In un battibaleno superiamo tre rampe di scale, Gabriel apre una pesante porta d'acciaio ed il sole mi investe mentre usciamo su quello presumo sia il solarium o la terrazza dell'istituto.
Gabriel butta il suo zaino sul pavimemto e si lascia scivolare schiena alla porta, a terra.
Cerco di respirare normalmente, tengo le mani sulle ginocchia leggermente piegata in avanti e riprendo fiato. Di sottecchi osservo lui e lui me.
Un sorriso cerca di spuntare sul suo volto ma vi si ribella.
《Mi metterai nei guai. Appena l'aria si fa pulita vattene.》accenna
《Me ne stavo andando, sei tu che mi hai trascinato qui.》Gli dico.
Tace e mi guarda sbieco.
Per qualche minuto, seduto i polsi appoggiati sulle ginocchia, resta muto in attesa.
《Probabilmente se n'è andata. Vattene!》
Il suo tono è ancora duro.
《Ma che ti ho fatto?》gli chiedo abbassandomi all'altezza del suo volto.
《Non sei chi dici di essere. 》
Lo guardo al colmo dello stupore. Fisso i miei occhi nei suoi e cerco le parole giuste.
《Nessuno è chi dice d'essere!》 replico in tono di sfida.
《Perché la tigre Palmare dovrebbe venire al capannone?》
Mi giro per non fargli capire lo stordimento legato alle sue parole.
Raggiungo il parapetto e guardo giù.
Siamo al quarto piano di una rozza palazzina squadrata in un isolato vicino un parcheggio ed un parchetto con davvero poche attrattive.
《Perché no?》 rispondo mesta.
Si alza e mi si fa incontro minaccioso, involontariamente arretro e ci ritroviamo uno di fronte all'altra il cornicione del parapetto mi preme le scapole.
《Cheerleader, reginetta al ballo, un sacco di amici, un ragazzo perfetto ... Ho indovinato? Che diavolo c'entri con noi che frequentiamo il capannone?
Ti si è spezzata un unghia e questo problema ti affligge?
Lo smalto non si asciuga come vorresti?》
Una cieca rabbia mi invade, siamo a pochi centimetri l'uno dall'altra.
Il suo fisico mi opprime.
Poso entrambe le mani sul suo petto ed inizio a tempestarlo di pugni.

《 Prova...
Prova ad alzarti ogni mattina...
Prova a vivere ogni singolo giorno della tua vita senza una delle persone che ami di più. Dimmi com'è convivere ogni istante del giorno e della notte, giorno dopo giorno, settimana dopo settimana, mese dopo mese, con il rimorso, l'angoscia e la consapevolezza di avere ucciso la tua migliore amica!?》
Sento un artiglio graffiante squartarmi da dentro di fronte alla immensità di questa confessione.
Alzo il viso ormai rigato da lacrime e trovo due occhi scuri e profondi sbalorditi, non vi leggo sdegno ed orrore, un accenno di compassione.
Preme le mani sulla mia schiena e mi stringe in un abbraccio serrato.
Le mie ginocchia cedono e lui frana a terra con me attutendomi il colpo.
Mi carezza la schiena e cantilena nell'orecchio qualcosa che non colgo.
Quando mi riprendo mi onora di un sorriso genuino.
Prima di metterci comodi a parlare gli chiedo si prestarmi il cellulare per avvisare Jace.
Mi accorda il favore, nell'ora successiva gli parlo di Chanel, mi ascolta concentrato, poi mi racconta di sé: degli istituti dove ha vissuto durante l'infanzia.
Siamo due anime complementari ed affini, l'ho sempre saputo.
Mi alzo e raggiungo il parapetto.
Gabriel mi si affianca ammiriamo la desolazione del luogo i giochi d'ombra e luce riversarsi su abitazioni e palazzi.
Gli spiego anche la storia del video di Connor e poi taciamo.
Sento che nessuno toccherà mai più questi argomenti con l'altro come un patto segreto, una tacita promessa.
Dall'alto vedo l'auto di Jace entrare nel parcheggio: mi sbraccio ed urlo per farmi notare.
Gabriel mi fa l'occhiolino e con una gomma colpisce esattamente Jace sulla spalla che alza il viso e mi individua.
Inizio a correre per andarmene. Sono alla porta che conduce alla scala, la mano sulla maniglia.
《Gabry? 》Lo chiamo dolcemente.
《È tutto a posto?》
Il suo sguardo perso all'orizzonte.
Si gira e mi fa un sorriso .
《Comunque non sono una cheerleader! 》gli dico.
Scoppia a ridere ed io agitando la mano, sparisco oltre la porta d'acciaio.

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