(M)Elodie?!

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La stanza mi vortica tutt'intorno, come un uccello ferito resto inerme, l'arto retrattile, l'equilibrio compromesso, instabile. Chiudo gli occhi per un istante e scaccio la miriade di contrastanti emozioni che mi investono.
Lo sguardo fresco e pulito della ragazzina si inchioda al mio; avrà forse tredici anni.
Annullo le sensazioni che come proiettili mi bersagliano ed indosso una maschera per l'imminente incontro: qualcosa in me si frantuma.
《Piacere Kallie.》
Tendo una mano per presentarmi, con stupore e vigore inaspettato viene serrata fra le proprie.
Attorno a noi il silenzio: i ragazzi ci guardano attoniti ed io mi scuoto.
Stephen, raggelato dalla presenza di Byron, e Jace, non da meno conscio di questa scomoda presenza, restano fermi; uno le mani conficcate nelle tasche, l'altro gira il cibo nel piatto ostico e vagamente ostile.

Un urletto isterico a metà fra il riso ed il pianto richiama l'attenzione generale.
Gonzalo marcia in cucina nella mia direzione, le braccia protese in un materno abbraccio a cui cedo confortata.
Gli animi restano inquieti nonostante l'incessante cicaleccio di Gonzalo che come una tenera chioccia mi si prodiga attorno. Le emozioni che l'animano rendono il suo inglese ancora più stentato e confuso da comprendere ma l'amore che guida i suoi gesti è tangibile e sincero.

《Torno a casa stasera; è stato un piacere conoscervi.》
Esclama la ragazzina per richiamare l'attenzione ed accomiatarsi garbata.
《 Cosa? Nooo? Dovevo portarti al ballo stasera ... 》 sento le parole di Byron stupite affrontare lei.
Lei che non ha mai smesso di guardare me con ingenuo stupore.

Lei?!

Finalmente lascia il mio sguardo per puntare il suo, pulito e cristallino in quello di lui.
《 No. Davvero. Non ci tenevo particolarmente. E Bryce mi aspetta a casa. Lo sai!》mentre si rivolge a Byron una carezza leggera accompagna le parole ed io mi sento accoltellata nel basso ventre.
Lei riprende la scala della torretta dopo aver rubato dalle portate sapientemente disposte sul bancone una brioche; agita la mano e corre spedita.
Byron, dopo uno sguardo perplesso a noi muti ed attoniti, la segue.
Resto annichilita e ringrazio la solerzia di Gonzalo che mi si prodiga attorno riempiendo i vuoti con foga e vivacità.
Moussad entra in cucina e si unisce a Gonzalo, al suo tono festante per il mio lieto ritorno alla magione. Rispondo a monosillabi, vagamente inquieta.
Troppi pensieri affollano la mia mente ma all'improvviso uno svetta e pretende attenzione: Jace.
Guardo nella sua direzione, lo vedo assente, turbato, faccio un breve passo verso di lui ed il suo corpo risponde prima che lo faccia la sua voce: mi attira a sé e depone un casto bacio in fronte; non servono parole tra noi: il mio porto sicuro.
Sediamo tutti al bancone dell'isola della cucina di casa Covenaugh cercando di fare colazione e riprendere una finta serenità che l'arrivo di Byron ha compromesso.
L'espressione tesa di Stephen non presagisce nulla di buono: Stephen non ha dimenticato e non credo sia disposto a farlo ora. Il viaggio che l'ho costretto ad affrontare a New York non è servito ad appianare i dissapori tra i fratelli.
E la causa sono io.
Fingo di mangiare a beneficio dei presenti sbocconcellando in minuscole briciole un enorme muffin al cioccolato, la tazza gigantesca di caffè serrata nella mia mano resta intonsa.
Sembriamo tutti fantocci in un film di bassa lega. La conversazione viene supportata dai domestici di casa, ignari del dramma che si sta consumando in secondo piano.
Jace e Stephen mi accompagnano di sopra dove esausta per le poche energie consumate riguadagno il letto di Byron, ed anche se lui e la sua ospite stanno nella torretta, questa sistemazione mi crea enorme imbarazzo ora.
Sono terribilmente conscia della sua presenza in questa casa.
I due ragazzi lasciamo la stanza dopo poche esclamazioni banali o di circostanza che non afferro appieno.

Byron è nuovamente a Beacon.
In questa casa.
È tornato.
Ma sarà tornato per restare? O solo una breve visita?

Gli occhi si chiudono in fretta nonostante la mente sia invasa di pensieri e nonostante tutto, riposo il sonno degli innocenti.
Un discreto bussare mi desta.
Mi sollevo, seduta nel letto e mentre stropiccio gli occhi assonnati scorgo Byron entrare titubante in quella, che è, fino a prova contraria, pur sempre la sua camera.
《 Mi serve una giacca.》 Mi dice spostando a disagio il peso da un piede all'altro.

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