Guarigione

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I could have died right now
'Cause he was right beside me
(Lana del Rey, Ultraviolence)

Era ormai scesa la sera, e i nostri protagonisti non mangiavano da ore. La serena e sostanziosa colazione di quella mattina sembrava incredibilmente lontana, come un sogno appartenente a un'epoca precedente. Eppure nessuno aveva veramente fame, e l'aria che si era fatta pesante e satura di orrore di certo non aiutava. Nessuno sapeva cosa dire, dopo il racconto di Queenie. Ogni argomento sembrava effimero e fuori luogo. Ingoiarono la cena controvoglia, ma tutto sembrava privo di sapore. Regnava un silenzio denso, interrotto solo dalla voce di Queenie che ad intervalli regolari affermava di stare bene, ma era chiaro che lo dicesse più a se stessa che agli altri.
Alla fine i quattro convennero che sarebbe stato meglio andare a letto, la notte avrebbe cancellato quella ferita tanto profonda quanto antica. Tina invitò Jacob a passare lì la notte: era ancora debole per quello che gli era successo, e in quel momento Queenie aveva più che mai bisogno di sentirlo vicino.
Tina prese per mano la sorella e insieme sparirono dietro la porta della camera da letto, mentre Newt e Jacob scesero nella valigia.

Era una notte scura e nuvolosa, e sembrava che persino la luna e le stelle fossero stanche di illuminare il cielo. In qualche modo Queenie era riuscita ad addormentarsi, sperando di trovare conforto nei suoi sogni, ma quello che c'era ad attenderla era anche peggio della realtà stessa. Si trovò intrappolata in una lunga serie di incubi raccapriccianti. Prigionera della sua stessa mente, si agitava nel sonno inquieta, gemendo. Si svegliò tremando incontrollabilmente, gli occhi stanchi e colmi di orrore. Immagini terribili erano come tatuate sulle sue palpebre, e aveva paura di chiudere gli occhi. Attenta a non svegliare Tina, uscì dalla camera da letto e aprì la finestra per prendere un po' d'aria. Rimase lì a guardare la città addormentata. Gli addobbi natalizi con la loro allegria e il loro splendore contrastavano in modo quasi grottesco con il cielo cupo. Anche se l'animo di Queenie era lacerato, il mondo era andato avanti, la gente aveva continuato a festeggiare. Eppure il cielo, così altero, così lontano, si era rattristato, come se fosse in pena per lei. Osservò le strade vuote, adornate da piccoli cumuli di neve ai lati. Respirò l'aria invernale a pieni polmoni, e il gelo la avvolse. Improvvisamente, un'ombra entrò nel suo campo visivo. Aguzzò lo sguardo il più possibile, mentre la figura iniziava a camminare avanti e indietro per la strada. Indossava un mantello nero che le copriva la testa. C'era qualcosa in quel passo, in quei movimenti di spaventosamente familiare, e Queenie seppe chi era celato sotto quel mantello prima ancora che l'uomo alzasse lo sguardo, ma quando i suoi dubbi vennero confermati rimase pietrificata. Jim la guardava, sorridendole sprezzante. Queenie avrebbe voluto urlare a pieni polmoni, ma non ci riusciva. Il suo corpo si rifiutava di obbedirle. Tutto quello che poteva fare era stare lì a guardare, impotente. I suoi occhi incontrarono Quelli di Jim, e lei sentì qualcosa muoversi dentro di sé. Era doloroso, ma era un dolore positivo. Come quando si guarisce da una ferita grave. Improvvisamente, Jim sparì. Non si era smaterializzato, era proprio sparito. Il momento prima era lì e il momento dopo si era volatilizzato senza lasciare traccia. Queenie si sentì pervadere da un opprimente senso d'ansia. Sentiva un'inquietante presenza proprio lì, accanto a lei, e ovunque nella stanza. Era terrorizzata. Aveva paura di affacciarsi di nuovo alla finestra, aveva paura di girarsi, aveva paura di fare il minimo movimento. Il suo cuore batteva fortissimo, aveva paura, aveva paura. Si sentiva come quando da bambina era terrorizzata dal buio.

Quando si girò Jim era accanto a lei.
Non era affatto cambiato dai tempi di Ilvermorny, ma l'espressione sul suo volto ora esprimeva la cattiveria più pura. Era spaventoso, aveva gli occhi iniettati di sangue e tutto in lui esprimeva pericolosità. I suoi denti bianchissimi e perfettamente allineati squarciavano il buio, e le sue mani erano sporche di sangue. Era la sua natura da predatore, che non lasciava intravedere la minima traccia di sentimenti umani. Queenie provò un enorme senso di terrore a quella vista. Le sue labbra si spalancarono, ma per quanto si sforzasse non un filo di voce ne scaturì. Le lacrime le rigavano le guance, la sua paura cresceva.
Improvvisamente sentì una voce che la chiamava:
-Queenie...- era distante e confusa, come se provenisse da un altro mondo.
-Queenie!- la voce si fece sempre più chiara, mentre il volto di Jim perdeva consistenza e non faceva più tanta paura.
-Queenie!- la voce era sempre più preoccupata, ma adesso Queenie poteva riconoscerla.

Aprì gli occhi di colpo, ma non era davanti alla finestra, e Jim non era lì. Nonostante il freddo, era madida di sudore, e tremava. Tina era seduta accanto a lei, dalla punta della sua bacchetta scaturiva una fioca luce che le illuminava il volto. La Legilimens non aveva la forza di parlare.
-Stai bene?- sussurrò Tina preoccupata. Queenie annuì debolmente. Per un po' Tina rimase in silenzio. -Ne vuoi parlare?- chiese all'improvviso. Di tutta risposta Queenie si mise a sedere e il suo sguardo si perse nel vuoto. Aveva le guance rigate di lacrime.
-È... è venuto a farmi visita. È stato terribile...- mormorò, la voce rotta dal pianto. Appoggiò la testa sulla spalla della sorella, che le accarezzò delicatamente i capelli senza dire niente. Era proprio come quando erano piccole e non avevano nessuno su cui contare, e potevano solo consolarsi a vicenda e tirare avanti. Molte cose erano cambiate da allora, ma il loro legame era indelebile. Queenie pianse sulla spalla di Tina tutte le sue lacrime, poi alzò lo sguardo.
-Vuoi farlo di nuovo?- disse Tina, preparando la bacchetta e richiamando alla mente la formula dell'incantesimo di memoria. -Stavolta non svanirà.-
Queenie sembrò rifletterci per un attimo, poi scosse il capo.
-No, Tina. Non possiamo continuare a vivere così. La vita è fatta di esperienze positive e negative, e spesso guarire richiede dolore e sacrificio. Ma non possiamo continuare a fuggire da noi stesse, o non guariremo mai completamente. Allora eravamo giovani, ma adesso possiamo affrontarlo. Lo affronteremo insieme, e vinceremo.- disse con saggezza. Tina sorrise.
-Hai fatto la scelta giusta.- disse, e abbassò la bacchetta. -Te la senti di tornare a dormire?- le chiese, prendendole la mano.
-Ti prego, resta qui con me ancora un po'...- Tina sorrise e strinse a sé la sorella. Avrebbe tanto voluto sollevarla da quella sofferenza, avrebbe voluto caricare quel dolore sulle sue stesse spalle, aiutarla a trasportare quel fardello...
-Ti va di cantare?- mormorò la sorella minore. Tina sapeva benissimo cosa intendeva: quando la mamma era ancora viva e Tina non riusciva a dormire, spesso le cantava una canzone. La melodia era piuttosto semplice, ma solo crescendo la strega avrebbe compreso il senso di quelle parole. Erano parole di speranza, la promessa di una vita migliore. Quando Tina si ritrovò a dover badare da sola a Queenie, quella diventò la loro canzone. Era strano tornare a cantarla dopo tanti anni, e dopo avvenimenti così drammatici, eppure continuarono a cantare finché non caddero, una accanto all'altra, in un sonno finalmente sereno e beato.

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