L'interrogatorio

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Un attimo dopo Tina si era già materializzata davanti al MACUSA. Raggiunse l'entrata trascinando con furia il prigioniero, che tuttavia non opponeva resistenza.
-Ufficio Indagini Rilevanti.- annunciò con urgenza, ed entrò. Il MACUSA era deserto; tutti i dipendenti erano da qualche parte a festeggiare il Natale, probabilmente ignari di quello che era appena successo. Tina rimase delusa quando si accorse che nemmeno Abernathy era lì: non vedeva l'ora di sbattergli in faccia il criminale che aveva catturato.
Ma sapeva che avrebbe trovato lì la Picquery, come sempre. Da quando aveva perso suo marito e suo figlio a causa del vaiolo di drago, non aveva più una famiglia da cui tornare nei giorni di festa. E infatti fu proprio all'Ufficio Indagini Rilevanti che Tina la trovò, intenta a studiare con attenzione delle cartine. Diede uno strattone al prigioniero e si avvicinò alla scrivania. La Picquery alzò lo sguardo, un'espressione imperturbabile sul volto.
-Goldstein. Cosa ci fa qui?- disse con calma.
-Madama, quest'uomo è un seguace di Gellert Grindelwald, si è reso responsabile di una grave infrazione dello Statuto Internazionale di Segretezza, nonché della morte di numerosi No-Mag.- spiegò Tina.
-Ha una prova della sua colpevolezza?- chiese la Presidentessa con freddezza. Di tutta risposta, Tina appoggiò la bacchetta che aveva sottratto al criminale sulla scrivania.
-Prior Incantatio!- disse, puntando la sua bacchetta. Dal punto in cui le due bacchette si toccavano, scaturì un'immagine sfocata che sembrava essere l'immagine stessa della sofferenza, mentre nella stanza si diffondeva una sensazione sgradevole, come un'ombra della maledizione Cruciatus, l'ultimo incantesimo che quella bacchetta aveva lanciato. Seguirono fantasmi di varie fatture, finché non si materializzò l'inconfondibile lampo verde dell'Anatema che Uccide. Il lampo che aveva ucciso tanti No-Mag in una volta sola.
-Deletrius!- pronunciò Tina. Guardò la Picquery in attesa di approvazione, ma lo sguardo della Presidentessa indugiava ancora sulla bacchetta, come in cerca di qualcosa.
-È sufficiente.- annunciò alla fine. -Lo porti alle celle. Può interrogarlo anche subito.-
Il criminale non sembrava minimamente preoccupato, anzi, sul suo volto bellissimo si disegnò un sorriso perfetto, che Tina etichettò come "canzonatorio". La disgustava, tutto in quell'uomo le ispirava un odio profondo, e il fatto che fosse tanto attraente non faceva che disturbarla ancora di più. Mentre scendeva al piano inferiore per interrogarlo sentì di nuovo quella sensazione, come se un ricordo terribile stesse lottando per venire a galla. Non riusciva ad afferrarlo, era come tentare di arginare un fiume a mani nude: non puoi afferrare un fiume, anche se ti fa credere il contrario. Era esattamente così che si sentiva. Ma perché quel mago che non aveva mai visto in vita sua le faceva un tale effetto? Cosa stava succedendo alla sua mente?
Aprì la porta della sala degli interrogatori. Era gelida e aleggiava un inquietante silenzio. Tutto era opprimente, dalle macchie sulle pareti alla totale assenza di arredamento, ad eccezione della scrivania e delle due sedie metalliche. Nonostante Tina non avesse motivo di essere in ansia, non riuscì a trattenere un tremito leggero, probabilmente a causa dei ricordi legati a quella stanza. Il prigioniero, tuttavia, non sembrava minimamente impressionato. Si limitò a sedersi. Puntò i suoi occhi color ghiaccio in quelli di Tina, e non disse una parola. L'Auror non si lasciò distrarre.
-Non le dispiace se prendo appunti, vero?- esordì, prendendo della carta e una penna. -Iniziamo dalle cose semplici. Lei chi è?-
-Lo sai benissimo.- rispose lui. Tina venne colta di sorpresa, e per un attimo esitò, ma fece del suo meglio per non perdere la concentrazione.
-Prima di tutto, non le ho dato il permesso di darmi del "tu". Chiarito questo, vorrei che provasse ad esprimersi più chiaramente.- disse Tina, un'espressione seria disegnata sul volto.
-Anch'io vorrei molte cose.-
-Credo di essermi espressa male, la mia non era una richiesta. Deve dirmi il suo nome.-
-E perché dovrei?-
-La smetta e porti rispetto. Glielo chiederò un'ultima volta: chi è lei?-
-Ho detto che lo sai già! Andiamo, davvero non riesci a capirlo? Eppure sei sempre stata così intelligente...-
-Ascolti, io non la conosco. Se non vuole dirmi il suo nome non importa, ma deve rispondere alle mie domande, e forse potrei risparmiarle la pena di morte.-
-E chi dice che voglio essere salvato?- Tina non seppe come replicare.
-Da chi è stato mandato?-
-Penso che possa benissimo intuirlo da sola.-
-Dunque Grindelwald è ancora in circolazione.-
-Non lo escludo.-
-E dov'è adesso?-
-Non rivelo i segreti del mio Signore.-
-È stato lui a reclutarti?-
-Ha visto il mio talento.- Eccolo. Il passo falso. Quella frase bastò a Tina per individuare il punto debole dell'uomo che aveva di fronte: l'orgoglio. Doveva puntare su quello.
-E devi avere una certa esperienza, visto quello che sei riuscito a fare...-
-In realtà, è il mio primo attacco. Non è da molto che lavoro per lui.-
-Non male per un primo attacco. Ho lavorato con criminali molto meno dotati.- Tina si lasciò sfuggire un sorriso di trionfo: ce l'aveva fatta. Adesso sapeva che molto probabilmente Grindelwald era in Gran Bretagna. L'aveva dedotto semplicemente, in quanto il criminale aveva un accento innegabilmente britannico, e se era stato reclutato da Grindelwald stesso, c'era stato un incontro tra i due. L'ipotesi più logica era che ciò fosse avvenuto in Inghilterra, e visto che non era passato molto tempo, come il mago era stato tanto gentile da confermare, c'erano buone probabilità che Grindelwald fosse ancora lì.
-D'accordo, va bene così. Le faremo conoscere a breve il verdetto. Grazie per la... disponibilità e buon Natale.- disse Tina, che già si era alzata, ansiosa di comunicare la sua scoperta a Madama Picquery.
-Ah, Tina... ho dimenticato di chiederti: Queenie ha ancora quella cicatrice sul braccio?- chiese il criminale con un sorriso raccapricciante.
Per la mezz'ora successiva quelle parole non diedero pace a Tina. Continuavano a ripetersi nella sua mente, e lei si sentiva profondamente a disagio: Queenie aveva effettivamente una cicatrice sul braccio destro. Si era ferita cucendo, ma non era mai riuscita a capire esattamente come -era piuttosto profonda per un ago da cucito. Ma loro due erano le uniche a saperlo, non ne avevano mai parlato con nessuno. Come faceva quell'uomo a esserne a conoscenza?
Appena ebbe trascinato il prigioniero in una cella vuota Tina comunicò le novità alla Picquery che la stava aspettando, e non riuscì nemmeno a godersi appieno i complimenti che ricevette, tanto era sconvolta e intontita. Appena ebbe finito, si precipitò a casa sua, dove trovò Queenie che preparava una cioccolata a Jacob, che ancora tremava nonostante fossero passate ore. Newt uscì dalla valigia proprio qualche secondo dopo, con in mano una boccetta di vetro piena di uno strano liquido che porse all'amico. Tina notò che Queenie era più pensierosa del solito. Era pallida come se avesse visto un fantasma, il che non era molto lontano da quello che era successo in realtà. Queenie aveva rivisto dopo tanti anni il fantasma di quella parte di sé che tempo addietro era morta a causa di un evento spaventoso. Un evento che pensava di essersi messa ormai alle spalle. Credeva di essersene liberata, ma evidentemente si sbagliava.
-Queenie, credo che tu mi debba delle spiegazioni.- disse Tina fermamente.

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