Un attacco inaspettato

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Jacob e Newt si guardarono per un secondo, poi, come per un tacito accordo, uscirono di corsa dalla pasticceria. Per qualche motivo, Newt intuì cosa stava succedendo prima ancora di vederlo.
Nella strada su cui affacciava la pasticceria regnava il caos più totale: un'enorme creatura stava seminando il panico. Sembrava provenire direttamente dal più terribile degli incubi: simile a un Nundu, ma molto più grande, il suo corpo era ricoperto di un folto pelo più nero di una notte senza stelle. I grossi artigli affilati spiccavano minacciosi su ognuna delle zampe con il loro bianco abbacinante, e due spaventose zanne dello stesso colore facevano capolino dalla bocca talmente grande che avrebbe potuto tranquillamente contenere un essere umano. Newt non aveva mai visto nulla di simile, e sospettava che quella povera creatura fosse stata modificata, o peggio, creata con la magia. Riusciva a vedere la tristezza e la sofferenza nei suoi occhi penetranti. Gli tornò in mente quella strana piovra gigante che Grindelwald usava per seminare il panico durante i suoi attentati. In quella foto sul giornale aveva colto lo stesso sguardo infelice. A quel punto Newt capì: erano nel bel mezzo di un attacco. Un attacco che nessuno poteva aspettarsi, dato che fino a quel momento si erano verificati tutti in Inghilterra. La creatura non poteva essere sola, e quello era solo l'inizio. La Comunità Magica di New York non era pronta per affrontarlo, e gli Auror non accorrevano.
Ma quello che più preoccupò Newt era il fatto che Grindelwald avesse torturato e piegato al suo volere un'altra creatura innocente. A quel pensiero l'orrore si impadronì di lui, e provò una pena infinita per il povero animale. Sentì il bisogno di aiutarlo in qualche modo, così si avvicinò lentamente, la mano tesa e il capo chino. Con movimenti lenti ed esperti si approcciò alla creatura, che sembrò accettare la sua presenza. Il Magizoologo si concesse di alzare appena lo sguardo, e fu in quel momento che vide un'ombra attraversare gli occhi della creatura. Impiegò una frazione di secondo ad accorgersi che qualcosa non andava, ma era ormai troppo tardi. Prima che potesse fare il minimo movimento, Newt sentì un dolore lancinante, e l'attimo dopo era disteso a terra, urlando e lottando per non perdere i sensi.
Jacob gli fu subito accanto, incurante della creatura che si ergeva alta e minacciosa sopra di loro, e lo trascinò al sicuro all'interno della pasticceria.
Poi Newt avvertì la presenza di un'altra persona, che in qualche modo riconobbe come Queenie. Sentì delle mani che lo sollevavano con delicatezza, poi abbandonò la testa all'indietro e non sentì più niente.

Nel frattempo, al fianco della creatura era comparso un seguace di Grindelwald vestito di nero e dall'espressione crudele. Sotto gli sguardi terrorizzati dei passanti, il mago sollevò la bacchetta e urlò una parola in una lingua incomprensibile. La creatura si alzò sulle zampe posteriori e ruggì. Dalla sua bocca fuoriuscì una strana sostanza semifluida di un colore arancione brillante. Qualunque cosa si trovasse nelle vicinanze della sostanza sparì per lasciare spazio a un mucchietto di cenere. E gli esseri umani non facevano eccezione. Eppure nessuno interveniva.

Tina Goldstein osservava la scena da dietro una maschera di indifferenza, ma non si muoveva. In circostanze normali avrebbe sfoderato la bacchetta e disarmato il mago, e per un attimo fu sul punto di farlo, ma qualcosa le fece cambiare idea. Si voltò e corse via, mentre altri seguaci di Grindelwald apparivano dal nulla, affiancando quello vestito di nero che continuava a urlare strane parole alla creatura.
La strega si nascose in un vicolo vicino e appoggiò la schiena al muro. Si lasciò scivolare a terra e chiuse gli occhi, respirando affannosamente. Ascoltò da lì i rumori provenienti da fuori, i ruggiti della creatura che sembravano far vibrare l'aria e le urla terrorizzate dei passanti. Poi, però, qualcuno giunse.

Gli Auror del MACUSA, guidati dal neopresidente Philip Weiss, arrivarono sul posto facendosi largo tra la folla. Con le bacchette puntate davanti a loro, lanciarono incantesimi a raffica contro i seguaci di Grindelwald. Erano circa una ventina, ma sembravano imbattibili. Deviavano gli incantesimi degli Auror con una facilità impressionante, e i loro colpi erano di straordinaria potenza. A differenza degli Auror, i seguaci di Grindelwald combattevano per uccidere, e infatti quel giorno il MACUSA perse molti dei suoi Auror più validi. Nonostante ciò, la battaglia continuò. Gli Auror combatterono valorosamente contro i venti seguaci di Grindelwald, che li avevano ormai circondati. Lampi di luce venivano scagliati da una parte all'altra con estrema rapidità, la battaglia era più accesa che mai.
Improvvisamente, la creatura cadde, colpita da un incantesimo particolarmente potente. Si accasciò con un tonfo sotto gli occhi stupiti dei combattenti, che interruppero per un istante la battaglia.
I seguaci di Grindelwald, persa la protezione dell'enorme creatura, si sparpagliarono in preda al panico. Gli Auror approfittarono di quel momento di confusione per penetrare le difese avversarie. Combatterono valorosamente finché, una dopo l'altra, tutte le figure scure dei seguaci di Grindelwald non caddero prive di sensi o legate in modo da non potersi muovere. Tutte tranne una.

Era il mago che guidava la creatura. Perfettamente illeso, si faceva scudo con il corpo senza vita dell'animale, lanciando maledizioni di potenza inaudita. Gli Auror tentarono con tutte le loro forze di colpirlo, ma non ci riuscirono in alcun modo. Ormai stremati e dimezzati, gli Auror non sapevano cosa fare. Solo un miracolo poteva salvarli.
E il miracolo arrivò:

Un lampo colpì il mago alle spalle, e lui si accasciò a terra con un gemito.
Gli Auror si guardano smarriti. Nessuno sapeva chi avesse lanciato quell'incantesimo: dietro il seguace di Grindelwald c'era solo un vicolo cieco avvolto nell'oscurità, ma sembrava non esserci nessuno. Sembrava, appunto.
Weiss abbassò la bacchetta e guardò il mago cadere con una sorta di stupore attonito. Il misterioso incantesimo aveva deciso le sorti della battaglia: avevano vinto.

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