La fine della clandestinità

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-L'ha fatto, mio signore. È morta.- sul volto di Grindelwald si disegnò un ghigno.
-Procediamo con l'attacco al MACUSA, signore?-
-No. Non ancora. Attaccate Londra.- il seguace di Grindelwald sembrò confuso da quella risposta, ma non osò mettere in dubbio i piani del suo Signore e si smaterializzò.
Lasciato solo, il Mago Oscuro proruppe in una fragorosa risata. A partire da quel momento la strada verso il potere era tutta in discesa: non solo avrebbe potuto conquistare l'America senza alcun intralcio, ma la signorina Goldstein era anche bloccata lì. Sapeva di essere invincibile, ma non era stupido. Non avrebbe commesso di nuovo l'errore di sottovalutarlo. Se era da solo, però, era una preda facile. A quel punto sarebbe stato semplice eliminarlo. E l'avrebbe fatto. E poi avrebbe usato le Creature che teneva in quella ridicola valigetta per intimorire ancora di più i suoi nemici. Solo le più pericolose. Del resto, non era per questo che erano state create le grandi bestie, per incutere terrore? Riguardo alle altre... si sarebbe limitato ad ucciderle, non sarebbero state che d'intralcio. Vedendo il Magizoologo morto, quel codardo di Albus Silente si sarebbe deciso a fare una mossa, finalmente. Una volta sconfitto anche il suo nemico più fastidioso, nessuno avrebbe più avuto il coraggio (la stupidità, si corresse) di sfidarlo.

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-Come sapete, ieri la Presidentessa Picquery è stata brutalmente assassinata.- Abernathy parlava di quello che era successo come si parla dell'avvenimento più comune al mondo, al centro dell'atrio del MACUSA. La sua tranquillità gelida era disarmante, e tra una parola e l'altra un ghigno malevolo trasfigurava il suo volto. Nessuno tra quelli che lo ascoltavano sembrò farci caso, comunque.
-È stata una notizia terribile per tutti noi, ma ho intenzione di riportare l'ordine in questo posto. Ecco perché ho deciso di proclamarmi Presidente ad interim del MACUSA, e vi prometto che riuscirò a governare anche meglio della vecchia Presidentessa. In realtà, molti aspetti della sua politica erano da rivedere, come voi stessi avrete notato. Non gliene faccio una colpa, dopotutto era una donna... ma vi stupirà sapere cosa stava cercando di fare- tutti pendevano dalle sue labbra. -Stava cercando di consentire i rapporti tra i Maghi e i Non Magici!- Un mormorio attraversò i presenti. -Quello che stava cercando di fare era qualcosa di terribile e innaturale: i Maghi sono nati per dominare sui No-Mag, non per convivere con quei vermi, ma questo la vostra adorata Presidentessa non l'aveva capito. Tuttavia, non è riuscita nel suo intento, e io...-
-In realtà, ci è riuscita.-
Tutti si voltarono in direzione di Tina, che avanzava a passo sicuro, stringendo tra le mani il documento che avrebbe cambiato la vita a sua sorella e a centinaia di altri maghi e streghe. La Picquery, consapevole della sua imminente morte, si era impegnata al massimo perché la legge venisse approvata, e Abernathy aveva fatto di tutto per metterle i bastoni tra le ruote. Ma Tina non l'avrebbe permesso. Si sarebbe fatta valere.
"Li ha sempre odiati, i No-Mag" le aveva spiegato la Presidentessa Fantasma. "È cresciuto tra loro, e quello della sua infanzia è stato un periodo molto buio della sua vita." Eppure Tina aveva la sensazione che ci fosse anche altro dietro il rifiuto di Abernathy. Qualcosa di molto più personale, precisamente qualcosa riguardante il matrimonio di Queenie e Jacob. Stava ancora cercando di impedirlo? Non aveva ancora perso le speranze su sua sorella? Di certo non giustificava quello che aveva fatto, anzi, Tina lo trovò rivoltante. Sventolò con rabbia il documento sotto il naso di Abernathy. Lui lo prese e lo guardò, sbiancando leggermente. Aveva la stessa espressione colpevole dei criminali quando vengono smascherati, il che non si allontanava molto dalla realtà.
-Sembrava un buon piano, vero? Ricattarla per impedirle di rendere pubblica la documentazione. Minacce di morte, eh? A quanto pare non stava bluffando. Ma sembra che non abbia preso in considerazione questo particolare...- la voce di Tine era calma e risoluta, ma si udiva, appena percettibile, una nota di disprezzo. Indicò il documento tra le mani di Abernathy con soddisfazione. –Lo sa cos'è questo? Sa cosa significa? Significa che la legge Rappaport verrà abolita oggi stesso per ordine di Seraphina Picquery, e i rapporti con i Non Magici saranno ufficialmente consentiti.-
-No.-
-Ha detto qualcosa?-
-No. Sono io il Presidente adesso, e non ho alcuna intenzione di permetterlo.-
-Presidente ad interim, e per di più autoproclamato- sottolineò Tina, irritata. –Questi documenti risalgono a tre giorni fa, quando Seraphina Picquery di Savannah era ancora in carica, ed essendo solo un sostituto la legge non ti riconosce alcun potere decisionale, Abernathy. Attieniti al volere dei tuoi superiori. E di chi ne fa le veci.-
-Le veci!-
-Esattamente. Non fingere di non sapere, è semplicemente ridicolo. Non ho la più pallida idea di quali menzogne tu stia raccontando in giro per addossarmi la colpa, ma sai bene cosa è successo.-
-Non sto raccontando nessuna menzogna.-
-Allora raccontalo! Forza, racconta a tutti com'è andata, come l'hai guardata negli occhi!-
-Basta. Non puoi farlo, Goldstein. Non puoi.-
-Sono d'accordo, non posso. Ma lei sì.-
-No, non può. La legge Rappaport è in vigore dal 1792! Non può semplicemente firmare una carta ed eliminarla!-
-Anzitutto, la legge Rappaport è in vigore dal 1790, informati, e poi... è stata una Presidentessa (una donna, bada bene!) a firmare una carta e introdurla, cosa impedisce a un'altra Presidentessa di firmare una carta e abolirla?-
Abernathy si ritrovò penosamente a corto di argomentazioni. Prese ad esaminare disperatamente il documento nella speranza di trovare un qualsiasi dettaglio che ne compromettesse l'autenticità, ma invano. Un'espressione di trionfo attraversò il volto di Tina. Aveva vinto. Non vedeva l'ora di dirlo a Queenie.
Entrò nel suo ufficio e prese il suo cappotto, poi lasciò il MACUSA.

Le strade di New York erano affollate, come sempre. Fino a due minuti prima smaterializzandosi lì avrebbe gettato l'intera città nel caos più totale, a breve invece molte di quelle persone avrebbero saputo dell'esistenza della magia. Era piuttosto strana quella libertà. Certo, la Picquery aveva stabilito delle regole precise: per farla breve, potevi rivelare di essere un mago o una strega solo alle persone più fidate, sapendo che queste sarebbero state costrette a mantenere a loro volta il segreto e sarebbero state debitamente registrate al MACUSA e tenute d'occhio. Sembrava una condizione più che giusta. Fare magie alla presenza dei No-Mag era ancora proibito, ma anche quello era giusto. Esporsi fino a quel punto sarebbe stato davvero troppo. Mentre cercava un posto tranquillo per smaterializzarsi, Tina si ritrovò a pensare: prima di conoscere Jacob, lei stessa era a favore della clandestinità della Comunità Magica, ma adesso che ne erano in parte usciti le sembrava una cosa davvero inutile: aveva capito che c'erano problemi molto più urgenti a cui badare. Problemi che doveva risolvere prima che fosse troppo tardi. Non poteva negare di essere preoccupata per Grindelwald, il suo silenzio la spaventava. Come se volesse attaccare all'improvviso, cercando di sorprenderli. Forse era proprio quello che aveva intenzione di fare. O forse no. In ogni caso, non voleva che la famiglia di Queenie vivesse nel costante terrore di ritrovarsi coinvolta in un attacco di Grindelwald. Se sua sorella doveva sposarsi, lo avrebbe fatto in un mondo migliore, e lei avrebbe fatto di tutto per rendere quel mondo il posto che Queenie meritava, anche a costo di morire per questo. Fu con questa convinzione che si smaterializzò alla volta della pasticceria per dare la lieta notizia a Queenie e Jacob e sorridendo al pensiero delle espressioni felici che avrebbero assunto i loro volti.

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