Uno scandalo al MACUSA (parte 3)

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Ormai era troppo tardi. Man mano che la sedia si abbassava era sempre più chiaro che nessuno l'avrebbe salvata. In qualche modo, la Picquery riuscì a liberarsi da quella specie di trance nella quale era caduta. In questo modo probabilmente avrebbe fatto male, ma era ben felice di fare quell'ultimo sforzo per quell'America che aveva tanto amato. Respirò profondamente e strinse forte i braccioli della sedia per fermare il tremore delle sue mani, poi guardò Tina che giaceva immobile sul freddo pavimento, sperando con tutto il suo cuore che potesse sentirla.
-Tina...- iniziò. Il suo tono era sbrigativo, doveva essere veloce o non ce l'avrebbe fatta, ma nella sua voce si percepiva una nota di calore umano. -Sei la migliore tra i miei Auror. Anche se non sembra, ho sempre creduto in te. L'America Magica è nelle tue mani, non deludermi! Devi salvare il MACUSA per me.- terminò la frase appena in tempo, prima di essere inghiottita dalla Pozione della Morte.

Tina camminava a passo svelto per le strade di New York facendosi spazio tra la folla che festeggiava il Nuovo Anno. Si sentiva come un fantasma: tutti i rumori attorno a lei erano come  attutiti, e le persone, la loro felicità, le sembravano così distanti... come potevano essere tanto felici ora che il loro stesso Paese era così vulnerabile? Tina non era riuscita a reggere lo shock. Era una responsabilità troppo grande quella che si era ritrovata a un tratto sulle spalle, e lei non aveva mai voluto questo. Probabilmente Grindelwald sarebbe tornato, consapevole dei disordini che si erano scatenati. Probabilmente era già lì. Probabilmente c'era proprio lui dietro tutto questo. Cosa avrebbe fatto? Non riusciva a trovare alcuna risposta, tutto quello che riusciva a fare era scappare, mettere più distanza possibile tra sé e il MACUSA. Niente. Non avrebbe fatto niente. Non voleva più giocare, basta. Lottare non aveva più senso. Abernathy aveva vinto, e Grindelwald... che arrivasse pure, che la uccidesse. Lei non l'avrebbe fermato. Si sentiva irrimediabilmente persa, non una speranza abitava più il suo animo stanco.

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