Je t'emmènerais bien de l'autre côté de l'Atlantique
(Pomme, Je t'emmènerais bien)Jefferson si alzò in piedi, raddrizzando la schiena irrigidita dalle lunghe ore passate chino sulla scrivania, intento a stilare liste interminabili. Misurò la stanza a grandi passi, le folte sopracciglia inarcate in un'espressione meditabonda. Il sole non era ancora calato, era troppo presto per andare al lavoro, quindi aveva finalmente un po' di tempo per pensare. Aprì la finestra: il minuscolo appartamento in cui viveva puzzava di roba vecchia e calzini sporchi, probabilmente a causa del mucchio di cianfrusaglie accatastate alla rinfusa in un angolo, e l'aria si era fatta ormai irrespirabile. Guardò la stretta stradina che si estendeva sotto i suoi occhi, avvolta nell'ombra nonostante il sole mandasse tenui bagliori da dietro una nuvola grigia. Era così buia che chiunque altro l'avrebbe definita "lugubre" o "spaventosa". Lui no. Lui aveva bisogno delle tenebre, lo proteggevano, lo nascondevano allo sguardo spietato del mondo, lo rendevano invisibile e sfuggente, a meno che non si sapesse esattamente dove cercare. Il buio e il silenzio erano i suoi più fedeli compagni di affari, e questo gli faceva amare il suo lavoro. Certe volte si sentiva come un fantasma, come se non esistesse: non aveva neppure un nome, nessuno si era mai curato di dargliene uno. Aveva deciso di riferirsi a se stesso come Jefferson perché gli sembrava avesse un bel suono, gli piaceva come indugiava sulle labbra per poi venire fuori tutto insieme, in un suono tagliente e fioco a un tempo, come un sussurro. Ma la cosa che gli piaceva di più di quel nome era la sua originalità monotona. Era così comune da essere impensabile, un semplice nome fra tanti, il nome di uno spettro inosservato, che si muove strisciando nel nulla, a metà tra l'essere e il non essere. Allo stesso tempo, però, gli piaceva l'idea che lui fosse l'unico a conoscere il nome che si era dato, lo faceva sentire potente.
Mentre inseguiva l'ingarbugliato filo dei suoi pensieri, le sue labbra si inarcarono in un sorriso sghembo, ben poco rassicurante, che si allargava pian piano, esibendo i suoi denti gialli e cariati, che stridevano al minimo movimento. Di colpo un'idea si era affacciata alla sua mente. Si voltò di scatto e si precipitò ancora una volta in direzione della sua scrivania, sicuro di essere sul punto di risolvere ogni suo problema. La scrivania era coperta di documenti, ma lui sembrava sapere esattamente dove cercare. Prese un pezzo di carta tutto sgualcito, ingiallito dal tempo e impregnato di una magia oscura e indecifrabile, al punto che la temperatura sembrò abbassarsi di colpo quando se lo rigirò tra le mani. Senza togliersi quel sorriso agghiacciante dal volto, iniziò a far scorrere il dito sulla pergamena, graffiandola con le unghie sporche e spezzate. Nomi, non vedeva altro che nomi. Scorrevano sotto il suo sguardo attento, alcuni poco conosciuti, alcuni sorprendentemente famosi, erano tutti clienti di quel losco venditore. Alcuni erano stati cancellati, altri erano lì da tempo immemore. Erano scritti in una calligrafia precisa oltre ogni umana capacità, di una perfezione maniacale. Li lesse uno ad uno, soffermandosi e tornando indietro, poi risalendo bruscamente in cima, fermandosi ancora per poi cambiare idea, in alto, in basso, senza mai confondersi, emettendo ogni tanto qualche verso soddisfatto. Poi si bloccò. Era un nome che ben conosceva, forse più degli altri, e che finalmente aveva esattamente quello che faceva al caso suo:
Newt Scamander stava per estinguere il suo debito.~ • ~ • ~ • ~ • ~ • ~ •
— Bob, sei tu? — Newt era incredulo. In quel luogo desolato, senza essere chiamato, come attratto da un primordiale istinto di protezione, un Ippogrifo era piombato giù dal cielo grigio, affondando goffamente i suoi lucidi zoccoli nella neve. No, non un Ippogrifo qualunque . Bob.
— Bob? — ripeté Queenie, visibilmente perplessa.
— È uno degli Ippogrifi di mia madre. Siamo cresciuti insieme — spiegò Newt, guardando l'animale con un'espressione di pura tenerezza. — Gli Ippogrifi sono tra gli animali più orgogliosi e presuntuosi esistenti, ma non tutti sanno che se trattati con amore e con il dovuto rispetto possono essere molto fedeli. La gente tende a ignorare queste qualità positive delle Creature, così è più facile dipingerle come mostri — mormorò, facendo un profondo inchino. Bob si inchinò a sua volta quasi subito, e Newt gli corse incontro, gettandogli le braccia al collo e affondando il volto nel folto piumaggio. — Mi sei mancato, amico mio, è così bello rivederti...
Bob sembrava davvero felice di vedere il suo padrone, doveva averlo cercato a lungo, e anche Newt scoppiava di gioia. Il Magizoologo sorrideva e guardava l'Ippogrifo come incantato, lo accarezzava e gli parlava sommessamente, seduto davanti a lui a gambe incrociate. La sua timidezza era completamente sparita, si muoveva con molta più disinvoltura e anche il suo tono di voce sembrava completamente diverso. In quel momento, Newt poteva essere davvero se stesso.
Queenie e Jacob osservavano la scena con una specie di commozione nel cuore per la dolcezza dei gesti di Newt, così esperti eppure così naturali. I due sembravano avere un rapporto così intimo che vederli interagire avrebbe potuto scaldare anche un animo di ghiaccio, in quell'immagine c'era l'essenza stessa dell'affetto familiare, a un livello incredibilmente profondo.
— A me non sembrano mostri — commentò Jacob, che stava tentando di avvicinarsi ma aveva cambiato idea dopo aver visto l'Ippogrifo alzare minacciosamente una zampa.
— No, Bob, lui è un amico! — sussurrò Newt, accarezzando affettuosamente l'Ippogrifo per calmarlo. — Devi inchinarti — spiegò poi a Jacob. — per dimostrare il tuo rispetto, vero Bob?
Jacob indugiò per un istante, poi prese coraggio e seguì le istruzioni di Newt. Bob sembrava piuttosto riluttante a lasciarlo avvicinare, ma Jacob non si mosse, così alla fine si convinse, probabilmente colpito dalla sua perseveranza.
— Posso? — chiese Queenie, che non aveva mai visto un Ippogrifo prima e fremeva dalla voglia di accarezzarne le piume all'apparenza così morbide.
— Chiedilo a lui — rispose Newt, allontanandosi impercettibilmente dalla Creatura perché potesse concentrarsi solo su Queenie.
La strega fece un inchino così profondo che il suo naso quasi sfiorava la neve sotto i suoi piedi, e l'Ippogrifo se ne compiacque al punto che fu lui ad avvicinarsi.
— Però, ci sai fare con gli animali! — esclamò Newt, sinceramente colpito. — Bob ti adora!
Queenie sorrise. — Non sapevo che Bob fosse un nome da Ippogrifo, comunque... — disse, facendo un passo avanti.
— Non lo è, infatti, — rispose Newt, — ma suona bene, non trovi? Voglio dire, guardalo! Riusciresti a trovare un nome migliore?
— Sapphire? — propose Queenie.
— Breezy? — suggerì Jacob.
Newt sembrò riflettere per un po' sui nomi proposti dai suoi amici, ma alla fine sollevò le spalle: — Bob è più bello —.
Tipico di Newt. Queenie e Jacob si scambiarono uno sguardo divertito, evitando però qualunque commento. A ogni modo, Newt non li stava affatto ascoltando, anzi, era tornato a parlare con Bob, ed era tanto concentrato in quella fitta conversazione che sembrava essersi completamente isolato dal mondo. Ogni tanto la Creatura faceva qualche leggero movimento o emetteva bassi versi, che Newt interpretava con disinvoltura, come se fosse una normalissima chiacchierata tra amici. In effetti, per lui era proprio questo, una chiacchierata, ma più che con un amico, stava parlando con un fratello. Dopo un tempo che parve interminabile, il mago concluse la conversazione con un abbraccio di ringraziamento e si rivolse a Queenie e Jacob.
— Ha acconsentito a portarci in Inghilterra! — annunciò.L'attimo dopo erano già partiti. Il vento fischiava nelle loro orecchie, frustando i loro volti con violenza. Bob era velocissimo e incredibilmente agile, fendeva l'aria con decisione, i muscoli tesi, le ali spalancate. Jacob non smise un attimo di urlare, in preda al terrore. Evidentemente non era abituato a volare. L'immensa distesa dell'Oceano si estendeva sotto di loro, ora blu, ora verde, riflettendo la luce e cambiando in continuazione. L'idea che se Bob non li avesse trovati avrebbero dovuto affrontare quella distesa infinita su un'imbarcazione di fortuna, o peggio, su una scopa volante di fortuna li faceva rabbrividire. Newt sentì ancora il bisogno di ringraziare il suo Ippogrifo, così appuntò mentalmente di concedergli una doppia razione di furetti stecchiti una volta arrivati. Se solo avesse saputo che, sull'altra sponda, c'era qualcuno ad attenderli...
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Tu cerca di non farti investigare (completa)
FanfictionSequel di "Ce n'è solo uno come te" Le avventure degli ultimi mesi hanno segnato profondamente i nostri protagonisti, e la tranquillità della vita di tutti i giorni ormai sembra irreale, aliena. Ma può davvero una vita essere considerata "tranquilla...