Spettrale

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Dire che quegli istanti furono i più terrificanti nella vita di Abernathy sarebbe un eufemismo. Percepiva un'inquietante presenza all'interno della stanza, la sentiva aleggiare da una parte all'altra indisturbata, impassibile, come per prepararsi ad attaccarlo. L'orrore si impossessò di lui, lasciandolo paralizzato al suo posto. Non aveva nemmeno la forza di urlare, respirava appena. Chiuse gli occhi cercando di ricomporsi e comportarsi da adulto, ma quando li riaprì quasi svenne: Seraphina Picquery, la donna che lui stesso aveva ucciso, era proprio lì, evanescente e incorporea, ma vera, e lo scrutava con uno sguardo di ghiaccio. L'espressione del mago era a dir poco sconvolta. In altre circostanze, avreste potuto leggere a questo punto frasi come "era come se avesse visto un fantasma", ma in questo caso il fantasma c'era davvero, spaventoso e terribile come se fosse stato vomitato direttamente dagli incubi più oscuri del povero Abernathy, il quale non era esattamente quello che si definisce "un cuor di leone". Non desiderava altro che scappare e mettere più distanza possibile tra sé e quel posto infernale, ma gli occhi semitrasparenti colmi di rabbia del fantasma erano puntati su di lui. Non gli passò nemmeno per l'anticamera del cervello il pensiero di provare a fare un unico passo. Cercò di guardare altrove e aspettare che quell'incubo finisse. Si convinse di essersi addormentato mentre lavorava, presto si sarebbe svegliato e sarebbe tutto finito. Ma non era affatto così.
La Picquery non sembrava minimamente intenzionata a dargli tregua. Parlò con la sua voce più autoritaria, e le sue parole risuonarono cupe nella mente di Abernathy, amplificate in maniera insopportabile dalla paura:
-Pensava di liberarsi di me così facilmente? A quanto pare si sbagliava.- il mago tentò di coprirsi le orecchie, ma fu completamente inutile. -Sono a conoscenza di tutto quello che ha fatto e detto nei confronti miei e della persona a cui avevo affidato il compito di cui ha tentato di impossessarsi senza alcun diritto.-
Lui non ebbe il coraggio di replicare, e quando aprì la bocca tutto quello che ne uscì fu un grido di disperazione. Il fantasma cercò di nascondere la propria soddisfazione assumendo un'espressione ancora più furiosa. Si lanciò contro di lui, investendolo con il suo gelo che sapeva di morte, e gli passò attraverso come fosse aria.
-Io non le darò pace finché vivrà, se non lascia immediatamente il MACUSA.- disse minacciosa dietro di lui. -La perseguiterò e le renderò la vita impossibile, distuggerò la sua casa e non la lascerò dormire la notte, lo giuro!-
-Madama...- dovette chiamare a raccolta tutto il suo coraggio per pronunciare quella parola, e comunque la sua voce suonò spezzata e tremante.
-VADA VIA!- sbraitò l'ex presidentessa. Il suo grido agghiacciante gli fece accapponare la pelle, ma si costrinse a parlare:
-AL DIAVOLO TUTTO, CERTO CHE ME NE VADO!- urlò -Questo posto è maledetto, non voglio più averci a che fare!-
Prese a correre senza sosta , non si fermò nemmeno quando, nella fretta, andò a sbattere dritto dritto contro la scrivania (grazie Artemide_) . Ignorando il dolore, se la diede a gambe.
Se la Picquery fosse stata più attenta, però, avrebbe notato anche che, nella sua fuga, il mago era passato davanti alla finestra, e che proprio lì un gufo era in attesa...

-Non la facevo tipo da scherzi...- commentò Tina firmando svogliatamente una pila di noiose carte.
-Solo perché in vita avevo una reputazione da mantenere. Adesso posso divertirmi! E poi... se lo meritava.- si giustificò la Picquery, osservando lo scaffale colmo di libri che occupava quasi un'intera parete dell'ufficio dell'Auror.
-Almeno non ci darà più problemi, adesso...- annuì Tina, lanciando un'occhiata alla finestra: quella mattina il cielo era stranamente sereno per una giornata d'inverno.
-Non credo proprio- le fece eco il fantasma.
-E così... stava ballando.
-Avrebbe dovuto vederlo, è stato esilarante! Ho quasi rischiato di farmi scoprire, non riuscivo a trattenere le risate!
Tina fece del suo meglio per rimanere seria, ma non servì a nulla: presto scoppiò a ridere. Aveva immaginato la scena, ma non fu quello a suscitare la sua ilarità (del resto, il ballo era anche uno dei suoi modi preferiti per rilassarsi, anche se al mondo ne erano a conoscenza due persone al massimo). Era più che altro una risata liberatoria, un ultimo sfogo contro l'uomo che le aveva causato tanta sofferenza.

Proprio in quel momento, qualcuno bussò alla porta. Tina smise di colpo di ridere e guardò il fantasma, che sparì attraversando il muro più vicino. L'Auror non aveva alcuna idea di chi potesse essere, e non riusciva nemmeno ad immaginarlo. Si ricompose e un'espressione, se possibile, ancora più seria del solito si disegnò sul suo volto.
-Avanti!- disse, spostandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio e raddrizzando la schiena in modo quasi innaturale.
Quando la porta si aprì, Tina rimase piuttosto stupita nel vedere la figura alta e imponente di Weiss.
-Goldstein- la salutò il collega. Il suo tono era professionale, ma tradiva una leggera nota di preoccupazione.
-Weiss- Tina ricambiò il saluto, seria. -cosa la porta qui?-
-Ha letto il New York Ghost di oggi?- chiese lui di tutta risposta.
Tina rimase piuttosto sorpresa da quella domanda: non si va nell'ufficio di un collega giusto per chiacchierare sulle notizie del giorno, a meno che non ci sia qualcosa di davvero grosso.
-No...- rispose con un'espressione confusa.
-Credo che dovrebbe- le consigliò Weiss. -c'è un articolo in prima pagina...-
Tina alzò lo sguardo e i suoi occhi incontrarono quelli azzurri di lui, nei quali si rifletteva un certo turbamento.
-D'accordo, mi lasci completare questi moduli e...
-È di Kate.- quelle tre parole bastarono perché Tina sgranasse gli occhi. Quando Kate Sertier scriveva, poteva significare solo una cosa: guai. La reputazione di numerosi maghi e streghe era stata rovinata irrimediabilmente dalla sua penna.
-La vittima?- chiese, temendo il peggio. E il peggio arrivò:
-Riguarda lei, Goldstein-.
Tina se lo aspettava, eppure quando ne ebbe la certezza si sentì mancare. Lasciò cadere la penna che teneva in mano e chiuse gli occhi angosciata. Un solco le si disegnò tra le sopracciglia.
-Merlino...- mormorò, presa dallo sconforto.
-Cosa?- naturalmente, in quanto americano, il suo collega non comprese l'esclamazione di Tina. Lei stessa rimase sorpresa dalla naturalezza con cui quella parola aveva raggiunto le sue labbra, soprattutto in un momento tanto difficile. Era come se avesse inconsapevolmente evocato il suo aiuto, anche se, ovviamente, lui non poteva sentirla.
-Lewis!- si corresse. -Ho detto "buon Lewis"-.
-Già, è terribile...- disse lui allungandole una copia del New York Ghost che teneva sotto il braccio. -vuole dare un'occhiata?-
Tina afferrò il giornale senza dire una parola. Sospirò e, facendosi coraggio, abbassò lo sguardo.
Credeva di essere pronta.

Ma non si è mai pronti per quello che lesse Tina quel giorno.

Tu cerca di non farti investigare (completa)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora