Qualche campo da riempire

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-Non abbiamo ancora un Ufficio per la regolazione dei rapporti con i No-mag,- spiegò Tina a Jacob mentre cercava il modulo giusto tra gli innumerevoli fogli che ricoprivano completamente la sua scrivania -per questo ti registrerò io... ah, eccolo qui!- esclamò
prendendo un semplice pezzo di carta identico agli altri, che sarebbe passato completamente inosservato a un occhio meno allenato. Tina, però, conosceva quei documenti come le sue tasche, e sapeva facilmente orientarsi in quell'ammasso apparentemente casuale.
-Non ci vorrà molto.- disse con il suo tono di voce più professionale, al limite della completa inespressività. Prese una penna e scribacchiò qualcosa, poi iniziò con le domande. Gli chiese di tutto: la data e il luogo di nascita, la professione... persino il gruppo sanguigno! Con espressione concentrata, riportò meticolosamente tutte le risposte.
Quando Tina alzò lo sguardo, Jacob pensò che quell'interrogatorio fosse finalmente giunto al termine, ma lei girò il foglio.
-Abbiamo ancora qualche campo da riempire- spiegò. -vedi, dobbiamo essere sicuri di poterci fidare. So che tu non faresti mai niente di male, ma... la legge è uguale per tutti-.
Jacob annuì con un sospiro. Paziente, fornì le informazioni mancanti, poi Tina gli afferrò una mano e usò la magia per prendere le sue impronte digitali, che si disegnarono da sole sul foglio.
-Abbiamo finito!- annunciò l'Auror, appoggiando il foglio sul tavolo e firmandolo sbrigativamente. Passò la penna a Jacob, ma proprio nel momento in cui stava per appoggiarla sul modulo per firmarlo, lei lo bloccò prendendogli il polso.
-Jacob, ascoltami attentamente- disse in tono di avvertimento -firmando questo modulo ti impegni a mantenere segreta l'esistenza della comunità magica a ogni costo, questo significa che potresti essere costretto a mentire alle persone a cui tieni. Sei sicuro di voler continuare a sapere di noi?-
-Siete voi le persone a cui tengo- ribatté lui senza esitare, ma Tina lo guardò severamente negli occhi.
-Non dovrei dirtelo,ma...- lo mise in guardia a bassa voce, il suo tono si era fatto leggermente più morbido e comprensivo -questo documento è incantato. Una volta apposta la tua firma dovrai rispettare esattamente le condizioni del contratto, o...
-Cosa?
-Dimenticherai tutto.
Suo malgrado, Jacob si immobilizzò. Ricordava come si era sentito quando gli era stata cancellata la memoria tempo prima, non avrebbe mai dimenticato quel continuo senso di vuoto, come se mancasse qualcosa, ricordava quell'impotenza che si faceva strada in lui ogni volta che era vicino al ricordare e i pensieri gli sfuggivano, così lontani, così irraggiungibili. Eppure erano i suoi pensieri. Aprì la bocca come per dire qualcosa, ma poi la richiuse: se non avesse firmato quel foglio, gli sarebbe stata cancellata la memoria a prescindere, e se anche fosse riuscito con l'aiuto di Tina ad andare via senza essere obliviato, cosa del tutto improbabile, lui e Queenie (ammesso che lei volesse ancora avere a che fare con lui, certo) avrebbero dovuto continuare a nascondersi, e lui non voleva questo. Voleva solo una vita felice con lei, era davvero tanto da chiedere? Lanciò un'occhiata al foglio e capì di non avere scelta.
-Se questo mi permetterà di stare con lei...- mormorò, stringendo la penna -sì, è quello che voglio-.
Chiamò a raccolta tutto il suo coraggio e lo fece: firmò.
-Hai fatto la scelta giusta- lo rassicurò Tina con un mezzo sorriso.
-Ora posso...?- non gli sembrava vero.
-Ma certo! Da questo momento è perfettamente legale, non hai nulla da temere! Adesso va' da lei, penso che voi due abbiate molto di cui discutere...- lo congedò lei, recuperando poco a poco la sua espressione seria. Jacob sorrise in segno di riconoscenza, una gioia folle che gli esplodeva nel petto, e uscì quasi saltellando. Appena si fu richiuso la porta alle spalle, Tina agitò svogliatamente la bacchetta e riordinò la sua scrivania, facendo attenzione a mantenere, come nel disordine così nell'ordine, lo schema mentale che si era creata per trovare tutto ciò di cui aveva bisogno. Stava giusto per sedersi quando una sensazione di gelo la attraversò.
-Tra i fantasmi non si usa bussare, Madama?- domandò, apparentemente parlando all'aria.
-Non proprio, Goldstein. Siamo un tantino troppo incorporei per farlo...- rispose il fantasma della Picquery facendosi poco a poco più vivido. -ho sentito che qualcuno ha cercato di prendere il mio posto-.
-La prego, mi dica che non ha assistito alla scena...
-Certo che l'ho fatto, questa non potevo assolutamente perdermela!
-Oh no... mi dispiace, sono stata un disastro!
-Sta scherzando? È stata incredibile! Ma... lo prenda come un consiglio, la prossima volta eviti di lasciarsi sopraffare dalla rabbia.
-Ha ragione... faccio del mio meglio per rimanere calma, è solo che Abernathy è sempre così snervante!- l'Auror si lasciò cadere sulla sedia, demoralizzata.
-A questo proposito, Goldstein, avevo in mente...-l'espressione sul volto del fantasma era indecifrabile, sembrava quasi divertita.
-Dovrei preoccuparmi?
Le labbra della Picquery si incurvarono in un sorriso che Tina non riuscì ad interpretare bene.

Robert Abernathy era piuttosto seccato quella sera. Se ne stava nel suo ufficio misurandolo a grandi passi, ora leggendo svogliatamente un modulo, ora afferrando un libro a caso e sperando di trovarci qualche informazione utile. Quella sporca mezzosangue l'aveva fatto ancora: si era di nuovo permessa di ridicolizzarlo davanti a tutto il MACUSA! Aveva messo ancora in discussione la sua autorità, ma chi credeva di essere? Aprì il libro con furia, quasi strappandone le pagine. Doveva trovare il modo per portare quel babbeo al potere, o non avrebbe mai ricevuto la ricompensa che meritava. Se avesse deluso il suo Signore nuovamente, non se la sarebbe cavata bene come le altre volte. L'avrebbe polverizzato. Tremò al solo pensiero.
Forse doveva solo lasciar perdere e scappare, nessuno l'avrebbe mai trovato, ma era troppo ambizioso: voleva comandare il MACUSA a tutti i costi, sentiva il bisogno di quel dolce senso di potere. Tutto quello che doveva fare era vincere le elezioni, o meglio farle vincere a... come si chiamava? Non si era nemmeno disturbato a chiederglielo. All'idiota, insomma. Ma avrebbe risolto tutti quei problemi il giorno dopo, in quel momento non ne aveva alcuna voglia.
Abbandonò quello che stava facendo e aprì il cassetto della sua scrivania digitando una combinazione di numeri segretissima. All'interno c'era una scatola nera dall'aria misteriosa chiusa con ben tre lucchetti. Si guardò intorno con aria circospetta e si abbassò per recuperare le chiavi nascoste sotto un logoro tappeto all'angolo dell'ufficio. Controllò un'ultima volta di essere solo, poi aprì la misteriosa scatola. Al suo interno c'era...
Una radio.
Canticchiando, Abernathy la tirò fuori e la accese, alzando il volume al massimo. Le note di una famosa canzone riempirono la stanza, lui scattò in piedi e iniziò a muoversi a ritmo di musica, fino a lanciarsi in un ballo scatenato. Dopotutto, nessuno poteva vederlo. O almeno così pensava.

A un tratto, la radio si spense, così come le luci, lasciando il mago immobile nel bel mezzo di una piroetta. Un silenzio tombale carico di tensione piombò nell'ufficio. Abernathy si guardò attorno confuso e spaventato, chiedendosi quale fosse la causa di quell'avvenimento, quando un rumore improvviso lo fece sobbalzare: una penna era caduta dalla scrivania, eppure non c'era un filo di vento. Seguì un rumore di passi, poi un grido agghiacciante.

Tu cerca di non farti investigare (completa)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora