Candele profumate e incenso

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Il sole non era ancora sorto a New York. Mancava almeno un'ora all'alba, ma qualcuno nel modesto appartamento delle sorelle Goldstein stava già lavorando per mettere in atto un piano forse un po' insolito, ma indubbiamente brillante.
Tina non aveva mai fatto niente del genere prima, ma sentiva che doveva provarci. Era indispensabile, e lo sapeva. Nell'ombra, l'odore delle candele profumate e dell'incenso riempiva l'aria arrivando direttamente alle narici della strega, che se ne stava seduta al tavolo della cucina, la schiena dritta e un libro aperto davanti a sé. era immobile, e respirava profondamente.
Libera la mente, Tina... continuava a ripetersi, cercando di allontanare per un attimo tutte le sue preoccupazioni, tutti i suoi timori... concentrati sul tuo respiro...
Il silenzio era perfetto, tanto che Tina riusciva a sentire il battito calmo del suo cuore. Si concentrò su quel ritmo basso e costante e continuò a respirare, inalando il piacevole aroma delle candele.
Quando si sentì pronta inspirò a fondo e, senza perdere la concentrazione, allungò una mano e prese cautamente tra il pollice e l'indice un disco di legno. Era il momento della verità. Sperava solo di ricordare bene la teoria...
Le mani le tremavano leggermente, ma si costrinse a stare calma.
Inspira... espira...
Tina si portò lentamente il disco alla fronte, all'altezza di quello che il libro definiva "Terzo Occhio". Mantenendo la calma, immaginò di trasferire la sua energia nel pezzo di legno. Riusciva quasi a visualizzarla: un sottile filamento dorato che abbandonava il suo corpo per fluire nell'oggetto che aveva tra le mani.
Un brivido la attraversò, lo sentì lungo la schiena come una scossa elettrica, e capì che il momento era arrivato. Aprì gli occhi di colpo. Aveva funzionato, lo sentiva...
Appoggiò il medaglione di legno sul tavolo e prese la bacchetta. Con un ultimo respiro profondo la agitò, e sulla superficie legnosa si autoincisero degli strani simboli. Tina guardò soddisfatta la sua opera: non si aspettava di riuscirci al primo colpo.

Stava legando un nastro al piccolo oggetto quando sentì dei passi. Panico. Non pensava che qualcuno si sarebbe svegliato già a quell'ora, e nessuno poteva vederla, nessuno. Si affrettò a spegnere le candele e a far scivolare il disco nella tasca. In quello stesso istante una figura si materializzò sulla porta. Il sole si stava sollevando pigramente, sospeso dietro gli alti grattacieli, e la sua luce calda avvolgeva la figura, che avanzava a passo incerto. Tina sollevò lo sguardo: era Newt. Avrebbe dovuto immaginarlo.
Il Magizoologo sembrava troppo impegnato a fissare il pavimento per accorgersi del forte odore di incenso. O forse se n'era accorto, ma aveva preferito non dire niente.
Il volto di Tina assunse un'espressione glaciale: provò una serie di emozioni contrastanti alla vista di Newt, ma di certo era ancora molto arrabbiata con lui. Non lo degnò nemmeno di uno sguardo, e se non lo aggredì fu solo per il senso di serenità che il rito appena concluso aveva generato in lei.
Rivolse altrove i suoi occhi duri come la pietra e si alzò, senza parlare. Non servivano spiegazioni, e non aveva assolutamente intenzione di darne.  Camminò a passo deciso nella direzione di Newt, che per un attimo si illuminò, ma lei lo superò come se non lo avesse notato affatto. Fece per uscire, ma Newt non si arrese: sapeva che se fosse uscita da quella stanza l'avrebbe persa per sempre, così allungò il braccio e l'afferrò per la manica. Lei cercò di divincolarsi, ma la sua presa era salda.
-Ti prego, Tina. Ho bisogno di parlarti- la implorò Newt. Colta alla sprovvista, Tina si fermò e si voltò lentamente. Anche se provava a nasconderlo, il suo volto era rigato di lacrime. -Per favore, ascolta quello che ho da dirti, poi ti lascerò in pace- continuò lui. -per sempre-.
Tina non rispose, si limitò a guardarlo con le braccia incrociate, in attesa.
-Tina...- sospirò lui. - lo so che sei ancora arrabbiata con me, e ne hai tutto il diritto, ma... vedi... questa guerra in cui ci siamo ritrovati sta mettendo a dura prova i nostri sentimenti e la nostra personalità. Probabilmente in altre situazioni avremmo agito diversamente...-
-Cosa vorrebbe dire con questo?- spesso, quando era molto arrabbiata, irritata o stanca, capitava che Tina si chiudesse improvvisamente a riccio, e quando capitava diventava pericolosa. C'erano vari segni che lo lasciavano intendere, ad esempio quando iniziava di punto in bianco a chiamarti per cognome o a darti del "lei". Se Tina Goldstein inizia a darvi del "lei" pur non essendo in un contesto formale, e non sta scherzando (in tal caso ve ne accorgereste), allora vi consiglio vivamente di iniziare a correre. Questo Newt lo aveva imparato a sue spese, ma quel giorno, per quanto fredda e minacciosa potesse essere la voce di Tina, Newt non corse. Quello che aveva da dirle era troppo importante. Si chiedeva solo se ne avrebbe avuto il coraggio.

-Quello che sto cercando di dire- riprese Newt, tormentandosi nervosamente le mani. -è che mi dispiace per ieri. Tantissimo. Non volevo impedirti di venire con me perché sei una donna. Non è questo il vero motivo per cui volevo proteggerti-.
-Be', allora qual è, sentiamo?
Newt esitò. Doveva esprimere i suoi sentimenti, e non era facile per lui.
-È solo che io...- chiuse gli occhi. Calma Newt, calma... -io non voglio perderti. Tu hai cambiato la mia vita, e non so cosa farei senza di te. E poi...- si bloccò, incapace di andare avanti.
-Cosa?- lo incalzò lei aggressiva, guardandolo con gli occhi socchiusi e le mani sui fianchi. Era ancora arrabbiata, ma c'era una piccolissima parte di lei che, suo malgrado, urlava "avanti, dillo!".
Newt, però, non lo disse.

Istintivamente portò le mani al volto di Tina e colmò la distanza che li separava. Tina spalancò gli occhi, scioccata, e rimase paralizzata, le mani ancora sui fianchi. Le labbra di Newt erano premute contro le sue, poteva sentirne il calore e la morbidezza. Non se l'aspettava. Non in quel momento. Non da lui. Il discorso sulla parità dei sessi che aveva preparato nella sua mente in risposta sparì, così come la rabbia che covava. Le braccia le scivolarono lungo i fianchi in una posizione ben più naturale, chiuse gli occhi e si lasciò andare. I due si strinsero più forte, come nel disperato tentativo di aggrapparsi l'uno all'altra per non lasciarsi più andare. Mai un loro bacio era durato così a lungo, ma presto ebbero bisogno d'aria.

Si staccarono goffamente, e nella fretta i loro nasi si urtarono.
-Ahi!- gemette Tina, massaggiandosi il naso.
-Mi... mi dispiace, io...- balbettò Newt, imbarazzato.
Tina rimase in silenzio per un istante, ma non riuscì a trattenersi a lungo e presto scoppiò a ridere, una risata liberatoria che sembrò sollevarla, almeno in parte, dall'enorme peso che da tempo ormai la opprimeva.
-Miglioreremo col tempo- disse, e anche Newt sorrise.
-Non parleremo più nemmeno di questo, vero?- mormorò il Magizoologo mentre le sue guance assumevano un colore rosso acceso.
-Sta arrossendo, Scamander?- lo canzonò Tina, ridendo ancora più forte.
-Le farà piacere sapere, Goldstein,- la imitò lui. -che anche il colore della sua faccia non si allontana troppo da quello di un pomodoro-.

Quando Tina tornò nella camera da letto il sorriso non aveva abbandonato le sue labbra. Queenie era lì ad attenderla. Era stata svegliata dai suoi pensieri, e sapeva dell'accaduto, ma l'espressione sul suo volto non era scherzosa o affettuosamente derisoria, come Tina si sarebbe aspettata. Era invece estremamente seria. Il sorriso morì sulle labbra di Tina, che si sedette sul suo letto e rivolse alla sorella uno sguardo interrogativo.
-Sicura di volerlo fare?- chiese la Legilimens.
-Più di prima- rispose l'Auror.
-Teen... non sei obbligata a farlo. Ti prego, pensaci: è molto rischioso, potresti non tornare mai più...
-Tornerò. Non devi preoccuparti.
-Sai che lui ne soffrirà?
-È l'unico modo.
Queenie abbassò il capo, trattenendo a stento le lacrime. Tina non voleva questo, non voleva che sua sorella stesse male per lei. Giurò a se stessa che avrebbe fatto di tutto per tornare da lei.
-Ascolta, voglio che tu abbia questo- disse, alzandosi in piedi e porgendole il piccolo oggetto di legno.
Queenie osservò lo strano medaglione: sulla superficie erano incisi dei simboli che era sicura di non aver mai visto prima, e al centro spiccava il disegno di un arcobaleno.
-Che cos'è?- chiese, tirando su col naso.
-Un Talismano Runico- rispose Tina, sedendosi accanto a lei. -c'è scritto "dio Heimdallr, proteggi mia sorella Queenie"-
-Heimdallr?- ripeté Queenie. il nome le suonava completamente nuovo.
-Il dio nordico della sorveglianza- spiegò Tina. -veglierà su di te. L'arcobaleno al centro è uno dei suoi simboli, e ho pensato che ti sarebbe piaciuto vedere tutti quei colori nei momenti più difficili...-
-Hai pregato un dio nordico di dubbia esistenza di proteggermi e poi dici a me di non preoccuparmi?- disse la più piccola, incredula.
-Ti fidi di me?- le domandò l'altra con il suo tono più rassicurante.
Queenie strinse il talismano e lo indossò, facendosi passare il nastro intorno al collo. Lo trovava davvero carino, in fin dei conti. Lo guardò ancora una volta e poi annuì: sì, si fidava di lei.

 Lo guardò ancora una volta e poi annuì: sì, si fidava di lei

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