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Pickett l'Asticello era molto intelligente.
Ma era anche molto timido, e non aveva amici a parte mamma Newt. Non era colpa sua, aveva provato più volte a conoscere gli altri Asticelli un po' meglio, ma loro lo detestavano. Dicevano che non c'era spazio per gli strambi sul loro albero. Eppure lui non aveva fatto nulla di male, la sua unica colpa era quella di avere una mano dotata di tre dita artigliate piuttosto che due. E poi, Pickett era un tipo avventuroso: gli piaceva andare in giro e vedere il mondo. Fu per questi motivi che decise di fare di mamma Newt il suo albero. Adorava stare nel taschino del Magizoologo, era quella la sua vera casa. Quel giorno, però, lui l'aveva abbandonato. Aveva stabilito che doveva imparare a convivere con gli altri Asticelli, e lo aveva lasciato sul tanto odiato albero.
-Coraggio, Pickett! So che può sembrare difficile, ma starai bene qui...- aveva detto con gentilezza.
Lui, però, non stava affatto bene. Era molto triste, perché tutti gli rivolgevano occhiate diffidenti, lo guardavano come si fa con gli umani cattivi che tagliano gli alberi.
Avevano paura di lui.

Tina l'Auror era una brava persona.
Tutto quello che voleva era fare il suo lavoro e fare del suo meglio per aiutare la Comunità Magica.
Ma, come i bravi Asticelli, anche le brave persone spesso soffrono più di tutti. Anche Tina era costretta a fare i conti con quegli sguardi terribili, con la disapprovazione della gente, accusata di un crimine che non aveva commesso.
Avevano paura di lei.
Eppure lei non aveva fatto nulla di male. Era immensamente triste, la sua vita era rovinata per sempre. Aveva fallito. Tutto quello che aveva fatto era stato inutile, perché da quel momento era stata ufficialmente lei ad uccidere la Picquery. Per tutte quelle persone era una pericolosa assassina, e non c'era alcuna possibilità che cambiassero idea: quell'articolo era stato tanto persuasivo che quasi aveva convinto anche lei. Nessuno si sarebbe mai più fidato di lei. Quella consapevolezza la schiacciò. Frustrata, non riuscì a trattenere le lacrime. Si coprì il volto con le mani e pianse. Pianse finché la testa non iniziò a farle terribilmente male.
Poi la disperazione lasciò spazio alla rabbia, una furia cieca eppure silenziosa. La sentiva crescere e crescere dentro di sé, ma era troppo grande perché potesse esprimerla o sfogarla in qualsiasi modo, così la intrappolò dietro una maschera di indifferenza. Il suo aspetto esteriore era calmo, glaciale, niente lasciava intuire la sua collera.

Pickett non poteva rimanere lì un minuto di più. Saltò giù dal ramo su cui mamma Newt lo aveva lasciato e sgattaiolò via.
Grazie alle sue abilità di scassinatore, riuscì più o meno facilmente a uscire dalla valigia e dall'appartamento, così si ritrovò presto a vagare per le strade dell'enorme città.

Anche Tina, finita la sua giornata di lavoro, stava tornando a casa. Camminava a testa bassa, evitando gli sguardi di tutti, consapevole del fatto che qualunque cosa avrebbe potuto risvegliare quella furia colma di odio assopita dentro di lei.
Quello che non si aspettava era di sentire qualcosa tirarle l'orlo dei pantaloni. Si chinò per vedere cosa fosse, e le bastò uno sguardo per capire: un rametto verde. Pickett.
-E tu cosa ci fai qui? Quello scapestrato ti ha lasciato scappare di nuovo? Ah Newt, considerati morto!- disse, ma nelle sue parole non c'era rabbia. Era come se la vista dell'Asticello l'avesse cancellata. Certo, era ancora lì, ma non sembrava più tanto insopportabile. Pickett non sembrò prestare molta attenzione al monologo di Tina. Le cinse la caviglia con le sue minuscole braccia come per abbracciarla e lei, intenerita da quel gesto, contro ogni previsione, accennò un sorriso. Per qualche motivo, il conforto di quel rametto vivente era proprio quello di cui aveva bisogno. Sentiva una specie di strana connessione con quella creatura. Prese l'Asticello tra le mani con estrema delicatezza e se lo appoggiò sulla spalla. Per un attimo, trovò il coraggio di rilassarsi nonostante tutto. Del resto, lei sapeva di essere nel giusto, non aveva bisogno di essere apprezzata da tutti. E poi, poteva ancora aiutare: aveva ancora il suo piano. Si chiese per quanto tempo ancora sarebbe riuscita a tenerlo nascosto.

Quando Tina tornò a casa, un pensiero le attraversò la mente bloccandola sulla porta. La paura tornò: da quel momento lei era un'assassina, una criminale, e sapeva cosa succedeva ai criminali nell'America magica. Era solo questione di tempo prima che la Squadra Investigativa si riorganizzasse, e allora sarebbe stata presa. Sarebbe stata sbattuta in cella, e poi... un senso di orrore si impossessò di lei quando la Cella della Morte le si materializzò davanti agli occhi, terrificante e spaventosamente reale.
I suoi pensieri vennero bruscamente interrotti quando sentì un rumore provenire dalla stanza accanto. Qualcosa si era frantumato al suolo. Quando andò a controllare, trovò una Queenie immobile, pallida e spaventata, che la guardava con gli occhi sbarrati. Ai suoi piedi una tazza di ceramica era in frantumi, e tutto il liquido che conteneva era sparso sul pavimento.
-Queenie, cosa...?- tentò di chiedere Tina, ma la Legilimens indietreggiò intimorita.
-I... i tuoi pensieri...- disse con un filo di voce. - l'hai... uccisa tu...-
Per Tina vedere la sua stessa sorella spaventata da lei (per un equivoco, tra l'altro) fu semplicemente troppo. Una lacrima le rigò la guancia.
-No!- replicò con la voce spezzata.
-Ma tu stavi pensando...
-Ti prego, leggi più a fondo. Guarda meglio, Queenie.
La più piccola indietreggiò ancora, ma si prese un momento per entrare completamente nella mente di Tina. Notò subito qualcosa, come un muro, che bloccava un pensiero in particolare, uno solo. Era sottile, ma c'era. Sua sorella le stava nascondendo qualcosa. Comunque, decise di non abbattere quel muro e andò in cerca degli avvenimenti di quel giorno, che la lasciarono senza parole. La sua espressione si fece ancora più scandalizzata.
-Teen, è terribile...
Tina si abbandonò su una sedia sospirando, ma Queenie le fu subito accanto.
-Andrà tutto bene, vedrai- tentò di consolarla.
Andrà tutto bene... andrà tutto bene... no, non sarebbe andato tutto bene. Non succedeva mai.

Tu cerca di non farti investigare (completa)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora