•Quarantacinque•

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Non si possono evitare i fraintendimenti, ma si può evitare che non ci siano dei chiarimenti!
-Antonio Fontana.

Sono seduto su questo dannato muretto da più di un'ora ormai, le gambe che dondolano andando avanti e indietro e il fumo di sigaretta che mi entra nei polmoni dandomi una forza inesistente.

Ieri dopo aver parlato con Nikolai sono andato a casa e le sue parole mi ronzavano nella mente come un ritornello di una canzone che senza rendertene conto è entrato dentro di te e non riesci a farlo uscire.

"L'unico consiglio che posso darti è quello di non far vincere l'orgoglio. È tuo padre e tu sai più di chiunque altro quanto hai sperato in questo momento."

Ancora ora sono qui, nella mia cazzo di testa ed è per questo motivo che oggi anche se Lara non è andata all'università io sono lo stesso seduto sul muretto di fronte alla scuola attendendo che qualcuno esca da lì.

Mancano dieci minuti alla fine delle lezioni, automaticamente mancano dieci minuti e William uscirà da quella porta.

Ma pensandoci bene dieci minuti sono abbastanza per alzarmi e scappare via di qui, ma mentre nella mia testa si insinua questo pensiero lui è già uscito e i suoi occhi sono già puntati su di me.

Scendo dal muretto e le gambe iniziano a muoversi in modo fastidioso, i suoi occhi sono ancora su di me ma molto più vicini.

-Aiden- pronuncia il mio nome quasi con bisogno.

Non dico nulla, anche perché non so cosa dire. Perché sono qui? Perché non ho preparato un discorso prima di presentarmi davanti a lui?

-Cosa fai qui?- chiede vedendo che non parlo.

-Sono qui per te- dico per poi pentirmene il secondo dopo, sembrano quelle stronzate sentimentali.

-Per me?- ripete sorpreso ma nello stesso tempo felice.

-Si, cioè per parlare con te- boccheggio come un imbecille.

-Ti va una cioccolata calda?- chiede indicando la sua auto.

-Preferisco un caffè- rispondo velocemente avviandomi a piedi al bar più vicino all'università.

Mi segue senza dire niente, camminiamo l'uno accanto all'altro, entrambi con il viso basso e con centinaia di pensieri a ronzarci in testa.

Arrivati ci accomodiamo all'interno e sia io che lui ordiniamo un caffè lungo, attendendo la nostra ordinazione ci guardiamo insistentemente.

Abbasso gli occhi sul mio caffè mentre nella mia mente si insinua l'immagine di mia madre da ragazza con lui. Provo ad immaginarli innamorati proprio come lo siamo io e Lara ed è per questo motivo che le parole mi escono dalle labbra senza controllarle.

-Parlami di lei, di quanto stavate insieme-

I suoi occhi mi scrutano tristemente e la sua bocca prende il comando di lui, lasciando uscire fuori ogni cosa su mia madre.

-Era una ragazza solare e socievole ma anche molto riservata, era bellissima, la donna più bella che io abbia incontrato in tutta la mia vita. L'ho amata con tutto me stesso, lei era qualcosa di meraviglioso, so che non dovrei dirlo ma non ho amato più nessuna nello stesso intenso e profondo modo in cui ho amato tua madre. Quando lei ha deciso di non vedermi più è stato il giorno più brutto della mia vita.-

-Come non biasimarla- dico interrompendolo.

-Infatti mai ho detto che lei abbia sbagliato, sono stato io a sbagliare nei suoi confronti, ero uno stupido immaturo- abbassa la voce sull'ultima frase.

So che è pentito delle sue scelte, lo si capisce da come ne parla, dal modo in cui parla di mia madre. So che era innamorato di lei ma mi è difficile capire perché l'abbia abbandonata. Io amo Lara follemente è solo pensare di lasciarla mi fa sentire male, solo pensarlo mi crea un buco nel petto.

Un'altra domanda mi salta alla mente, solo che questa volta riguarda me.

-Cosa hai provato quando sono nato io? Cosa hai sentito nello stringermi tra le tue braccia?-

Vedo i suoi occhi riempirsi di lacrime -Ricordo quel giorno come fosse ieri, il dottore mi chiamò dicendomi che mio figlio era nato. Non riuscii a realizzarlo fino a quando non ti vidi tra le braccia di tua madre; ti presi in braccio e sentii il cuore battere fortissimo, mi guardavi con gli occhietti semichiusi. Ricordo di aver pensato che fossi uguale a tua madre e sopratutto che eri bellissimo. Le tue piccole mani mi sfioravano delicatamente ed io non riuscivo a credere che tu fossi mio figlio. L'emozione, la gioia e le lacrime che mi invasero in quel momento non riesco neanche a spiegartelo. Diventare padre è una gioia immensa che ti auguri con tutto me stesso; perché in quel momento capisci cosa saresti in grado di fare per un esserino così piccolo, daresti anche la tua vita stessa per proteggere il tuo piccolo ometto- finisce il suo discorso con le lacrime a rigargli il viso.

-Allora perché non l'hai fatto?- chiedo arrabbiato.

Sentirgli dire tutte quelle parole su di me, sentirgli raccontare l'amore che ha provato per me sin da subito mi rende felice ma poi penso che nonostante tutto, nonostante provasse tutto ciò per me, è andato via lasciandomi senza il suo amore.

-Non mi sentivo abbastanza per te, non avevo nulla da darti e mi odiavo per questo. Perché quando ti tenni tra le mie braccia mi promisi che ti avrei dato anche il mondo stesso se ce ne fosse stato bisogno-

-Will a me bastavi tu- ripeto ancora.

-Lo so, lo so- dice tristemente -Ed è per questo che sono qui a parlarti ora, nella speranza che ancora oggi tu mi voglia nella tua vita come allora- le lacrime continuano a scendergli sulle guance ed io non so cosa fare.

Fa male vederlo così, fa male sapere che lui possa soffrire così tanto e sopratutto che il motivo della sua sofferenza sono io con il mio stupido orgoglio.

-Forse- dico alzandomi, un piccolo sorriso gli si crea sul viso.

-Mi basta- si asciuga il volto bagnato.

-Senti Will, la settimana prossima mi sposo e vorrei che tu venissi al matrimonio- senza aspettare una risposta esco dalla caffetteria.

So di aver fatto la scelta giusta, è mio padre e io nel profondo so di aver bisogno di lui proprio come quando ero bambino!

Aiden (IN REVISIONE) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora