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Pov Leo

- Dov'è?! - gridai, muovendo qualsiasi cosa sul tavolo del Bunker Nove. Stavo impazzendo. Avevo perso un progetto molto importante e senza quello non potevo portare a termine la mia nuova invenzione.

Ero così nervoso che non mi accorsi nemmeno che c'era qualcuno dietro di me.

- Dov'è cosa? - domandò quel qualcuno, e io saltai a mezzo metro di distanza per lo spavento.

- Ma che ti prende? Sembri impazzito! - esclamò la mia ragazza (alias Arianna).

Mi scrutò in viso e scosse la testa, con le mani sui fianchi. - Hai di nuovo perso qualche tuo importante progetto?

Annuii a testa bassa. Arianna sospirò battendosi un mano sulla fronte. - Dove ti ricordi di averlo lasciato?

Cercai di ricordare: lo avevo preso, avevo aggiunto un po' di dettagli e poi l'avevo posato. Cercai anche di ricordare dove mi trovavo. Ero piuttosto sicuro di essere al Bunker Nove, ricordavo che era un luogo un po' buio, illuminato da una luce quasi arancione. Quella descrizione si addiceva perfettamente al Bunker Nove.

Prima di accorgermi che era sparito stavo ricontrollando che le viti e le giunture di Festus fossero ben funzionanti. Il giorno successivo, all'alba, Shara e Victoria, una ragazza della cabina di Ecate, sarebbero partite per la loro prima impresa nel mondo mortale. Shara mi aveva chiesto il permesso di portare Festus con loro, così da riuscire ad attraversare il Paese più facilmente. Non si sentiva sicura a viaggiare per terra. Non so quale sia stato il motivo, ma le avevo dato il permesso. Mi stavo accertando che funzionasse bene per la partenza.

- Ricordo che era un luogo con scarsa luce, illuminato da una luce arancione. - mi pulii le mani sporche di olio con una pezza lì vicino. - Di solito quando perfezionò i miei progetti non guardo dove sono. Forse era sera.

Arianna si mise una ciocca di capelli neri ribelle dietro l'orecchio. Quel giorno li aveva legati in una semplice coda di cavallo, ma le ciocche della frangetta di lato erano sfuggite, così le ricadevano sul viso. Gli occhi verde acqua erano incorniciati da le lunghe ciglia scure su cui aveva messo un po' di mascara.

Mentre mettevo a posto delle carte, urtai per sbaglio il suo braccio destro. Arianna urlò di dolore.

- Oh, santo Efesto! - esclamai. - scusa.
Lei inghiottì un'imprecazione. Chiuse gli occhi per un paio di secondi. - Non fa niente, Leo.

- Oh, a proposito, come va il braccio?
Mi fulminò con lo sguardo. Sono proprio una frana. - Come ti sembra che vada? Fa un male cane quando lo urto con qualcosa.

Si era rotta il braccio durante una partita a Caccia alla Bandiera, quando si era appostata su un albero per la linea d'attacco. Stava aspettando che la sentinella si distraesse, in modo da coglierla di sorpresa, ma ad un certo punto aveva perso l'equilibrio ed era caduta, purtroppo, atterrando sul suo braccio destro.

Cercò di muoverlo, ma poi sbuffo. - Odio non potermi muovere per colpa di questo coso. - indicò il gesso. - Stamattina ho sbattuto per sbaglio il braccio su un mobile - piagnucolò. - Non immagini che dolore.

Si avvicinò al tavolo e iniziò a rovistare nel mio stile. - É il progetto per quel nuovo specchio video che funziona come la webcam dei computer?

Annuii, togliendomi gli occhialoni da saldatore. Li appoggiai su una mensola che avevo messo io stesso poco tempo prima. - Allison mi aveva dato questa idea un po' di settimane fa, così mi sono messo d'impegno e sono riuscito a progettarlo. - mi passai una mano tra i capelli, nervoso. - E ora se non ho il progetto non posso fare nulla. Mi serviva, porca Era!

Senza Te Non VivoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora