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La mattina del venticinque dicembre, mi svegliai presto. Aprii lentamente gli occhi, rendendomi conto di trovarmi tra le accoglienti braccia di Percy. La stanza era scura, quindi ipotizzai che fosse mattina presto.

Sentivo le mani calde di Percy sul mio pancione e il suo respiro caldo sul collo. Mi girai verso di lui, cercando di muovermi il più piano possibile, per non svegliarlo. Quando fui di fronte a lui, gli accarezzai la guancia che non vedeva lacrime da quasi due mesi.

Sorrisi, pensando a quanto avessi sofferto quando lui piangeva così tanto che avrebbe potuto riempire il serbatoio di un'auto in una sola settimana. Era stato orribile vederlo soffrire per colpa mia, ma ora che stava meglio non potevo che pensare che ne fosse valsa la pena.

Dato che era ancora presto, mi accoccolai al suo petto e cercai di riaddormentarmi, facendomi cullare dal battito regolare del suo cuore e dal suo respiro. Russava leggermente, del genere che non dà assolutamente fastidio, ma che tranquillizza.

Chiusi gli occhi, sperando che con il suo calore e la tranquillità del suo abbraccio riuscissi a riaddormentarmi. Le palpebre cominciarono a farsi pesanti, anche se mille pensieri mi affollavano lo stesso la mente, come di consueto in quel periodo.

Purtroppo, però, non riuscii a riaddormentarmi. Dopo forse quaranta minuti di tentativi falliti, pensai che non c'era verso: avevo già dormito abbastanza. Allora feci mettere a Percy la testa sul mio seno, accarezzandogli i capelli. Lui mugugno, ma non si svegliò.

Non ricordavo di essermi addormentata nel letto, ma pensai che probabilmente mi ci aveva portata Percy quando era andato a dormire anche lui. Proprio quando lo pensai, emise una specie di sbuffo che mi fece sorridere intenerita e si strinse a me, come un bambino che stringe l'orsacchiotto.

Gli baciai la testa, seppellendo il naso nei suoi capelli neri. Una volta era talmente stanco che si era addormentato mentre stavamo cominciando a farlo. Non ero riuscita ad arrabbiarmi, perché era troppo carino. Avevo preparato una cosa speciale, quella notte, ma era tornato a casa sfinito.

In quel momento, uno dei bambini tirò un calcio. Non era particolarmente forte, ma mi mozzò comunque il respiro. Forse Percy lo sentì, perché posò una mano sul mio pancione. Gli lasciai un bacio sulla testa e dopo essere rimasta per un po' tra le sue braccia a godermi il suo calore decisi di alzarmi.

Mi mossi il più piano possibile, cercando di non svegliare Percy. Tommy, che dormiva accanto a noi, aprì i suoi occhioni neri e mi seguì, passando sopra a Percy, che nemmeno lo notò per quanto dormiva profondamente.

Sorrisi e gli accarezzai i capelli, per poi alzarmi cautamente dal letto, togliendoli il piumone di dosso. Cercai le pantofole ma non le trovai, quindi mi passai una mano nei capelli per tirarmeli fuori dalla bocca per poi uscire dalla nostra camera.

Mi stropicciai gli occhi, cercando di non schiacciare qualche parte del corpo dei ragazzi che dormivano nei loro sacchi a pelo sul pavimento del salotto. Per poco non schiacciai la mano di Jason, ma riuscii a spostare il piede in tempo.

Finalmente riuscii a superare il campo dei cadaveri e raggiunsi la cucina. Notai che anche qualcun altro era sveglio a quell'ora. Arianna era seduta su una sedia accanto alla finestra e guardava il sole sorgere sui grattacieli di New York.

Si accorse di me solo quando presi la mia tazza preferita dalla credenza, facendo un po' di rumore. Si voltò, mentre versavo del latte nella mia tazza, per poi metterla nel microonde per due minuti, in modo che fosse bella calda come piaceva a me.

Presi il cioccolato in polvere e un cucchiaino, poi presi una sedia e la portai accanto a quella di Arianna, che stringeva anche lei una tazza in mano, con i capelli scompigliati con le punte blu che le arrivavano alle spalle.

Senza Te Non VivoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora