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Dopo che Annabeth venne a fare pace con me, mi sentii come se mi fossi tolto un grosso peso dalle spalle. - Ci mancherebbe solo Grover - notai, un po' malinconico. - Così il vecchio trio sarebbe al completo.

Annabeth annuì, abbassando lo sguardo, poi sospirò. - Purtroppo non c'è. Verrà sicuramente per la nascita dei bambini, questo é sicuro.

- Hai ragione - concordai, sorridendo mentre Jason e Frank giocavano con i videogiochi. - Non perderebbe di vedere i miei figli per niente.

- Sono felice per te. - mi disse Annabeth, sorridendomi sincera. Poi Piper chiamò le ragazze per aiutarla a cucinare. - Devo andare: la grande madre chiama.

Sorrisi alla battuta, poi Tommy iniziò a girarmi attorno, come se volesse farsi un'altra passeggiatina. - Okay - mi arresi, dando una carezza al mio cagnolino. - Devo vestirmi, però.

- Pip, devo portare Tommy fuori. Sta scalpitando - la informai, dandole un bacio veloce sulle labbra. - Mi chiami quando é pronto?

Lei sorrise e annuì, dandomi a sua volta un bacio, ma stavolta sulla guancia. Detto questo, andai in camera e presi una felpa rossa e dei jeans blu. Un cappello blu come i jeans e il giubbotto, che era nero.

Legai Tommy al suo guinzaglio e uscii chiundendomi la porta alle spalle. Tommy mi scodinzolò intorno, festoso, come se sentisse l'atmosfera gioiosa. Lo portai a Central Park, che era il mio angolo di paradiso.

Slegai Tommy nell'area cani, che era completamente innevata. Tolsi la neve da sopra un panchina e mi sedetti, mettendomi i gomiti sulle ginocchia, con la testa tra le mani. Presi una bella boccata d'aria, per poi espirare profondamente.

Adoravo la pace di quel posto. Quando ero ancora a scuola, venivo a Central Park per uscire da quella realtà fatta di incubi, esami e brutti ricordi. Mi sedevo su una panchina, o direttamente sull'erba se era primavera, e rimanevo in silenzio con gli occhi chiusi. Ci ero cresciuto in quel parco. Mia madre mi ci portava quando ero piccolo.

Mi tornò in mente quando mi portava lì nonostante fosse inverno, durante le vacanze di Natale, e giocavamo con Arianna a palle di neve finché non cadevamo a terra stremati dalla stanchezza e dalle risate. O quando era estate andavamo a fare i picnic dopo che tornava dal lavoro.

Sospirai. Una nuvoletta bianca uscì dalla mia bocca per via del freddo. Lo so, non avrei dovuto ripensarci, ma mi ritornava sempre in mente. Non volevo pensare il fatto di ricordarla come una cosa dolorosa, però. Mia madre era stata il mio punto di riferimento per anni. Nonostante notassi che era sempre triste e preoccupata quando tornavo a casa da una scuola da cui ero appena stato esplulso, mi sorrideva comunque come se fosse la cosa più bella che le fossi mai capitata.

Certe volte, durante gli anni di scuola, mi ero ritrovato a chiedermi come sarebbe stata la vita della mamma se non avesse incontrato Poseidone e se noi non fossimo mai nati. Sarebbe stata migliore? O avrebbe sofferto lo stesso?

Ora che anche io stavo per diventare genitore, mi chiedevo spesso se mia madre avesse saputo fin dall'inizio che avrei fatto grandi cose. Sapeva vedere attraverso la Foschia, aveva sempre saputo che prima o poi sarei dovuto andare al Campo Mezzosangue anche se avrebbe voluto tenermi con sé il più a lungo possibile.
In quel momento, mi chiesi se quando i bambini saranno nati e ci dovessere essere bisogno che loro vadano in battaglia, riuscirei a lasciarli andare come ha fatto lei? Ne avrei avuto la forza? Probabilmente no.

Non erano ancora nati e già li amavo con tutto il cuore. Proprio non riuscivo a capire come facessero gli dei a lasciare i figli semidei nel mondo mortale e lasciarli da soli, contro un mondo ostile. Come facevano a non avere sensi di colpa? Come riuscivano a lasciarli da soli?

Senza Te Non VivoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora