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Quella giornata cominciò nel migliore dei modi: con un incubo. Mi trovavo in un arena. Schiere di mostri, semidei e titani acclamavano dagli spalti, incintando il combattimento.

Davanti a me si trovava un ragazzo più grande di me, con una benda sull'occhio e i capelli neri. Lo riconobbi subito: era Ethan Nakamura, il ragazzo che avevo salvato dal Labirinto ma che poi di era rivelato un traditore, unendosi alle armate di Crono.

- Dobbiamo combattere - mi incitò alzando l'arma. Aveva una spada in una mano e un scudo nell'altra. Sembrava pregarmi con lo sguardo. - O ci uccideranno entrambi.

- Potremmo scappare - gli suggerì, come se non ricordassi che era morto come molti altri. Lanciai un'occhiata a Luke negli spalti. Ci scrutava curioso, ansioso di veder chi si sarebbe fatto avanti per primo. - Io ti copro, tu scappi.

- Non posso - insistette, cocciuto. - Mi unirò all'esercito di Crono. Non voglio stare nel vostro stupido campo, stipato nella cabina di Ermes solo perché non ho una madre potente come la tua amica laggiù - indicò Annabeth.

E allora la mia rabbia salì a mille. Lo attaccai di sorpresa, ma lui parò il mio colpo. - Come vuoi - ringhiai. - Se vuoi morire per il male, accomodati.

Lo incalzai con un affondo verso di una fessura nell'armatura, ma lui intercettò Vortice e cercò di disarmarmi, ma ero bravo. Mi tirai indietro e feci una finta, poi contrattaccai. Sollevò lo scudo per proteggermi, ma io fui più veloce. Mentre era distratto a sollevare lo scudo, lo colpì al polso con Vortice e la sua spada volò dall'altra parte dell'arena.

Gli puntai Vortice alla gola, bloccandolo a terra. - Ultima possibilità - gli concessi. - Scappa o ti ammazzo.

Diversamente da come era successo nella realtà, lui non scappò. Mi guardò con odio e sibilo: - Non riuscirete mai a resistere alla potenza di Crono. Sarete sconfitti, e io sarò il primo ad attaccarti fino ad ucciderti, Jackson. Ucciderò tutte le persone a cui vuoi bene. - il suo volto si tramutò in quello di Luke. Una scarica di rabbia e odio mi attraversò il corpo e affondai la lama più in profondità nel suo collo. - Sì, Percy - parlò con la voce di Luke. - Annabeth ama me. Tu sei solo un sostituto. Lo vedi come mi guarda. Non ti amerà mai veramente. Nessuno lo farà.

Non ce la feci più e gli affondai la spada nel petto, proprio nel cuore. Annabeth strillo e io mi svegliai in un bagno di sudore.

Mi alzai a sedere così bruscamente che il letto sobbalzò. Piper non si svegliò, ma si limitò a mugugnare qualcosa di incomprensibile e girarsi dall'altra parte. Aveva il sonno più pesante del mio.

Mi portai una mano al petto, sul cuore, che batteva come un pazzo. Mi passato una mano tra i capelli, cercando di scacciarmi quelle immagini dalla mente. Avevo voglia di urlare ma mi trattenni.

Mi tolsi le coperte di dosso e mi alzai, senza nemmeno cercare le pantofole. Mi diressi dritto in bagno e mi appoggiai al lavandino, cercando di calmarmi. Di risveglio in questo modo me ne capitavano a bizzeffe, ma ultimamente stavano diventando sempre più frequenti.

Era buio, dato che non avevo acceso la luce, ma dalla finestra del bagno entrava la luce della luna e quella dei palazzi di Manhattan, con le luci a neon anche fino all'alba. Mi scacquai la faccia e poi mi guardai allo specchio, passandomi una mano tra i capelli.

I miei occhi, di solito luminosi anche al buio, erano diventati scuri, come succedeva sempre dopo un incubo. Ero senza maglietta, visto che nonostante fossimo alla fine di novembre, avevo sempre talmente caldo che finivo per togliermi la maglietta ogni notte.

Non accesi la luce. In quella situazione, il buio era un buon nascondiglio, anche se nessuno mi stava guardando. Mi accorsi di star piangendo solo quando alzai nuovo lo sguardo sullo specchio. Me le asciugai subito con il dorso della mano, soffocando un singhiozzo.

Senza Te Non VivoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora