3.|Deep eyes.

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La spiaggia è deserta come sempre, mi ritrovo a disegnare orme sulla battigia senza fretta di andare: perchè una meta tanto non ce l'ho.

Reggo le vecchie converse al petto come se fossero una reliquia, le ho bagnate di acqua gelida e tenerle ai piedi sarebbe un dramma.

Sarà che è bello sentire la sabbia sotto i piedi, che il cielo sembra tendere al giallo pur restando di un blu sbiadito ed io sono lontana da casa, lontana dai miei affetti ed annoiata.

La notte appena passata è stata un inferno, ho provato più volte a rigirarmi nel letto per far sparire quelle immagini orrende del sogno ma ho finito con il peggiorare la situazione: ogni qual volta i miei occhi accennavano a cedere quella maledettissima voce diventava un sussurro appena accennato all'altezza del collo.

Mi sono sentita persa, turbata e probabilmente esausta.

Sono uscita di casa che era ancora buio, ho avuto paura dell'ombra di un gatto e fatto i conti con il silenzio fino in spiaggia.

Qui tutto rivive.

Alcuni stabilimenti balneari si proiettano a poca distanza da me, sono tristi e vuoti con i loro ombrelloni appena mossi dal vento e le sedie a sdraio fantasma.

5 a.m

Mi lascio cadere su una delle tante sdraio, avverto gli occhi bruciare per il sonno e le palpebre quasi crollare sotto il tocco di Morfeo.

Se solo potessi essere sicura di quanto mi accadrebbe da dormiente, se solo non fossi così facilmente impressionabile...

<<Mmhh.>>

Il rumore della spuma delle onde copre appena un bisbiglio, avverto come la presenza di qualcuno nell'oscurità.

Non dovrei girare tutta sola di notte, eppure lo faccio da quando ero bambina: ho sempre segretamente amato rincorrere le lucciole in giardino quando il quartiere poco a poco calava nell'ombra.

Ed ora eccomi a cacciarmi nei guai, a rabbrividire quasi timorosa della mia stessa ombra.

<<Mmh.>>

Questa volta l'oceano tace lasciando che quel suono inarticolato si faccia più intenso, trattengo il respiro indietreggiando quel poco che basta per prendere coscienza di quanto accade intorno a me.

Una parte di me dice di restare, l'altra di andare.

E' una battaglia senza precedenti tra maturità e curiosità, ed io sono troppo assorta per sentire.

Si tratta infatti di percepire.

Percepire sui miei polsi una presa salda, quasi queste ossa potessero sorreggere il peso del mondo: qualcuno si è aggrappato a me.

Sono mani maschili, sudate e forti dalle dita affusolate e lisce.

Un tocco così violento eppure delicato, non saprei descrivere l'assenza di cattive intenzioni usando aggettivi vuoti.

<<Chi...>> accenno.

Vengo lasciata andare con la stessa velocità, la stessa velocità che per poco tempo ha saputo ingannare la mia lucidità.

Un respiro affannato appena sul mio collo, il peso del capo di uno sconosciuto contro la mia nuca: non ho tempo materiale per realizzare, pur volendo non riuscirei a voltarmi.

Il fiato mi si mozza nuovamente in gola.

Avverto i polpastrelli dello sconosciuto rincorrere lo scollo sulla mia schiena provocando piccole scosse di solletico, tracciano carezze non richieste e forse nemmeno volute dallo stesso.

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