45.| Holy Shit.

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Brancolo nel buio aiutata dalla luce dei lampioni e di quella della sigaretta accesa  relegata all'angolo della bocca, stretta a malapena tra labbra gelide che non smettono un secondo di tremare.

Per quanto io possa tentare di nascondere il battere incessante dei miei denti il vento si diverte a tracciare incertezza sulla mia pelle scavando a fondo fra le scapole, il tessuto di velluto che ho indosso serve a poco più che sentirmi bene con me stessa.

Quest'aria fredda impregna la carne così bene dal farmi affogare nei miei stessi brividi, è da un po'che per lo stringermi nel mio blazer la catenina di Juss sta incidendo graffi sulla mia pelle.

L'insegna del cinema all'aperto diviene man mano più lontana e nel mentre il parcheggio si apre intorno a noi.

Penso sia una di quelle trovate così speciali, Chad con quelle sue guance rosse e l'innocenza in volto è un inguaribile romantico.

Portare qui Alicia per coronare un primo appuntamento, le giostre ed ancora le lattine di Coca e l'odore dei pop corn caldi...

Le caramelle rotolano nell'involucro producendo uno strano gorgoglio, le urla dei ragazzi che si precipitano fra le bancarelle è qualcosa di così distante dalla mia attuale condizione.

Direi crudele.

Lancio un'occhiata di traverso alle effusioni che una Alicia barcollante dedica ad un Chad inspiegabilmente timido, sono cosi belli insieme sembra quasi che la vita li abbia voluto tali.

No, non è una cosa scontata quando si è stati ad un passo dall'assaporare i lati più oscuri del dolore.

Il marciapiede sporco sembra essere infinito, i tasselli rotti fremono sotto me sbilanciandomi ad ogni passo, sbuffo una nuvoletta di fumo decidendo di camminare lungo l'asfalto.

Stasera vorrei che qualcuno mi tendesse il braccio.

80 chiamate senza risposta, il confronto evitato, l'ignorarsi al distributore e a mensa correre su per le scale: ripeto mentalmente la mia settimana priva di aspettative mentre rifiuto a manetta le chiamate di zia Margaret.

Una bambina scettica mi oltrepassa imbronciata, la madre ripete in maniera insistente che per quanto non lo si voglia è ora di andare a casa.

Ricordo perfettamente quando per strada di notte gli alberi sembravano un enorme intruglio di membra pericolosamente volte verso l'alto, pronte a separarmi dalla luce delle stelle eppure io a letto proprio non ci volevo andare.

Giocavo nel cortile di casa fino a notte fonda, mi è sempre piaciuta l'oscurità e l'essere oltremodo anonimi nell'arco di dieci ore.

Ad Alicia stasera è piaciuto lo zucchero filato, ha bevuto forse troppo ed ora brilla si è sdraiata sui sedili della sua Ford Mustang Cabriolet, con il cielo sopra e poca voglia di guardarlo.

Quegli occhi celesti così persi nel castano, supereranno questa nottata di bagordi?

Sì, vuole andare fino in fondo ed io glielo leggo dentro: gli occhi di Alicia sono libri sempre così ingenuamente aperti.

<< È stata una serata fantastica.>> strilla slacciandosi gli anfibi neri cadono con un tonfo sull'asfalto zittendo il parlottare dei ragazzi.

Sono tutti infangati ed è un peccato, l'euforia le si è disegnata in volto con un sorriso.

<<Dovrei guidare io.>> sussurra Chad al mio fianco quasi intimidito, è perennemente in ansia: soffre al pensiero del suo futuro prima ancora del presente, così impegnato ad essere sospeso fra i suoi "ma" ed i "però".

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