39.| Blackout

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La cameretta cade in penombra, le scritte alla parete serpeggiano per poi appiattirsi lungo le ombre più profonde.

Le nubi sovrastano Los Angeles inghiottendo le urla dei clacson in un incessante tuonare, bagliori di luce lontana ci bagnano per poi sfuggire al buio di una stanza fredda, inospitale.

Chad s'agita nuovamente, una rughetta di terrore prende ad insinuarsi tra gli occhi color ruggine nel momento in cui lo sfolgorio viene riprodotto nella specchiera, alle sue spalle.

La luce si intrufola lungo le tracce di vernice spray colata lungo lo specchio e proveniente dalla scritta "Never good enough."

Un post-it alternativo, tutto in questa stanza parla del pensiero libero da convenzioni e pertanto del pensiero seviziato dalla società.

<<Il temporale non arriverà fin qui.>> sussurra Alicia lasciando scivolare i polpastrelli lungo le rifiniture in acciaio della finestra aperta alla quale è sporta.

Un rivolo di vento penetra e smuove assieme a ciocche di capelli i fogli sulla scrivania, volano tutte le mie frasi e di conseguenza i miei pensieri.

<<Che si fa?>> sbuffa Lucas accasciato affianco ad una pila di libri da ordinare, hanno la copertina instabile e le pagine di un giallo pallido: sono da collezione.

<<Dobbiamo aspettare.>> sussurra Justin disteso sul letto, affianco a me.

Ha le mani coloratissime e segni di pittura lungo il volto, credo sia ritornato in quella struttura di qualche giornata fa.

Lancio uno sguardo malinconico ai ragazzi, sono tutti bagnatici e malconci.

La pioggia li ha colti sulla via del ritorno, dicono di aver corso da un lato all'altro della campagna disperdendosi per poi rincontrarsi in auto sbagliate con l'aria condizionata a palla.

"Drin, Drin."

Una eco lontana fa scattare sull'attenti Juss, muove la mano alla ricerca della torcia ma io lo ammonisco con lo sguardo.

Sono solo illusioni queste, il fatto che la mia camera da letto sia tetra non significa farsi suggestionare da un sottile gioco psicologico.

<<Il telefono in salotto...>> azzarda Chad portandosi le gambe al petto, non vorrei contraddire il rossiccio ma è blackout in tutto l'edificio.

Sorrido mestamente, i volti atterriti dei ragazzi vengono sondati dall'andirivieni dei lampi sulla linea dell'orizzonte.

<<Sono le sei.>> informo puntando all'orologio appeso alla parete di fronte a me, proprio sopra la specchiera.

" Drin, Drin" risuona sfacciato strappando un sospiro di sollievo generale.

Il volto del mio migliore amico assume un'espressione che non mi è nuova, è di meraviglia mista a spavento.

<< Come fai a dormire qui dentro? È raccapricciante.>> commenta Alicia raccogliendosi nella sua figura, ha una strana luce negli occhi che illumina appena i tratti del volto.

Il suo sguardo scivola pigro sulle scritte da me ricopiate lungo le mura bianche e non più pure. 

Sono tutti molto fragili.

La mia realtà non combacia affatto con la loro, per me il buio è rassicurante perché in automatico luce significa essere visti da ogni prospettiva, squadrati dalla testa ai piedi.

<<Non è male.>> sussurro guardandomi intorno, in fondo questo è il riflesso di come sono dentro momentaneamente.

La porta laccata in nero si socchiude facendo penetrare una ventata di aria gelida, un raggio solitario si sole illumina i graffi lungo il legno perfettamente liscio.

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