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<<Che ci fa qui?>>
<<Non ne ho idea...>>
<<Ma è viva?>>
<<Si che è viva scemo! Non senti i suoi battiti?!?>>
<<Ti ricordo che io non ho poteri soprannaturali genio!>>
<<Shhh! Ragazzi zitti, si sta svegliando...>>

Mi fa male la testa.
Sento come se me la stessero schiacciando.
Mi muovo leggermente, tastando il terreno con le mani e con la pelle scoperta delle braccia, percependo di essere sdraiata su... foglie secche?
Apro un occhio e poi l'altro.
Tre ragazzi sono sopra di me e mi stanno osservando con poca nonchalance.
Alzo un sopracciglio, indecisa sul da farsi, e un lieve pizzico di pericolo inizia a solleticarmi le narici.
<<Riesci ad alzarti?>> mi chiede gentilmente uno di loro.
Con una certa fatica riesco a mettermi a sedere, portando  una mano alla testa per il dolore lancinante.
I tre si accovacciano al mio fianco e mi scrutano attentamente, mettendomi alquanto in soggezione.
<<Ciao, io sono Scott.>> dice il ragazzo dagli occhi scuri.
<<Questi sono Stiles e Liam. Tu come ti chiami?>>
Mi sembra di aver già sentito questi nomi da qualche parte, ma in questo momento non riesco a localizzare il luogo o la situazione.
<<Elisa...>> rispondo titubante.
<<Qualcuno può dirmi dove mi trovo?>>
Li vedo corrucciarsi, lanciandosi degli sguardi fugaci di incomprensione.
<<Ehm, in un bosco...>>
<<Grazie, quella era l'unica cosa di cui ero certa. Intendo, dove mi trovo esattamente?>>
Li vedo sempre più perplessi.

Sono sempre più sicura di aver già visto questi ragazzi, ma non riesco proprio a ricordare dove.
Colpa di questo maledetto mal di testa che mi rende difficile anche solo pensare.
Posso quasi percepire la difficoltà che anno le mie sinapsi a ricollegarsi gradualmente.
<<Precisamente, siamo a Beacon Hills.>>
Beacon Hills...
Ho già sentito anche il nome di questo posto.
A parte la mia memoria vacillante, riscontro un altro ironicamente piccolo problema.
<<È impossibile.>>
La mia  affermazione li sorprende, difatti ora mi guardano come se fossi uno strano essere a cui è appena comparsa una terza testa.
Probabilmente è uno scherzo, un terribile scherzo, ma la preoccupazione inizia a farsi strada dentro di me fino a farmi balbettare.
<<I-io abito a Milano!>>
Non riesco bene a decifrare le loro espressioni, ma sembrano confusi tanto quanto me.
<<È meglio se la portiamo da Deaton...>>
Anche questo nome non mi è nuovo, è come se ogni cosa qui mi sembrasse familiare, eppure mi sento come se non dovrebbe esserlo.
Queste sensazioni totalmente contrastanti mi mandano in delirio.
<<Aspettate... Beacon Hills... non è una città italiana...>> realizzo improvvisamente.
<<Infatti siamo in America. Più accuratamente in Californiana.>>
Non so bene se ridere o piangere, nel dubbio credo vomiterò.
<<Ok sentite, sono appena caduta e credo proprio di aver sbattuto la testa, perciò non mi pare il caso di scherzare ora.>>
Si guardano in modo enigmatico, il che mi convince sempre più che la possibilità di uno scherzo sia alquanto remota.
Intanto il dolore al capo sta lentamente diminuendo, ma continuo a non ricordare ciò che mi sembra fondamentale che riaffiori alla memoria in questo esatto instante.
<<D'accordo Elisa, ora ti portiamo da... una specie di dottore. Lui saprà spiegarti (e spiegarci) la situazione.>>
Non ribatto.
Semplicemente mi lascio accompagnare verso una jeep azzurra e salgo in uno dei sedili posteriori.
Di fianco a me si siede un biondino, che penso sia il ragazzo di nome Liam.
Mi mette una mano sulla spalla e mi guarda con quei suoi occhioni azzurri, vasti quanto il mare, immacolati quanto un cielo d'estate.
<< Andrà tutto bene.>>
Non capisco a cosa si riferisce.
In realtà non ci sto capendo niente.
Li seguo solo perché non ho ancora riacquistato la forza per scappare via a gambe levate.


La macchina si ferma.
Leggo sul cartello attaccato alla porta:
Clinica veterinaria; non è proprio la specie di dottore da cui pensavo di andare.
Scendiamo dalla macchina e mi fermo a fissare il cartello nuovamente:
veterinary clinic.
Ma... è scritto in inglese!
<<Come on, let's get in here.>>
Anche loro parlano in inglese, anche se la pronuncia biscaicata lascia ben intendere siano americani, eppure stranamente li capisco alla perfezione.
Va bene che a scuola ho otto in questa materia, ma non mi sembrava di essere così portata.

Ansia, l'ansia nella sua forma più pura e meschina sta prendendo possesso della mia mente.
Paura, dove diavolo sono finita?
Tutto è così confuso, solo un pensiero mi pare più chiaro degli altri: non posso restare qui.
Senza pensarci troppo mi volto e inizio a correre.
<< ASPETTA!>> urla qualcuno alle mie spalle.
Perché li capisco come se stessero parlando italiano?
Continuo a correre senza voltarmi, gli occhi semichiusi, l'aria che sferza fresca sul mio volto, il respiro che si accorcia.

Ormai sto correndo da un paio di minuti e sono praticamente sfinita.
Non ho mai amato educazione fisica o il movimento in generale e non penso di iniziare ora.
<< Hai finito di scappare?>>
Caccio un urlo decisamente acuto quando voltamdomi mi trovo a fianco Scott.
Come cribbio ha fatto a raggiungermi?
Sono abbastanza veloce a dirla tutta e sono partita con molto vantaggio rispetto a lui, mi sembrava scontato che fossi riuscita a seminarli.
<< Ehi, rilassati, non ho intenzione di mangiarti. So che sei confusa, ma lo siamo tutti. Io vorrei solo capire cosa diavolo sta succedendo e penso lo voglia anche tu.>>
Annuisco, poiché non è altro che la verità.
Correndo fino a qui, ho notato di non sapere per davvero dove io sia.
Ogni negozio che ho sorpassato aveva un'insegna scritta in inglese e le case non mi sembrano certo in stile milanese.
Ho captato di rado i discorsi dei passanti e tutti, nessuno escluso parlava americano.
Ho addirittura notato con mia grande sorpresa un negozio d'armi e che non ci sia a Milano ne sono sicura al cento per cento.

Mi accascio a terra sconfitta, il respiro che pian piano torna regolare.
<< Lo so che hai paura, è normale. In questo momento, solo il mio amico veterinario può aiutarci. Tu... tu vuoi essere aiutata?>> domanda incerto con una buona dose di compassione nella voce.
Ovviamente, più di ogni altra cosa, ma l'unica risposta che riceve è un mio lieve assenso con la testa.

Dieci minuti dopo siamo di nuovo di fronte alla clinica.
Perbacco, ho corso davvero tanto, a quanto pare l'adrenalina fa miracoli.
Entriamo e ci accolgono i due ragazzi di prima e un uomo di colore, con addosso un camice bianco.
Mi accompagna all'interno del suo "laboratorio", facendomi sedere su un tavolo di metallo.
Inizia a fare tutto ciò che farebbe un normale dottore: mi controlla i battiti, mi prova la pressione, mi fa anche qualche domanda di circostanza, mentre i tre ragazzi mi affiancano premurosi in ogni momento.
Già mi sento meno intimorita grazie alla loro presenza.
Tutti ci voltiamo al suono di un campanello,
che penso sia quello attaccato alla porta principale, che ti avvisa nel caso entri qualcuno.
<< Salve a tutti!>>
Due ragazze fanno il loro ingresso nella piccola stanza, andando a salutare i rispettivi amici, a quanto pare.
<< Perché siete qui?>>
<< Stiles ci ha chiamate. Ha detto che avevate un problema e immagino sia lei.>> dichiara quella coi capelli corti.
Le due mi si avvicinano, osservandomi come se fossi una nuova e stravagante scoperta scientifica.
La stanza inizia ad essere un po' troppo affollata per i miei gusti.
Prima che qualcun altro possa aprir bocca, la porta si apre di nuovo, lasciando entrare un ragazzo apparentemente ben formato.
È appena arrivato ed ha già l'aria scocciata.
<< Ciao Theo.>>
Ogni singola persona insieme al diretto interessato si volta a guardarmi.
Sono stata io a salutarlo?
È stata un'azione così naturale e istintiva che quasi non me ne sono accorta.
<< Lo conosci?>> mi domanda stupito Scott.
<< Ehm... no, non credo...>>
<< Ma se l'hai appena salutato!>>
<< Malia calmati.>>
<< Ci sta prendendo in giro! Non è possibile che->>
Le sue parole si scompongono, offuscate dai miei pensieri, le frasi inizino a perdere senso per riacquistarne una totalmente nuovo.
Ricordo, ora ricordo, ma tutto ciò non può essere possibile.
È letteralmente impossibile.
Li guardo spaventata mentre qualcuno è intento a calmare Malia, qualcun altro a fare chiarezza tra i propri pensieri.
Io li conosco.
Tutti, nessuno escluso.
No, no, non è possibile.
Devo assicurarmi che sia tutto... reale.
Ho bisogno di una conferma visiva e materiale per accertarmene.
Se la mia memoria non mi inganna, Deaton tiene un vasetto contenente del vischio in uno di quegli armadietti bianchi.
Mi alzo, facendo zittire tutti, ma il mio pensiero vaga in un'unica direzione.
Vado alla rispettiva dispensa, la apro titubante, sposto vari medicinali per animali e lo trovo.
Lo prendo con la mano tremante e leggo l'etichetta: vischio.

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