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Passiamo qualche altro minuto in silenzio, godendo l'uno della sola presenza dell'altro, un delicato frinire di grilli intorno a sostituire le nostre voci.
I rombi del motore di qualche macchina lontana, la luce fioca dei lampioni.
È tutto così stranamente calmo e tranquillo, finché Liam non apre all'improvviso la porta d'entrata.
<<Abbiamo avuto un'idea!>> esclama sorridendo, così ci precipitiamo in men che non si dica all'interno dell'abitazione, trovando Theo ancora al cellulare con Scott.
Senza alcuna incitazione da parte nostra, la chimera comincia con la breve spiegazione.
<<È stata un'intuizione da parte di Stiles. Dice che suo padre utilizza spesso questo metodo per rintracciare i criminali.>>
<<E quale sarebbe?>> chiedo impaziente.
<<Rintracciare il suo cellulare.>> risponde ovvio l'umano dall'altro capo della chiamata.
<<Siamo appena arrivati in centrale, ora chiediamo aiuto a... Oh, ciao Parrish! Capiti proprio a fagiolo.>>
Frasi lontane e spezzate riempiono i minuti seguenti, finché Stiles non riprende in mano la situazione.
<<Il caro vecchio sceriffo Parrish ci darà una mano, l'unica cosa che ci serve è il numero di telefono del signor Clifford.>>
Isaac inizia a dettarlo, guardando dalla rubrica del suo cellulare.
Posso immaginare l'umano annuire mentre lo scarabocchia sul primo pezzo di carta che gli capita per mano.
<<Ok Parrish, ecco... Fermi tutti, un attimo. Quella voce... Isaac?>> domanda Stiles quasi urlando.
Si sente qualche rumore compromettente e qualche parola sconnessa, poi il telefono passa nelle mani di uno Scott assai stupefatto. <<Isaac?>> domanda quasi con voce tremante.
Il biondo saluta con una timidezza che non credevo possedesse.
<<Che cosa ci fai a Riverside!?>>
<<È una lunga storia...>> articola lui grattandosi il capo, lievemente a disagio.
Quei due ragazzi nascondono molti più segreti di quanti pensassi.
<<Non c'è tempo!>> urla Stiles penso strappando il telefono dalle mani dell'alpha.
<<Dovete andare a recuperare il signor Clifford, immediatamente.>>


L'abitacolo della macchina di Theo continua a stringersi sempre di più, mentre l'ansia attanaglia ogni nostro pensiero.
Grazie allo sceriffo Parrish siamo riusciti a rintracciare il cellulare dello scienziato, ma l'entusiasmo iniziale è subito crollato dopo aver udito il nome del luogo in cui si trova.
<<È davvero così pericoloso?>> domanda Liam preoccupato.
Il beta e la chimera non hanno la minima idea di a cosa stiamo andando incontro, anche se abbiamo tentato di spiegarglielo.
Isaac si è rabbuiato.
Lui ci è già stato, ha passato lì un'intera notte e probabilmente è stata una delle più brutte esperienze della sua vita, quindi non penso sia assai propenso a tornarci, ma il suo silenzio mi sta uccidendo.
Io e Giacomo abbiamo solo assistito durante la visione della serie televisiva, ma siamo comunque coscienti del pericolo che dista solo dieci minuti di tragitto da noi e io non posso fare a meno di aver paura.
È questo l'odore che emano ed è quello che emana anche il biondo.
Tiene lo sguardo puntato fuori dal finestrino, le mani strette a pugno, il respiro irregolare.
Anche solo il pensiero di quel luogo riesce a influenzare il suo umore.
Scott non voleva farci andare.
Ha continuato ad insistere, constatando che Peterson sarebbe tornato l'indomani mattina, ma non ne possiamo essere sicuri al cento per cento.
<<Tanto non avremmo dormito comunque.>> afferma Giacomo, tentando di alleggerire la tensione.
Un lieve odore di sangue fa risvegliare le mie narici e quelle di tutti gli altri lupi mannari presenti, così mi volto alla mia sinistra verso Isaac.
Appoggio la mia mano sulla sua, attirando l'attenzione di quest'ultimo.
Sciolgo lo stretto pugno, rivolgendo il palmo verso l'alto, notando gli artigli macchiati del suo stesso sangue.
<<Andrà tutto bene.>> sussurro forzando un sorriso, ma la verità è che non lo so nemmeno io.


<<È questo?>> domanda Theo fermando la macchina davanti ad un edificio scadente.
Un flebile assenso esce dalla bocca di Isaac, che stranamente è il primo a farsi coraggio e a scendere dal veicolo.
Raggiungiamo la piccola e malmessa reception, dove una donna bassa e piuttosto anziana ci accoglie con un ghigno poco rassicurante sul viso.
I suoi capelli sono sporchi e brizzolati, le rughe sul volto ben marcate e i denti ingialliti dal troppo fumo presumo, data la sigaretta accesa che sorregge tra l'indice e il dito medio della mano destra.
<<Benvenuti al Motel California. Quante camere volete?>> domanda facendo scorrere lo sguardo tra i presenti.
L'insistenza nei suoi occhi mi mette in soggezione.
<<Non ci fermeremo a lungo, siamo qui solo per una persona.>> afferma Giacomo deludendo visibilmente la donna.
<<È un afroamericano sulla sessantina, capelli e barba bianca, porta gli occhiali. Quella è la sua macchina.>> articola Isaac indicando una vecchia Cadillac Deville di un verde molto scuro.
La donna si porta una mano a grattarsi il capo, per poi tornare a guardarci con un sorriso stampato sul volto, ancora più beffardo del precedente.
<<Potrei averlo visto, o forse no. Penso che alla mia memoria serva un incentivo per sforzarsi a ricordare.>> afferma ridacchiando, protendendo la mano rugosa verso di noi.
<<Diccelo o ti spacco la testa può bastare come incentivo!?>> sbotta Liam avvicinandosi pericolosamente.
Mentre Theo è impegnato a bloccare il suo innato istinto omicida, Isaac estrae dalla tasca anteriore dei pantaloni il suo portafoglio di pelle marrone, prelevando dieci dollari e porgendoli a quella vecchia strega, che ghignando se li porta sotto al naso, odorandoli, per poi stringerli soddisfatta vicino al cuore.
<<Camera centododici.>> afferma semplicemente, facendo un cenno con la testa in direzione delle scale.

In Another WorldDove le storie prendono vita. Scoprilo ora