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Il rumore sordo del proiettile che colpisce la carne, un grido soffocato dell'anima e del corpo, il dolore che inizia a diffondersi annebbiando la mente... o almeno è questo quello che dovrei provare, eppure non sento niente.
Apro gli occhi e la cruda realtà mi investe come una fredda ondata di vento; la Monroe ora è ammanettata, due poliziotti la tengono per le braccia per l'eventualità di una sua possibile fuga.
Gli occhi di tutti sono sbarrati e fissano sbigottiti il soggetto che ha ricevuto il colpo al posto mio.
È ancora in piedi, lì immobile nella sua alta figura, e quando si volta barcollando incontrando il mio sguardo so per certo che la vita mi ha riservato un destino peggiore della morte stessa.
Cade a terra e solo allora i miei piedi decidono di tonare a muoversi.
<<No!>> grido correndo verso il corpo steso al suolo di Giacomo.
<<No, no, no...>> ripeto come un mantra, lasciando all'universo una muta preghiera che spero con tutto il cuore verrà ascoltata.
Più guardò il buco formatosi vicino al suo cuore, più i miei occhi si riempiono di lacrime che non posso trattenere.
Le luci soffuse delle poche lampade presenti nel magazzino formano delle strane ombre sul suo volto, definendone la stanchezza presente.
Mi guardo attorno alla ricerca di un sostegno, ma nessun altro sembra intenzionato a muoversi ed io non ho la minima idea di cosa fare.
Le mie mani tremano e non oso toccarlo per paura di fargli più male di quello che già prova, così rimangono sospese a pochi centimetri dal suo petto, ogni tanto posizionandosi un po' più a destra, un po' più a sinistra.
Ricerco il suo sguardo ma lui non ricambia, gettandomi inconsciamente nel panico più assoluto.
Un rivolo di sangue gli sporca la bocca, un respiro un po' più strozzato degli altri, un battito di palpebre lento che sembra l'ultimo.
No, non può finire così, non è cosi che doveva andare.
Saremmo dovuti riuscire a cavarcela come abbiamo sempre fatto, saremmo tornati alla casa sul lago e ci saremmo concentrati su un altro problema.
Avremmo dovuto abbracciarci felici della vittoria e sospirare sfiniti ma contenti che un altro capitolo si fosse concluso.
Avremmo dovuto...

Tossisce una, due, tre volte e quel piccolo rivolo di sangue si è trasformato in un silenzioso fiume color cremisi, intento a strappargli via quella sua preziosa vitalità.
Le lacrime non riesco neanche più a controllarle, scendono in continuazione sulle mie guance senza alcun freno ed il mio mantra continua a recitarsi.
<<No, no, no...>>
Nessuno oltre a me emette un suono, si muovono solo i poliziotti, in silenzio, intenti a trasportare i cacciatori alla centrale.
Mi impedisco di alzare lo sguardo per incontrare quello della Monroe, o credo proprio non mi farei scrupoli a saltargli addosso e ad aprirgli la gola con i denti.
Per la prima volta da quando mi trovo qui, vorrei gridare chiaro e tondo il mio bisogno di aiuto, ma ad ogni respiro la mia gola si secca, immobilizzando le mie corde vocali.
<<Fa male.>> afferma pacatamente il moro, alzando di poco gli angoli della bocca in un sorriso amaro, di chi sa già come andrà a finire.
Il suo braccio si alza e la mano raggiunge il mio volto e inizia a compiere lo stesso gesto che io stessa gli ho proposto solo mezz'ora fa.
Passa con tenerezza il pollice sotto ad un occhio per togliere le lacrime in eccesso e con questo poi prende ad accarezzarmi.
Finalmente anche la mia mano riesce a muoversi e si sposta sulla sua, stringendola delicatamente.
<<Sei un'idiota.>> riesco ad articolare con estrema fatica, provocandogli una breve risata.
<<E tu sei bellissima.>>
Se possibile, le lacrime aumentano ancora di più.
Non gli chiederò perché l'ha fatto, sarebbe estremamente scontato e credo proprio di sapere già la risposta.
Mi mordo un labbro con forza fino a percepire un sapore metallico mischiarsi all'anonimo gusto della mia saliva e ancora una volta mi perdo in quegli occhi scuri come la notte.
Eppure questa volta non vedo stelle risplendervi, ne la solita luce ad illuminarli.
Si stanno spegnendo pian piano, come son sicura stia facendo il suo cuore e questa consapevolezza fa stringere il mio.
Non riesco a pronunciare altro, pur avendo miliardi di cose da dirgli, perché nessuna sembra essere adatta a questo momento.
Lui dal suo canto non dice niente, forse troppo debole per far muovere la lingua, solo i suoi occhi che vacillano per poi fermarsi in un punto imprecisato.
Il petto immobile, la bocca socchiusa da cui è già esalato l'ultimo respiro.
La sua mano si fa pesante e quasi spaventata la lascio andare, facendola cadere a terra senza riscontrare alcuna risposta.
<<È morto.>> dico, quando percepisco la presenza di qualcuno alle mie spalle.
È Lydia, arrivata in nostro soccorso portandosi dietro tutte le forse dell'ordine di Beacon Hills, che mi volta accovacciandosi al mio fianco e mi abbraccia con forza.
Le lacrime che sembravano essersi interrotte insieme al respiro di Giacomo riprendono a scendere, calde mi bagnano le guance rendendomi pienamente cosciente della mia esistenza.
Io sono viva, eppure non dovrei esserlo.
Quel proiettile sarebbe spettato a me e a me soltanto, ma Giacomo doveva fare l'eroe, si doveva sacrificare per salvarmi la vita.
Idiota.
Stupido, stupido splendido ragazzo dai capelli scuri.
Stupido, stupido ma intelligente ragazzo con delle incantevoli lentiggini.
Stupido, stupido ragazzo di cui mi sono innamorata, rendendomene conto troppo tardi.
<<Mi dispiace.>> articola lei tra un singhiozzo e l'altro, ma non sono le sue scuse che voglio sentire.
Vorrei correre dalla Monroe e riempirla di pugni fino a farmi supplicare di fermami, ma tutta la forza di cui avrei bisogno e quella che in realtà dovrei possedere mi ha abbandonato.
Mi sento debole, stanca, sconfitta e vorrei solo addormentarmi, per poi svegliarmi domattina scoprendo di aver fatto solo un brutto sogno.
Ma mattina lo è già, le prime luci dell'alba infatti entrano fioche dalle finestre, eliminando la possibilità di un incubo notturno.

<<Ma che cazzo->> la voce di Peter alle nostre spalle richiama la nostra attenzione facendoci voltare per assistere ad una scena singolare e al contempo funesta.
Il corpo inerme di Giacomo si sta rapidamente dissolvendo nel nulla, senza lasciare alcuna traccia.
Allarmata tento di afferrarlo, ma l'unica cosa che passa attraverso le mie dita è pura aria e una volta che l'intera figura è svanita nel nulla, colta da un improvviso capogiro, svengo.


<<Non capisco.>>
<<Lo so Liam, nessuno ci riesce.>>
<<Eppure->>
<<Zitti, si sta svegliando!>>
Apro prima un occhio, poi l'altro, scoprendo i volti di Scott, Liam e Stiles dannatamente vicini al mio.
Ho un dejavu.
<<Come stai?>> mi domanda quest'ultimo aiutandomi a mettermi seduta.
Sono sul divano di pelle del loft di Derek, circondata dal mio branco e un lieve mal di testa come accompagnatore perenne.
Come sono arrivata qui?
Per quanto tempo ho dormito?
Ma prima che possa porgere una qualsiasi questione, la realtà mi investe come una secchiata d'acqua congelata, facendo uscire dalla mia bocca un sospiro tremante.
Giacomo è morto e poi svanito senza lasciare alcuna traccia e la cosa mi spaventa alquanto.
<<Dov'è?>> chiedo senza aggiungere altro, sapendo che non ce n'è bisogno, difatti i miei amici colgono il riferimento al volo, iniziando a guardarsi fra loro preoccupati.
<<Non ne abbiamo la più pallida idea.>> ammette sinceramente il beta dagli occhi azzurri.
<<Ok ragazzi, analizziamo la cosa con calma...>> propone l'alpha, ma subito viene interrotto dalla prorompente voce del suo migliore amico.
<<Cosa c'è da analizzare Scott? Si è completamente smaterializzato davanti ai nostri occhi, puff! Scomparso, eclissato, dissolto nel nulla più assoluto!>>
Le sue parole sono tanto vere tanto quanto fanno male, ma non posso fargliene una colpa.
<<Ci deve essere una spiegazione logica per l'accaduto...>> discorre Theo grattandosi il capo.
<<O anche non logica, ma ci deve essere.>> articola Derek, anche lui sconcertato.
<<Ho visto tante cose in vita mia, ma questa...>> dichiara l'altro Hale, sorprendentemente allibito.
Gli attimi di silenzio che seguono si fanno sempre più carichi di tensione, diventando insopportabilmente pesanti.
<<Forse è tornato a casa.>>
Lo sguardo di tutti si punta sulla persona da cui sono uscite quelle parole.
Isaac deglutisce forte scuotendo la testa, provando a spiegarsi meglio.
<<Veniva da un'altra dimensione giusto? Magari morendo nella nostra è riuscito a tornare nella sua.>>
È una supposizione talmente poco elaborata e semplice che potrebbe essere veritiera, peccato ci sia solo un modo per scoprirlo.

Il discorso continua ma arriva ovattato alle mie orecchie.
La mia mano è nella tasca della felpa da un paio di minuti e continua insistentemente ad accarezzare il metallo freddo della pistola che nessuno mi ha ancora sottratto.
Non si sa come, sono arrivata qui da un'altra dimensione.
Mi sono svegliata in un bosco, un mal di testa pressante, la memoria vacillante, nella folle attesa di vivere un'avventura sul filo del rasoio, provando emozioni ancora a me sconosciute, realizzando sogni impossibili e conoscendo persone straordinarie.
Ho imparato ad aprimi, a farmi aiutare, ho provato l'ebrezza del pericolo, la meravigliosa sensazione di sentirmi amata.
Ho visto cose fuori dal comune, posti che credevo immaginari, ho donato il mio cuore a molti di quelli che ho incontrato, ho donato il mio cuore ad una giusta causa, dedicandogli tutto il mio tempo e tutto il mio impegno.
Mi sono scontrata con il vero male che regna in questo mondo, rendendomi consapevole che quello che prima credevo fosse eccessivo, in realtà era una bazzecola.
Mi sono trovata faccia a faccia con la morte, a volte salutandola come una vecchia amica ed altre respingendola con tutte le mie forze, invano.
Ho finalmente capito il significato del per sempre, comprendendo che a volte può durare solo un attimo, ed è proprio in quell'attimo che dobbiamo agire, poiché è proprio in quell'attimo che può accadere tutto, come può non accadete niente.
Bisogna prendere la vita così com'è e cercare con insistenza di viverla al meglio, per arrivare come me ora: senza rimpianti, senza troppi sogni infranti.

Estraggo l'arma dal suo nascondiglio, puntandomela alla testa.
Il rumore della cartuccia che si ricarica distrae i miei cari amici dal loro intricato discorso, facendoli immediatamente ammutolire.
<<Non farlo.>> mi supplica la banshee con delle nuove lacrime che iniziano a formarsi sotto agli occhi.
<<Non possiamo sapere cosa accadrà, perciò fermati subito!>> palesa Jackson, supportato dal suo fidanzato, ma io non ho intenzione di seguire il suo consiglio.
<<Elisa, ti prego...>> tenta Theo, ma quando i nostri occhi si incontrano, sa già che ho preso la decisone definitiva.
Come con Giacomo, vorrei dire miliardi di cose, ma nessuna sembra propriamente adatta a questo momento.
Osservo una a una tutte queste splendide persone che tanto mi hanno dato e tanto mi hanno aiutato, pregando per loro che non siano costrette a subire altre cattiverie, dopodiché chiudo gli occhi e premo il grilletto.

In Another WorldDove le storie prendono vita. Scoprilo ora