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Non sono una persona notturna io.
Ho sempre preferito di gran lunga la calda luce del sole piuttosto che il freddo buio.
Eppure il sole non può accompagnarmi per sempre durante il mio cammino, a volte tocca alla luna farmi strada con la sua luce fioca.
E tranquilla mi osserva dall'alto, dedicandomi a volte un bianco sorriso.
E insieme a lei vi sono le stelle, luminose, lontane, irraggiungibili.
Da bambina sognavo di possederne una tutta mia, così che la luce di essa potesse brillare solo per me, così che di notte non mi sarei mai più sentita sola.
Eppure non è possibile appropriarsene essendo così distante e mi sarei sentita in colpa ad impedirle di vagare libera per lo spazio, alla prescelta o a una delle sue sorelle, così mi sono limitata a fissarle tutte da lontano, come si osservano dei preziosi gioielli da dietro una vetrina e così continuo a fare.
A parte questo, non conosco molto bene la notte, ma lei sembra conoscere me.
Mi invita a percorrere le sue vie oscure, mi culla coi suoi sogni, mi penetra l'anima con le sue tenebre.
Ma pur col suo fascino non riesce a convertirmi ed io rimango fedele all'accogliente calore della luce e alla sicurezza che mi infonde, cosa che invece la notte non fa.

Sono sul balcone del terrazzo di Derek.
Questo pomeriggio, una volta tornata, ho aiutato gli altri a mettere sommariamente in ordine.
Abbiamo pensato di cambiare posto, di trovarne uno più sicuro in cui sostare, ma nessuno aveva veramente voglia di andarsene, di nuovo.
Ci hanno già privato delle nostre rispettive case e di quella sul lago, trasferirsi un'altra volta sarebbe stato troppo destabilizzante, così ci siamo sistemati come abbiamo potuto: chi sul letto, chi sul divano, chi per terra munito di sacco a pelo o qualche coperta.
Per la prima volta non ho sentito Stiles lamentarsi, nemmeno per un minuto.
Glie l'ho domandato, per alleggerire la tensione, ma mi ha risposto che non aveva senso lamentarsi anzi, bisognava ringraziare di essere ancora vivi.
Non c'era neanche un sottile filo di ironia nella sua voce, solo semplice e pura amarezza.
Lo osservavo dritto negli occhi mente mi parlava.
Erano più scuri del solito, non vedevo il riflesso di quelle consuete pagliuzze dorate che li caratterizzavano, erano come vuoti e mi spaventavano a dir poco.
Giacomo ha ripreso a non parlarmi.
A qualche minuto dall'arrivo mi ha lasciato la mano e non l'ha più ripresa.
Non ha più cercato nessun tipo di contatto, men che meno visivo e il suo comportamento non fa altro che turbarmi maggiormente, più di quanto non lo sia già di mio.
Mason è la rappresentazione per eccellenza della disperazione.
Non l'ho visto sorridere neanche di sfuggita ed è difficile da credere, essendo appunto Mason.
Ognuno è distrutto a modo suo e con calma ognuno tenta di recuperare tutti i pezzi persi, provando ad assemblarli il meglio possibile, ma è difficile.
È difficile perché non tutti i pezzi si possono ricongiungere, alcuni sono ormai andati persi totalmente, altri completamente distrutti, irreparabili.
La situazione che spero precaria ci sta sfuggendo di mano, come sabbia che si libera da uno stretto pugno, scivolando attraverso le dita, cosicché sul palmo rimangano solo pochi granelli di sale, che aiutano a condire l'amarezza del momento.

<<Ah, i giovani e i loro problemi. Così elementari, eppure così dannatamente complicati.>>
Il signor Clifford mi si affianca, appoggiandosi come me coi gomiti sul terrazzo, lo sguardo rivolto verso l'orizzonte.
Si stringe nel suo gilet celeste, infastidito dalla leggera brezza serale e i suoi occhiali riflettono le luci delle case lontane.
<<"Io ho la seccatura più grande!" "La mia rogna è molto più grave della tua!"... sai, è così che iniziano le guerre.>> mi rivela senza troppi incitamenti.
<<E trovo buffo come ognuno di noi si concentri sui propri dilemmi, essendo il mondo così vasto.>>
<<È più buffo vedere una persona scaricare le proprie frustrazioni causate dai propri dilemmi sugli altri, ingiustamente.>> lo correggo io riferendomi alla Monroe, ricevendo in cambio un lieve sorriso di comprensione.
Chissà che cosa ha provato nello scoprire che sua figlia è l'incarnazione del male...
Forse ha bisogno anche lui di essere confortato in questo momento, come tutti noi d'altronde.
<<Non conosco alla perfezione la vostra situazione, ne conosco voi singolarmente, ma posso affermare di provare un profondo senso di stima nei vostri confronti. Non credevo possibile tanta resistenza e forza d'animo da parte di un semplice gruppo di adolescenti, eppure eccovi qui, ancora in piedi nonostante le molteplici sfide affrontare e le numerose cadute subite.>> mi confessa, continuando a mantenere lo sguardo verso la città lontana.
<<L'importante è rialzarsi sempre, giusto?>>
Questo è quello che penso e che ho sempre pensato, ma può darsi che mi sbagli.
Arriverà mai il giorno in cui non riuscirò più a rialzarmi, il giorno in cui rimarrò stesa supina al suolo, a fissare il cielo, finché i miei occhi si chiuderanno da soli?
Spero vivamente di no, ma sto iniziando a rivalutare la mia opinione al riguardo.
Nulla è impossibile, di questo ne sono certa.
<<Domani è un nuovo giorno, sono sicuro che la fortuna inizierà a girare a vostro favore.>> articola tirandomi una leggera gomitata.
<<Come può esserne certo?>> domando scettica.
<<Perché il mondo funziona così. Non ci sarà mai una vita vissuta interamente a braccetto con la malvagità o con la gioia pura. Le due cose tendono ad alternarsi, un po' come un'onda. Ci sono dei momenti in cui la felicità può raggiungere dei picchi impressionanti, ma in seguito è certo che si presenterà un dislivello di uguali dimensioni.>> mi spiega in fare da scienziato e devo ammettere che non ha tutti i torti.
La vita è una costante successione di episodi raccapriccianti e magnifici, tristi e allegri, bisogna solo imparare a gestirli al meglio.
<<Perciò pensa sia meglio vivere nella tranquillità, come un quieto lago al posto del burrascoso mare?>>
<<Per quello mi sono trasferito a Riverside.>> ridacchia.
<<Li solitamente non accade niente di così rilevante da catturare le mie emozioni e le mie attenzioni, eppure qualche giorno fa siete arrivati voi, a scombussolare la mia tanto agognata pace dei sensi.>>
Sto per scusarmi a nome di tutti, ma lui con un gesto della mano mi interrompe.
<<Non vi serve il mio perdono, anzi ci terrei a ringraziarvi. Mi avete fatto capire che la vita troverà sempre un modo per rigettarmi nel pieno della tempesta. Magari la prossima volta, al posto di tornarci a bordo di una misera scialuppa, cavalcherò le onde con una grande nave da crociera.>> conclude sogghignando.
Confesso che quest'uomo mi sorprende ogni minuto di più.
<<Cosa pensate di fare adesso?>> mi domanda il professore, voltando il busto verso di me, così da potermi osservare meglio.
<<Non ne ho la più pallida idea.>> ridacchio, ma si da il caso che sia la pura e semplice verità.


<<Buon giorno dormigliona.>> mi sveglia Lydia accarezzandomi la testa.
<<Si da il caso che era da due notti di fila che non chiudevo occhio.>> le ricordo mettendomi seduta e stropicciandomi il viso.
<<Tieni. Vestiti e datti una ripulita, una volta finito raggiungimi al piano di sotto.>> mi ordina passandomi dei vestiti e quello che presumo sia un grosso accappatoio.
La ringrazio e poi, con molta più fatica di quella che credessi, mi alzo in piedi e raggiungo barcollando il bagno.
Casa di Derek è molto più grande di come me la aspettassi.
Arrivo davanti alla porta in questione, ma non faccio in tempo a bussare che questa si apre, riscoprendo l'alta figura di Giacomo, che dev'essere probabilmente appena uscito dalla doccia.
È coperto unicamente da un asciugamano bianco stretto in vita, il resto del corpo visibile è ancora cosparso da molteplici gocce d'acqua, che lo percorrono senza un freno.
Queste scendono sul suo petto, che è definito da dei delicati bicipiti e noto un lieve accenno da parte dei pettorali.
I capelli sono anch'essi bagnati e si scombinano ancora di più quando passa una mano tra di essi per ravvivarli.
<<Ehm...>> si schiarisce la voce per catturare la mia attenzione.
Avvampo appena mi rendo conto di starlo squadrando senza ritegno, così rivolgo il mio sguardo verso un'altra direzione.
<<Hai finito?>> domando riferendomi al bagno, cercando di assumere un'espressione seria per mascherare l'imbarazzo.
<<Si, certo.>> ridacchia lui, spostandosi per lasciarmi passare.
<<Certo che mi metti a dura prova te.>> mi confessa passandosi nuovamente una mano tra i capelli scuri.
Lo ignoro, ancora troppo imbarazzata e mi dirigo all'interno del caldo stanzino, ma sulla soglia vengo bloccata nuovamente dalla voce del moro.
Si avvicina pericolosamente, iniziando ad arrotolare una ciocca dei miei capelli intorno alle sue lunghe dita affusolate.
Le sue bocca si sposta a pochi millimetri dal mio orecchio e la sua voce roca mi fa trattenere il respiro.
<<Solo, non morderti il labbro con tanta disinvoltura.>> mi consiglia, mentre il suo fiato caldo raggiunge il mio collo, provocandomi dei brividi che percorrono interamente la mia spina dorsale, dopodiché se ne va, senza rivolgermi neanche uno sguardo.

Entro velocemente nel bagno, chiudendo la porta alle mie spalle e appoggiandomici sopra con la schiena, stringendo al petto i vestiti che ancora tenevo in mano.
Nascondo il volto tra di essi, impegnandomi nel non emettere alcun suono.
Quel ragazzo riesce a confondermi come nessun altro riesce a fare.
Un momento prima mi detesta e decide di fare voto di silenzio e un momento dopo mi confessa indirettamente di essere attratto da me.
Devo essere sicuramente in uno dei momenti di dislivello di cui mi parlava il professore, ne sono certa... quasi.

In Another WorldDove le storie prendono vita. Scoprilo ora