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<<Ci siamo quasi.>> dichiara ansioso Giacomo.
È da una decina di minuti che stiamo girovagando per la banca abbandonata, seguendo le indicazioni di Giacomo per raggiungere una via d'uscita.
Questo posto è peggio di un labirinto.
Mason e Malia continuano a farsi cullare dalle braccia di Morfeo, mentre il ragazzo tumefatto inizia ad impregnare parecchio la sua sua t-shirt di sangue.
I pizzicori che sentivo prima negli stessi punti in cui lui ha delle ferite iniziano a trasformarsi in vere e proprie fitte, che mi impediscono di allungare il passo come vorrei.
Nonostante tutto continuo ad aiutare a tenere il moro in una posizione eretta, stando alla sua sinistra, con Theo alla destra, che ogni tanto mi lancia occhiate di circospezione.
Questa situazione è pura tensione.
Nessuno a parte il nostro navigatore emette un fiato di troppo, tutti cercano di mantenere un passo felpato e anche i respiri sono controllati.
<<Di qua.>> indica il ragazzo con un cenno del capo, così da indirizzare noi altri verso un'altro corridoio di minore diametro.
In fondo possiamo ammirare la nostra via di salvezza, ovvero una stretta porta rossa, tenuta sotto controllo da un cacciatore.
Lo scruto da dietro l'angolo in cui mi trovo: non ha armi da fuoco, solo qualche coltello a serramanico e il solito walkie-talkie per comunicare.
Ciò sta a significare che nessuno di loro pensa sia importante questa via d'uscita e non hanno tutti i torti, poiché senza Giacomo penso che non la avremmo mai trovata.

Uno strano senso di rabbia inizia a crescere dentro di me.
Ci siamo affidati a qualcuno che non meritava per niente la nostra fiducia e certamente non il nostro aiuto.
Non lo sopporto.
Non sopporto quella sua stupida faccia, non sopporto quei suoi stupidi occhi scuri, troppo penetranti per i miei gusti.
È come se con uno sguardo potesse leggerti dentro, facendo emergere ogni emozione, anche la più repressa.
Non sopporto quei suoi stupidi capelli scompigliati, scuri anche essi, odio quella delicata spruzzata di lentiggini sulle gote e sul naso e soprattuto odio questo suo metro e ottanta di altezza, con cui sicuramente mi sfotterebbe, trovandoci in un'altra situazione.

Mi guardo intorno.
Nessuno si è ancora mosso di un millimetro.
Le fitte che avevo prima si sono trasformate in vero e propio dolore e non lo sopporto.
Non sopporto di dover star male per lui.
Guardo il cacciatore che passeggia tranquillamente avanti e indietro per il metro di larghezza che il corridoio gli permette.
Un'altra ondata di rabbia mi percuote, facendomi assottigliare lo sguardo.
Odio i cacciatori, odio il fatto che ci siano degli uomini che non riescono ad accettare l'esistenza del soprannaturale e non sopporto il fatto che lo vogliano distruggere.
Dove sta scritto che chi ha delle capacità innate deve passare agli occhi come malvagio?
<<Elisa...>> la voce flebile e incerta di Giacomo mi fa tornare a galla dalla marea di pensieri omicidi che mi passavano per la mente.
Mi accorgo di aver iniziato a respirare affannosamente e la mia vista sta cambiando.
Capisco tutto quando mi guardo le mani e vedo spuntare dei lunghi artigli ingialliti.
Per colpa di questa innata ma potente rabbia che provo mi sto trasformando e non sono sicura di riuscire a trattenermi.
Riformulo, sicuramente non riuscirò a trattenermi.

Un ultimo sguardo lucido per accertarmi della situazione, poi senza pensarci oltre, mi fiondo verso l'uomo vestito totalmente di nero, che non appena mi vede estrae dalla cintura un coltello da caccia.
Cerca di colpirmi, ma io mi abbasso prontamente, come se avessi avuto tutto il tempo di questo mondo per farlo, poi appena mi rialzo colgo l'attimo.
Una mia mano va ad appoggiarsi violentemente sul lato sinistro della sua testa e senza troppi indugi lo spingo, facendogli sbattere la faccia contro il muro.
L'uomo cade a terra privo di sensi e la mia vista torna normale, segno che la trasformazione sta regredendo, non appena scruto la sua faccia ricoperta di sangue.
Mi abbasso preoccupata, la rabbia totalmente dissipata e premo due dita in un punto preciso del collo, sporcandomele col sangue colato, sperando vivamente di sentire un battito cardiaco.
Tirò un sospiro di sollievo quando il mio desiderio viene esaudito e senza altri dispiaceri mi alzo in piedi e faccio cenno agli altri di avvicinarsi.
<<Ricordami di non farti mai arrabbiare.>> mi schernisce Jackson per far sciogliere un po' di tensione.

Derek spalanca la porta, osservando all'estero, per poi fare cenno agli altri di passare mentre lui la tiene aperta.
Percorriamo velocemente la scala antincendio, per poi optare per un giro largo della banca per arrivare ai nostri veicoli.
Li raggiungiamo fortunatamente senza altri intoppi e dopo averli messi in moto, riusciamo alla fine ad andarcene via da qual luogo maledetto.


<<No!>> urla Liam, molto probabilmente con l'ira pura e funesta che gli scorre per le vene.
<<Non ho intenzione di fargli da cane da guardia un minuto di più.>> lo affianca Corey.
Penso di non averlo mai vostro tanto infuriato, solitamente è sempre così tranquillo e pacato.

Ci troviamo quasi tutti in salotto nella casa sul lago da un'ora all'incirca, mentre Malia e Mason continuano a dormire al piano di sopra.
Deaton è arrivato e in una decina di minuti ha curato abilmente il ragazzo tumefatto, per poi andarsene per colpa di un'emergenza canina alla clinica.
La discussione è iniziata quando bisognava decide cosa farne di Giacomo.
Scott, Derek, Ethan e Lydia vogliono trattenerlo con qui, vogliosi di estrapolargli informazioni utili, mentre Liam, Corey, Jackson e Stiles preferirebbero di gran lunga mandarlo al rogo.
Intanto il soggetto principale della discussione è disteso scompostamente sul divano, fermo e immobile grazie al veleno utilizzato da un certo kanima, mentre Theo armeggia in cucina, tentando di preparare un pasto decente con i pochi ingredienti rimasti nel frigorifero.
Necessitiamo una scappata al supermercato, oltre che una doccia collettiva.
Io sono seduta in basso sulle scale, ad osservare l'intera scena, senza proferire parola.
Sto pensando ancora agli eventi accaduti recentemente, a come la rabbia sia riuscita a a trasformarmi contro la mia volontà e a come io abbia atterrato con tanta facilità un uomo di taglia media armato.
<<Potrebbe darci delle informazioni utili!>> ribatte la banshee, urlando a sua volta.
Sono passati dal conversare acidamente all'aggredirsi verbalmente, aumentando di volta in volta il tono di voce.
<<Guardate che io sono qui...>> ricorda Giacomo, ancora impossibilitato dal muovere alcun muscolo che non siano la bocca e gli occhi.
<<Stai zitto!>> gli impone Stiles.
<<Non ci possiamo fidare di lui!>> continua il beta, indicando il soggetto come fosse la cosa più riluttante che abbia mai visto.
<<Ma di Theo invece sì, vero?>> lo schernisce Ethan.
<<Non tirarlo in ballo!>> gli urla contro Liam, facendo qualche passo minaccioso in avanti.
<<Se no che cosa hai intenzione di farmi?>> ribatte Ethan, avvicinandosi a sua volta.

<<Ragazzi...>>
La mia voce è poco più di un sussurro e nessuno sembra intenzionato ad ascoltarla.
<<Ragazzi basta.>> dico questa volta con più decisione.
Continuo ad essere palesemente ignorata e la rabbia torna a ribollire all'altezza del mio stomaco, pian piano diffondendosi in tutto resto del corpo.
Gli altri continuano ad urlarsi contro, mai soddisfatti dell'effetto tagliente delle frasi da loro pronunciate, vogliosi di aver ragione, di averla vinta ed il fatto che per una stupida lite scaturita da uno stupido soggetto io venga ignorata, questo non fa altro che irritarmi, sempre di più, finché ad un certo punto lo sdegno diventa troppo.
<<HO DETTO BASTA!>>
Il silenzio cala mentre una ventina di occhi, compresi quelli di Theo che è sbucato da dietro la porta di legno della cucina, si posano sulla mia persona.
Non riesco neanche a stupirmi del tono autoritario che ho usato a causa della collera che mi ribolle nelle vene.
<<Ma vi sentite!? Vi rendete conto di quello che state facendo!?>> sbotto alzandomi in piedi.
<<State litigando per un motivo futile! Posso capire l'agitazione data dagli ultimi eventi, ma vi state letteralmente sbranando!>> continuo, avviandomi a passo deciso verso la porta d'entrata.
La apro, ma prima di andarmene mi volto un'ultima una volta, lo sguardo dei presenti ancora puntato su di me.
<<L'unica persona contro cui dovreste riversare la vostra rabbia si chiama Tamora Monroe, che in questo momento si starà sicuramente compiacendo per averci quasi messi in trappola oggi, quindi smettetela di mordervi la coda a vicenda. Prima di tutto, Giacomo ci dirà tutto quello che sa o che crede di sapere, poi decideremo se impiccarlo all'albero più vicino o annegarlo nella vasca da bagno, ma fino ad allora non voglio vedere nessuno istigare un propio compagno. Siamo un branco e continueremo ad esserlo, non ci separeremo per colpa di una perfida donna dai folli ideali o per qualche altro irrilevante motivo, è chiaro!?>>
Detto questo, mi volto uscendo all'esterno e sbattendo la porta alle mie spalle.

In Another WorldDove le storie prendono vita. Scoprilo ora