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Panico.
Non voglio morire.
Non sono psicologicamente ne fisicamente pronta, ma questo all'uomo di colore non sembra importare.
Con tutta la tranquillità di questo mondo, appoggia la ventiquattr'ore di pelle nera che stringeva saldamente fra le mani sul tavolo e aprendola, inizia a scrutare attentamente il contenuto a noi ignoto.
Preleva da essa due boccette di vetro e due bisturi, che con attenzione disinfetta, sotto lo sguardo allarmato di due lupi mannari, ma anche questo sembra non dargli peso.
<<Prima di tutto devo prelevarvi qualche goccia di sangue, ma dato che non possediamo una vera attrezzatura medica, mi dovrò arrangiare.>> spiega avvicinandosi cautamente a Giacomo.
La sua voce è calma e pacata ed è forse questo a trasmettermi un'inquietudine spaventosa.
<<Non vorrai mica->>
Le parole del moro vengono interrotte da un suo mugugno di dolore, mentre l'uomo, accovacciato a terra alla sua sinistra, è impegnato a creare una piccola incisione sulla parte del braccio non coperta dalle catene e lasciata esposta dagli indumenti.
In seguito appoggia una di quelle boccette per raccogliere qualche goccia solitaria di sangue amaro.
Una volta compiuto l'atto, ripone gli oggetti utilizzati nella borsa e prendendo tra le mani le loro copie identiche, ma pulite scrupolosamente, mi si avvicina sorridendo.
Un sorriso terrificante, che mi fa venire letteralmente i brividi.
<<Perché vi serve il nostro sangue se tanto poi ci ucciderete?>> domando per distrarlo e per recuperare un po' di tempo.
<<Scopi puramente scientifici, mia cara.>> mi informa senza smettere di avvicinarsi con cautela.
Non so come, ma dobbiamo uscire da qui, il più in fretta possibile.

<<Se la tocchi, io giuro su Dio che ti ammazzo.>>
La minaccia di Giacomo fa girare l'uomo verso di lui, ma non sembra neanche un minimo scoraggiato, o tantomeno intimorito da essa.
Continuando a guardare il moro, compie un gesto fulmineo con la mano che impugna un oggetto che solitamente dovrebbe possedere solo un chirurgo, graffiandomi una guancia.
Appoggia sulla mia gota la boccetta di vetro, raccogliendo qualche rimasuglio di sangue della ferita che si starà sicuramente già rimarginando.
<<Trovo affascinante il metodo utilizzato dal vostro corpo per guarire, ma penso che non abbiate il diritto di possedere tale dono.>> confessa tornando verso il tavolo e riponendo i vari oggetti.
<<E io penso che tu non abbia il diritto di torturarci, ma non si può avere mica tutto dalla vita, giusto?>> lo schernisce Giacomo.
Dal forte odore che emana, posso affermare al cento per cento, di essere sicura che quel ragazzo sia furibondo.
Io non riesco ad emettere un suono, una qualsiasi parola, troppo preoccupata per quello che potrebbe accaderci.

<<Sai, il capo ci è rimasta male, quando ha scoperto che anche tu hai le pulci.>> dice indirizzando queste parole cariche d'astio al moro, mentre continua a frugare nella valigetta nera.
<<Oh, che peccato. Me ne farò una ragione.>> ribatte acido il ragazzo.
La situazione sta diventando più pungente del previsto.
<<Lei credeva in te, sai? Pensava che saresti diventato un ottimo successore, ma a quanto pare si sbagliava. Sei solo un piccolo bastardo randagio. Lei ti ha accolto e tu come l'hai ripagata? Unendoti al nemico. Ti faccio i miei più sentiti complimenti.>>
Il vocabolario forbito e i toni moderati che prima utilizzava stanno via via sfumando, schiacciati dall'odio e dal disprezzo.
Eppure non alza mai lo sguardo, troppo intento ad osservare il contenuto di quella stupida ventiquattr'ore.
Chissà che cosa conterrà...
<<Non ho potuto fare altrimenti, quando ho scoperto che tipo di persona fosse il tuo capo. Se ben ricordo, quando sono tornato da lei dopo essere stato rapito, mi ha torturato.>> risponde Giacomo più infuriato di prima.

Finalmente l'uomo di mezza età di cui ora vorrei conoscere il nome sembra aver trovato ciò che stava cercando, in seguito appoggia sul tavolo altri due bisturi, questa volta di una dimensione maggiore e due piccoli contenitori di vetro.
<<Ora dovrei prelevarli un campione di pelle.>> annuncia voltandosi verso di noi con in mano i fatidici oggetti.
<<Iniziamo dal più simpatico.>> dice scherzosamente avvicinandosi al moro.
Gli taglia un pezzettino di pelle dal braccio, la dove in precedenza aveva creato una piccola incisione e lo mette nel piccolo contenitore, stando attento a non toccarlo, per non contaminarlo.
<<Perché?>>
Finalmente riesco a parlare e non ho intenzione di fermarmi così facilmente.
<<Perché provare odio per ogni singolo lupo mannaro? Non ha senso!>>
Un'ira potente inizia a ribollire anche dentro di me e l'uomo finalmente lascia trasparire uno spiraglio di incertezza.
<<Voi uccidete.>> mi da semplicemente come risposta.
Non ha senso.
<<Non tutti gli esseri soprannaturali si fanno guidare da istinti omicidi.>> cerco di convincerlo, ma ovviamente non sembra bastare.
<<Sai, ci sono anche svariati umani che uccidono. Killer, mafiosi, assassini, persone che compiono intere stragi, eppure noi non ci mettiamo mica a sterminare tutto il genere umano per colpa di quegli insensibili!>>
Se dovessimo seguire quel ragionamento, a quest'ora saremmo tutti morti, senza alcuna eccezione.
Queste persone sono spaventate da qualcosa che non possono controllare e di conseguenza pensano che la violenza e l'eliminazione totale della presunta minaccia sia la scelta migliore, ma non è così.
Chi possiede maggiore forza, non è detto che la utilizzi per scopi malefici, anzi, tutti gli esseri dotati di poteri che ho incontrato finora si sono dimostrati ragionevoli e compassionevoli.
Non dico che tutti siano dei santi, ma di sicuro non tutti possiedono fini malvagi.

<<La tua è un'ottima argomentazione per l'inizio di un acceso dibattito, ma sfortunatamente non sono qui per conversare.>> mi confessa il perfido individuo avvicinandosi lentamente.
<<Vediamo, dove posso prelevarti un pezzo di pelle?>> si domanda retoricamente.
I miei occhi sono unicamente concentrati sul signore di colore di fronte a me con lo sguardo da pazzo, ma le mie orecchie vengono catturate da qualcos'altro.
<<Li senti anche tu?>> mi domanda a bassa voce Giacomo e per rispondergli annuisco.
Suoni di lotta tutti intorno a noi, che man mano si fanno sempre più forti, sempre più vicini.
Prima che possa sondare l'aria per tentare di riconoscere qualche odore familiare, la porta di questa latta di metallo viene spalancata senza troppi complimenti, sulla soglia un Liam altamente arrabbiato, nel momento migliore della sua trasformazione e uno Stiles alquanto provato e munito di una mazza di ferro a strisce blu.
<<Ma che->>
Senza fargli finire la frase, i nostri salvatori assalgono l'uomo di mezza età, mettendolo fuori combattimento in poco tempo.
Ho un dejavú.


<<Elisa!>>
Dopo averci slegato, percorriamo lo zoo insieme anche a Derek, Jackson e Theo fino all'uscita, dove una Lydia preoccupata mi corre incontro abbracciandomi con forse troppa forza.
<<Non provare mai più a farti rapire, o molto probabilmente morirò d'infarto!>> mi sgrida stringendomi far le sue braccia un po' di più.
Io sono ancora troppo scioccata, ma comunque estasiata dal loro arrivo.
Tutti si guardano e si abbracciano contenti del risultato a quanto pare positivo della missione, come alla fine di un film, ma ci sono ancora delle domande che desidererei porgli.
<<Come ci avete trovato?>> chiedo una volta che la banshee decide di farmi tornare a respirare in modo adeguato.
<<Siamo arrivati a salvarvi seguendo un ragionamento: i condotti sotterranei, la banca abbandonata... tutte le basi erano in luoghi isolati e in disuso, così abbiamo ipotizzato che anche il luogo dove vi avevano portato doveva esserlo. Come dice sempre mio padre, la prima volta è un caso, la seconda una è coincidenza, la terza è uno schema.>> inizia Stiles con la spiegazione.
<<Beacon Hills è una città abbastanza curata, perciò non vi sono molti posti abbandonati o trascurati a lungo. Lo zoo è stato il primo luogo che ci è venuto in mente.>> continua Scott.
<<Direi che abbiamo avuto fortuna.>> scherza Ethan.
<<E una visione da parte di Lydia dove comparivano animali esotici.>> aggiunge ridacchiando Mason.
Un enorme sorriso si fa spazio prepotentemente sul mio volto e gli occhi brucianti minacciano un possibile pianto, ma tento di trattenerlo.
Sono così felice di averli trovati, essere catapultata qui è stato più che altro un dono per me.
Grazie a questa esperienza ho finalmente imparato qualcosa che da tempo avrei voluto sperimentare: la vera amicizia.
Può sembrare un discorso sdolcinato o in un certo senso scontato, ma posso giurare che finché certe cose non si provano sulla propria pelle, fino ad allora non si possono davvero comprendere.
Si può provare ad ascoltare, ad immaginare, ma finché non si trovano dei veri amici come loro, non si capirà mai sul serio l'importanza di questo legame.
Ed io mi sento così fortunata ed appagata ad averlo trovato, ad averli trovati.

<<Si sta facendo buio e non so voi, ma io inizio ad avere fame.>> dichiara Jackson catturando l'attenzione dei nostri stomaci, che insistentemente iniziano a borbottare, il mio soprattutto.
<<Dove possiamo andare? Ormai anche la casa sul lago è bruciata.>> contesta Corey utilizzando un termine poliziesco, per intendere che il nemico conosce anche quel rifugio.
<<Non pensavo l'avrei mai detto, ma a mali estremi... seguitemi.>> annuncia Derek scuotendo il capo con disaccordo e così facciamo.

In Another WorldDove le storie prendono vita. Scoprilo ora