Mille piccoli pezzi

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Cat's Pov

Me n'ero andata. Non lo sopportavo con quel suo modo sicuro di sé e quei dannati occhi verdi. Insomma, chi si crede di essere? Il principe William? Ma per favore!

Nello stato d'animo in cui stavo, l'unica cosa che volevo fare era cantare e ubriacarmi. Non necessariamente in quest'ordine. E conoscevo un locale in cui avrei potuto farlo. Si trovava a pochi isolati da casa mia ed era praticamente il mio rifugio. Era gestito da George, il proprietario, e Kevin, suo figlio, che conoscevo bene.

"Hey Kevin!" lo salutai entrando. "C'è posto per me stasera?"

"Certo Cat" disse lui sorridendomi. "C'è sempre posto per te, lo sai. E poi la gente oramai viene solo per sentire la tua splendida voce" ridacchiò lui facendomi l'occhiolino.

Dovevo ammettere che era un ragazzo davvero affascinante con il suo metro e novanta di altezza, le spalle larghe da nuotatore, i capelli ricci e biondi e due splendidi occhi azzurri. Se non fosse stato come un fratello per me, ci avrei fatto un pensierino. O anche due.

"Invece sono venuti per i tuoi buonissimi cocktail" dissi. "E, a proposito, me ne prepari uno?" Annuì sorridendo ed io in risposta gli diedi un bacio sulla guancia. "Grazie"

Andai verso il palco, che era più un piccolo rialzo che un palcoscenico, e cominciai a cantare. Tutti i pensieri che avevo sfumarono. Amavo la sensazione che mi dava. Mi liberava dalle catene che mi ancoravano a terra e mi faceva volare leggera verso luoghi sconosciuti e bellissimi.

Finita la canzone partirono gli applausi. Scesi dal palco e andai al bancone: Kevin mi porse un cocktail all'anguria, il mio preferito.

"Allora, come ti è sembrato?" gli chiesi, dopo aver bevuto dei sorsi.

"Sei stata fantastica, come sempre" rispose lui sorridendomi. "Come mai sei venuta oggi? Di solito vieni solo il mercoledì e la domenica"

"Cos'è, non mi vuoi?" chiesi facendo il finto broncio.

"Certo che ti voglio... Lo sai che sei sempre la benvenuta qui" disse lui.

Risi. "Beh, ho avuto una serata un po' particolare..."

Gli raccontai in breve quello che era successo, senza specificare chi fosse il mal capitato, e lui in risposta si mise a ridere.

"Cat, uno di questi giorni mi farai morire" disse sogghignando. Quando se ne andò a servire altri clienti, mi immersi nei miei pensieri.

Rivederlo in discoteca aveva fatto riemergere i ricordi e il dolore: ricordavo ogni parola che mi aveva detto e come mi aveva ridotto. E la rabbia divampò in me, come fuoco.


Avevo deciso di dichiararmi. Insomma, era già da due anni che mi piaceva e, purtroppo, lui non se n'era nemmeno accorto. A convincermi fu Gemma che era diventata la mia migliore amica. Le volevo molto bene.

Quella sera si sarebbe tenuta una festa dove era stata invitata tutta la scuola.

Cathy, puoi farcela, mi dissi tra me e me. Scesi dalla macchina dei miei e mi incamminai verso la porta, ma vidi di sfuggita un gruppo di ragazzi appoggiati sul muretto e, facendo più attenzione, notai che lui era lì. Stava parlando allegramente con i suoi amici e non potei fare a meno di pensare a quanto fosse perfetto.

Mi avvicinai cercando di catturare la sua attenzione, e quando mi guardò, lo fece in modo particolare. Non sapevo come interpretarlo o quali emozioni i suoi occhi trasmettessero perché ogni volta che mi guardava era come se si creasse una specie di muro. Ma forse era solo frutto della mia immaginazione.

Ce la puoi fare. Ora o mai più, Cathy.

-Ciao- dissi timidamente

-Ciao- rispose lui indifferente

-P-Posso p-parlarti? - balbettai.

Dopo qualche secondo, che a me parvero ore, annuì sbuffando e mi seguì. Ci allontanammo dai suoi amici e ci mettemmo sotto un albero. Lui si appoggiò con la schiena al tronco e le mani dentro le tasche dei pantaloni, con fare noncurante.

-Di cosa vuoi parlare? Non ho tutta la serata perciò sbrigati.

-Io...Io...- chiusi gli occhi e presi un respiro profondo. Dissi tutto d'un fiato – mi sono innamorata di te-

Ecco, l'avevo detto. Finalmente avevo detto quelle parole a lui.

Avevo sempre fantasticato su quel giorno. Avevo pensato a tutto: io che mi dichiaravo e lui che diceva che provava le stesse cose per me. Mi ero immaginata le sue braccia che mi stringevano dolcemente a lui e le sue labbra sulle mie. Ma niente andò come avevo previsto. La sua risata fu come una lama che mi perforava la pelle in tanti punti diversi. Dolorosa.

-Giuro, non avevo mai sentito una dichiarazione più patetica di questa- mi chiese ridacchiando. –Ma dico, ti sei vista?

Fu umiliante e imbarazzante e tremendamente doloroso. Le sue successive parole furono ancora più cattive e devastanti.

-Pensi davvero che uno come me si possa innamorare di una come te? Scherziamo? - disse alzando un sopracciglio e guardandomi dall'alto in basso.

Le lacrime minacciavano di uscire dai miei occhi, ma le scacciai. Stava andando via, ma non potevo lasciarlo andare così. Presi un po' di coraggio e gli bloccai il braccio. Lui si voltò verso di me infastidito, o forse arrabbiato.

-Perché mi tratti così? Che cosa ho fatto di sbagliato? – dissi sussurrando.

-E come dovrei trattarti? Sul serio, ma che problemi hai? Io neanche ti conosco! Per me sei solo l'amica mi mia sorella, anzi nemmeno quello. Per me sei nessuno- fece lui. –Vattene sfigata e fatti una vita.

Dolore, dolore e ancora dolore. Non sentivo nient'altro, nemmeno le lacrime che scendevano sul mio viso come un fiume in piena, neanche il vento freddo che soffiava forte. Solo dolore, che mi tolse il fiato.

Ero solo un illusa.

Non sentivo più nemmeno il mio cuore. Lui l'aveva ridotto in mille piccoli pezzi e poi li aveva calpestati. Lui aveva rotto il mio cuore.

Quando credi di odiare finisci per amare || H.S. ||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora