La mattina passò velocemente, guardando telefilm (soprattutto polizieschi), mangiando patatine e altre schifezze varie. Io li amavo. I telefilm e mangiare, sia chiaro.
Parlammo del più e del meno, scherzammo e cantammo perfino. Fu bellissimo. Se ne andò dopo pranzo... Presi il mio cellulare, che non guardavo dalla sera prima: c'era una chiamata persa da mia zia. Mia zia? Mi domandai mentalmente. Ero sconcertata. Non mi chiamava mai. E quando dico mai, intendo proprio mai mai. La richiamai.
"Ciao Emily, che vuoi?"
"Buon giorno Catherine, sento che sei sempre la stessa ragazza scorbutica" mi rispose tranquilla lei. La sua voce era odiosa, sembrava una cornacchia.
"A cosa devo l'onore di questa telefonata?"
"Volevo informarti di alcune carte..." disse lei.
"Quali carte?" domandai, confusa.
"Dobbiamo vederci" rispose lei.
"Oh, andiamo! Non farmiti cavare le parole dalla tua boccaccia"
"Non posso parlarne per telefono. Facciamo da te?" insistette lei.
"Assolutamente no. Ci vediamo tra dieci minuti nel bar al centro" le risposi io.
Non volevo che entrasse in casa mia. Neanche morta, pensai tra me, sarebbe dovuta passare sul mio cadavere.
"Va bene, Catherine" poi agganciò.
Odiosa. Odiosa con la O maiuscola. Ma non sapevo di cosa voleva parlarmi. E poi, bisognava ammetterlo, ero curiosa. Volevo sapere di cosa si trattasse. Mi preparai e mi incamminai verso il bar. Quando arrivai la vidi già lì, tutta dritta e precisa, seduta a un tavolo in disparte. Sembrava che le avessero conficcato una scopa su per il sedere. Sorseggiava un thè. Non beveva altro. A parte l'acqua, s'intende. Mi avvicinai verso di lei e, una volta arrivata, mi ci sedetti di fronte.
"Allora Emily, non ho molto tempo"
"Sono felice anche io di vederti, cara Catherine" disse in risposta girando il cucchiaino nella tazza. Aveva questo brutto vizio di chiamarmi con il mio intero nome. Non la sopportavo. "Bene, arriverò subito al dunque" continuò lei. "Tu non sei figlia di tuo padre"
"Stai scherzando, vero?" risi nervosamente e a voce abbastanza alta da attirare l'attenzione di altri clienti. La mia cara zietta sospirò. "È una Candit Camera?" chiesi, guardandomi intorno. "Avanti, dove sono le telecamere?"
Stavo sfiorando l'isteria.
"Ti sto dicendo la verità" disse lei. Poi mi prese la mano tra la sua, confortandomi. "Senti Catherine," iniziò, "per me non cambia niente, però volevo che lo sapessi. Ho trovato queste carte in delle vecchie scatole"
Tirò fuori dalla borsa una cartellina rossa con il mio nome scritto sopra in chiare lettere nere e me la porse. La presi con mano tremante e l'appoggiai al mio fianco. Non riuscivo a credere a quello che mi stava dicendo, ma aveva piantato il seme del dubbio.
Una cosa di mia zia bisognava dirla: era onesta. Era l'unico pregio che aveva.
"Non capisco... dopo tutto questo tempo..." Avevo le lacrime agli occhi.
"Mi dispiace. Hai comunque il diritto di saperlo" Dopo qualche minuto si alzò. "Bene, il mio lavoro l'ho fatto. Se vuoi scavare di più ti conviene cominciare da casa tua, quella a Holmes Chapel. Da quanto so, non è stato toccato niente da allora..." mi suggerii lei.
Ero troppo disorientata e sconcertata per rispondere. Anche solo per poter articolare una semplice frase. Mi riscossi solo dopo alcuni minuti.
"Grazie" sussurrai. Mi alzai anche io e ce ne andammo. Ognuno per la propria strada. Con la cartellina stretta tra le braccia, tornai a casa. Presi il telefono e chiamai Harry. Mi ricordai solo più tardi che aveva un'intervista, perciò gli lasciai un messaggio in segreteria:
--Harry sono io, Cat. Senti, oggi proprio non posso. Io... *sospirai* ...ho una cosa importante da fare. Volevo sono avvisati e dirti che mi dispiace averti dato buca, dico sul serio. *non dissi niente per qualche secondo* Devo andare a cercare delle risposte e... beh, non preoccuparti di niente. A presto--
Harry's Pov
Ero quasi a metà dell'intervista quando il mio telefono vibrò. Non potendo rispondere, lasciai che lo facesse la segreteria.
Nel frattempo la donna ci chiedeva come fosse la vita da star, se avessimo delle ragazze e blablabla. Chiedevano sempre solite cose. Non avevano un minimo di inventiva. Sbuffai e intanto mi immaginai la serata che avremmo passato io e Cat. Avevo l'idea, dovevo solo metterla in pratica. A riscuotermi dai miei pensieri fu Louis.
"Allora Harry?"
"Sono d'accordo con te" risposi distratto. Gli altri mi guardarono confusi. "Scusate, non mi sento molo bene" dissi, alzandomi e uscendo dalla sala per poi dirigermi verso il bagno. Presi il telefono e sentii il messaggio. Era di Cat... La prima cosa che notai fu il tono di voce: non era la Cat che conoscevo. La sua solita voce era allegra, strafottente e dolce. Invece in quel momento era triste e piena di dolore. Poi feci caso a ciò che mi aveva detto. Era tutto così confuso. Non sapeva neanche lei cosa dirmi. Tutto questo non fece che farmi salire la preoccupazione e l'unica cosa che volevo fare era andare da lei per capire cosa fosse successo, perché qualcosa era pur accaduta. Purtroppo non potei andarmene e dovetti aspettare la fine di quella dannatissima intervista. Durò due ore. Due interminabili ore. Poi, dicendo ai ragazzi che sarei tornato presto, mi diressi verso casa di Cat. Chiamai al suo cellulare, ma non mi rispose. Citofonai al campanello di casa, ma anche lì il silenzio assoluto. Ero in ansia come non lo ero mai stato prima per nessuno se non la mia famiglia. Andai nel panico, ma in tutto quel casino che avevo in testa pensai a Marika e la chiamai, sperando avesse qualche notizia.
"Pronto?"
"Marika sono io. Volevo chiederti se sai dove si trova Cat. Dovevamo uscire, ma mi ha chiamato disdendo l'appuntamento. Aveva una voce strana e sono preoccupatissimo"
"Purtroppo no. Però non devi preoccuparti, a volte resta via dei giorni senza chiamare" mi rispose lei, ma capii che neanche lei ne era convinta al cento per cento.
"Ma non hai idea di dove possa trovarsi?" insistetti io.
"Non saprei. Ci sono molti posti..." disse pensierosa.
"Facciamo così: mandami un messaggio con tutti i luoghi dove va di solito. Vedo se riesco a trovarla e nel caso ti faccio sapere. E... grazie mille" risposi io.
"Figurati. Tienimi aggiornata" rispose lei.
"Lo farò"
Poi attaccammo.
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Quando credi di odiare finisci per amare || H.S. ||
FanfictionLe parole posso distruggere. Le parole possono guarire. Sembrerebbe assurdo, vero? Ma non è così. Lei è cambiata da quando quelle parole le sconvolsero la vita. Lei ora è diversa. Potranno le parole e i gesti di lui guarire le sue ferite? Potrà l'o...