Da due ore, fisso un bambino che viene sgridato dalla madre perché ha cercato di rubare il cartello giallo "Attenzione! Pavimento bagnato".
Ovvio, chi non vorrebbe un cartello giallo, che probabilmente puzza di disinfettante scaduto, accanto al comodino nella propria stanza?
No, sul serio, io lo voglio.
E' la cosa più interessante che si possa ammirare dal mio fantastico posto vicino al bagno degli uomini, mentre sono all'aeroporto, seduta ad un tavolo di un bar ad spettare da due ore mio fratello Caleb.
"Anita! Anita!" oh no. Io questa voce la conosco. Mi giro e non faccio neanche in tempo ad alzarmi dalla sedia che Lena, la fidanzata di mio fratello, mi piomba addosso.
"C-ciao Lena. D-dov'è Caleb?" chiedo balbettando, perché mi sta stringendo così forte che a stento riesco a respirare.
"Non ci vediamo da due anni e la prima cosa che mi chiedi è dove sia tuo fratello? Sei contenta di vedermi?" No.
"Ti sono mancata?" No.
Annuisco.
"Tranquilla resto in piedi, non mi voglio sedere. Le sedie di questi bar sono scomode, non mi piacciono." Spero che ti si atrofizzino le gambe.
"Comunque io sto bene" Nessuno te l'ha chiesto.
Mi limito a fare un cenno con la testa e a fare un sorriso tirato, poi mi alzo dalla sedia e inizio a squadrare persona per persona, finché non lo vedo in lontananza. Mio fratello, che non vedo da ben due anni, ancora più bello di quanto ricordassi, sta venendo verso di me. Si è anche tagliato i capelli biondi, adesso sono più corti ai lati, mentre il ciuffo è sempre più lungo. I suoi occhi chiari, però, sono sempre gli stessi.
Con un gesto veloce, scanso Lena e corro verso Caleb saltandogli addosso. Con la coda dell'occhio la vedo inciampare nella gamba del tavolo e cadere per terra di culo.
Ahia. Ops, colpa mia.
"Che ci fa Lena per terra?" chiede Caleb mentre continua ad abbracciarmi.
"Ha detto che non le piace sedersi sulle sedie dei bar, perciò..."
Lena si alza subito pulendosi i jeans, mi guarda con una faccia un tantino incazzata ma appena si accorge della presenza di mio fratello, fa un sorriso smagliante. "Non ti preoccupare, lo so che non lo hai fatto apposta."
____________________Circa 20 minuti dopo salgo finalmente in macchina, mentre Caleb carica le mie valigie nel portabagagli e Lena si siede al posto del passeggero davanti.
Istintivamente prendo le mie cuffie e inizio ad ascoltare della musica guardando fuori al finestrino, fin quando non sento la voce di Lena chiamarmi.Oh no. Vuole fare conversazione. Questo è un problema.
Chiudo subito gli occhi e fingo di dormire. Dopotutto ho dormito solo 2 ore questa notte, ho bisogno del mio riposino di bellezza.
Ma chi voglio prendere in giro, anche con 10 anni di dormita, un cassonetto della spazzatura sarebbe più decente di me.
Chiudo subito gli occhi e fingo di dormire. Inizio a pensare. Agli ultimi anni trascorsi in California da mio zio Thed, il fratello di mia madre, con mia zia Hanna e mio cugino di 14 anni Thomas, soprannominato da me "zerbino", perché si faceva sempre mettere i piedi in testa dai suoi compagni di classe. Quando capii che non erano solo scherzi innocenti, ma era proprio una forma di bullismo, gli insegnai di nascosto come difendersi, come rispondere a tono ma senza esagerare; praticamente gli suggerì tutte le offese che avrebbe potuto dire (prese dalle serie tv o sentite da mio fratello).
Penso a come in questi anni mi è mancata la mia migliore amica Julie, alle nostre chiamate che duravano ore e ore in cui mi parlava di tutto ciò che succedeva a scuola, tenendomi aggiornata sulle attività scolastiche, sui professori nuovi e quelli che andavano in pensione, sulle nuove coppie, sul fatto che Alex, capitano della squadra di basket, non la cagasse minimamente, sulle liti con i suoi genitori perché pensa che le nascondano qualcosa, mi dice tutto.
Credo che lo faccia perché vuole farmi sentire come se non fossi mai andata via. E io la adoro per questo.
Penso alla mia famiglia. Al giorno in cui, circa tre anni fa, mia madre e mio padre decisero improvvisamente di trasferirsi in California, nella stessa città dei miei zii, trascinando me e mio fratello via da Manhattan costringendoci ad abbandonare tutti. Per "tutti" intendo Julie e... Julie.
Perché, al contrario di mio fratello, io sono così invisibile agli occhi della gente che se mi mettessi un costume da struzzo con un gonnellino hawaiano cantando "We are the champions", non mi vedrebbe nessuno. Poi c'è Caleb, che se solo respira tutti gli fanno un applauso.
Non ci assomigliamo nemmeno. E poi è più grande di me, non frequentiamo gli stessi corsi perciò non stiamo mai insieme. Non posso mica andare in giro gridando con un megafono: "Caleb Collins è mio fratello. Ripeto: Caleb Collins è mio fratello", o le persone penserebbero che mi voglia vantare della nostra parentela per essere popolare.
Non è mica così...
Ma sinceramente io sto benissimo fra i non-vip con Julie.
Un anno dopo, per ragioni che non hanno voluto dirci, i nostri genitori hanno divorziato e mia madre non aspettò un secondo solo per ritornare a Manhattan. Ma io quelle ragioni le conosco benissimo...
In comune accordo, decidemmo che era meglio per tutti che io e mio fratello vivessimo con nostra madre Karen però io, da grande idiota che sono, mentre facevamo la fila per il volo diretto a Manhattan, lasciai mio fratello in coda e mi diressi in bagno. Non so come, mio fratello si ritrovò sull'aereo già partito e io mi trovai sulla terra ferma.
È vero che fui io a sbaglire gate, invece che al gate C16 andai al B16 (perché il mio senso d'orientamento potrebbe fare concorrenza ad un delfino che cerca la savana) ma lui poteva anche aspettarmi!
Caleb dice di no, ma io credo sia stato un piano per sbarazzarsi di me.
Era l'ultimo volo della giornata e il destino volle che i giorni a seguire ci fu una grande nevicata che bloccò tutti i voli.
Ho la sfiga nell'anima. Sono così sfigata che se dovessi morire, mi reincarnerei in me stessa.
In quei giorni dormii a casa dei miei zii e fu allora che scoprii che Thomas veniva preso di mira e il mio istinto da cugina maggiore, il fatto che ormai mi ero abituata a quella vita e che avrei dovuto fare chissà quanti chilometri in aereo e pullman da sola, mi spinsero a voler rimanere in California ancora un po', nonostante mi sarebbero mancati mamma, Caleb e Julie.
La data del ritorno, per un imprevisto o per un altro, veniva sempre rimandata, fin quando mia mamma non ha avuto una proposta di lavoro davvero fantastica, che la costringeva a trasferirsi in un'altra città vicina a New York. Non volendo costringere Caleb a seguirla o ad abbandonare tutto e tutti per venire nuovamente in California dagli zii (poveri, avrebbero dovuto sopportare due Collins), abbiamo deciso che è finalmente arrivato il momento del mio ritorno.
Io e Caleb siamo abbastanza grandi per vivere da soli. E poi lui è maggiorenne e ha la macchina.
In tutto questo, mio fratello ha avuto la fantastica idea di fidanzarsi con Lena, la "regalo sorrisi a tutti" della scuola, che se provi a insultare ti stacca un avambraccio.
E quindi adesso mi trovo in macchina con Caleb e Lena, diretta a Manhattan mentre faccio finta di dormire, pensando a tutto quello che è successo in soli tre anni.
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RomansaAvete presente quando guardate un film e pensate: "Wow, bella storia, ma certe cose non accadrebbero mai nella vita reale", cioè momenti divertenti a scuola, alle feste, incontri casuali con tizi strafighi che successivamente ti salveranno da brutte...