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E' notte fonda nella città di Tokyo. Tutto tace e l'unica cosa che risuona è il fruscio delle foglie, accarezzate dal vento. A interrompere quella quiete, fu il rumore di un grande aereo bianco, pieno di luci, che faceva contrasto con i colori scuri della notte. In quel momento, le poche persone ancora per strada alzarono gli occhi al cielo e non si preoccuparono molto, pensando che erano solo dei semplici turisti. Si sbagliavano di grosso. Seduto su un sedile di quel spazioso mezzo privato c'era Elle, il più grande investigatore di tutti tempi. Venuto in Giappone, chiamato dall'Interpol, per risolvere il caso 'shinigami', così definito dalla polizia giapponese.

"Assassini...certo come no...una banda di bambini cresciuti che giocano a fare il giudice delle vite altrui" Elle, interessatosi al caso, già aveva cominciato a indagare scoprendo solo che il 'quartier generale' di questa banda si trovava in Giappone: i primi crimini sono stati commessi nella nazione del sol levante, ed era andato avanti così per almeno un mese, finché non avevano allargato i loro 'confini'. Il detective si stava godendo il viaggio, mangiando la sua solita fetta di torta con panna e fragole e seduto nel suo strano modo. Intanto guardava il computer e tutte le ricerche fatte e prove ottenute...aveva bisogno di una mano per portare avanti il caso, da solo, questa volta, non c'è l'avrebbe fatta. Anche se sembrava più difficile rispetto agli altri che aveva affrontato, Elle era molto elettrizzato e sicuro di se. Sapeva che avrebbe mandato quei criminali in carcere e fatto onore alla giustizia, come sempre d'altronde.

"Si prepari all'atterraggio, siamo arrivati" disse Watari sbucando dalla cabina dei comandi. Il corvino non disse nulla, annuì solamente troppo assorto dai i suoi pensieri riguardanti il caso. Era impossibile che centinaia di assassini, dispersi intorno al mondo, facessero tutto da soli. C'era qualcuno che li controllava, che dava loro informazioni. Quelle persone erano vittime del loro stesso capo, eseguivano solo gli ordini...erano solo delle pedine. Magari era così, o forse no ma il detective era più che sicuro che fosse quella la verità, aveva bisogno di prove per dimostrarlo e le avrebbe trovate.

Intanto l'aereo atterrò e i due, nella loro lussuriosa limousine nera, arrivarono nel hotel dove avrebbero passato la notte. Prese le valigie, Elle e Watari salirono in camera, per l'esattezza due, e in men che non si dica si chiusero all'interno. La prima cosa che fece il corvino fu togliersi le scarpe che poi lasciò disordinate sul pavimento e si avviò verso il bagno, dove si sciacquò il viso. Dopo fatto ciò alzò il viso verso il piccolo specchio, sopra il lavandino e stette lì a fissarsi per minuti. Voleva studiare ogni particolare del suo viso perché aveva la sensazione, da quando aveva accettato il caso, che non l'avrebbe più rivisto. Era una sensazione strana, non riusciva a spiegarla in modo logico, ma, in quel momento, aveva bisogno di guardarsi allo specchio e stabilire nella suo mente una memoria di se. Occhi neri e grandi contornati da perenni occhiaie; capelli, anche quelli neri, disordinati; collo sottile e clavicole sporgenti; viso piccolo e fine. Per un attimo pensò a quello che stava facendo e si rese conto che era tutto senza senso...non era da lui. Scuotendo la testa e sbuffando, si buttò una mano in fronte e si rimproverò mentalmente.

"Ecco cosa ottengo da una vita passata a risolvere problemi e casi contorti...la pazzia. Sto impazzendo completamente" Fu l'unica cosa che pensò quando uscì dal bagno. Il detective pensava alla sua vita come bruciata. Non era facile vivere nascosto dal mondo. Tutti sapevano che esisteva, ma nessuno sapeva chi era. Fin da bambino, all'orfanotrofio, la sua vita era stata plasmata, il suo destino già era stato scritto...sapeva già chi doveva diventare. Watari, una figura paterna per il corvino, lo aveva aiutato a realizzarsi come detective e gliene era grato, ma sentiva che nella sua vita qualcosa mancava poiché molte tappe erano state bruciate. Elle non aveva avuto un infanzia normale, chi bambino passava le ore a risolvere problemi complicati. Scocciato più che mai si buttò sull'enorme letto della camera, cercando di dormire le sue solite tre ore poiché l'indomani avrebbe avuto l'incontro con l'Interpol.

Finché vita non ci separiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora