7.

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Il giorno seguente Light si diede appuntamento con Rem in un piccolo parco vicino casa del moro. La giovane voleva mostrargli il loro 'quartier generale'. I due, quando arrivarono al punto di incontro, si salutarono in modo freddo e distaccato, per poi avviarsi, guadati da Rem, in una lunga e stretta stradina. Pareva che la giovane percorresse sempre quella strada. Si muoveva abile tra le varie vie e Light la seguiva attentamente.  Tutto avvenne nel più completo silenzio. Light si chiedeva dove stessero andando e cosa c'entrasse quello con il ruolo che doveva svolgere. Nonostante le mille domande, il moro rimase in silenzio. Se Rem non avesse parlato, neanche lui l'avrebbe fatto.  Arrivarono poco dopo di fronte a un edificio. Era molto grande, a tre piani, e si poteva notare che era stato ristrutturato da poco, in quanto le mura e l'intonaco sembravano nuovi di zecca. Rem, sotto lo sguardo interrogativo di Light, bussò al grande portone, che faceva da porta di ingresso alla costruzione, e poco dopo venne aperto da un signore di mezza età che salutò Rem cordialmente e invitò i due ad entrare. Light si rese presto conto che quello era un orfanotrofio. Dall'interno sembrava ancora più grande. Tutto era alquanto strano: l'edificio era troppo silenzioso per essere un orfanotrofio e, soprattutto, non c'era traccia dei bambini. Questo Light non se lo spiegava, voleva delle risposte concrete ora più che mai.  Dall'ingresso si accedeva a un immenso salone, contornato da delle scale a giro che portavano agli altri piani. Il moro stava per parlare quando l'uomo lo precedette.

"Benvenuti nell'orfanotrofio degli shinigami. In questo momento, signori, ci troviamo nel grande salone dove i piccoli si allenano. Ora dovremo giungere al terzo piano dove si trova la sala di controllo." il maggiordomo guidò i due giovani fino in fondo alla grande stanza, dove presero l'ascensore.

"Signorina Rem, mi permetta, chi è questo giovanotto in sua compagnia?" domandò l'uomo senza scomporsi o muoversi dalla sua posizione. Rem lo rispose senza neanche guardarlo, a volte sapeva essere glaciale.

"E' un nuovo membro, Fettel. Trattalo con il dovuto rispetto" disse solamente la giovane, senza aggiungere particolari informazioni. Rem quando 'lavorava' era completamente diversa, e, infatti, aveva ottenuto il rispetto di tutti lì dentro. Poco dopo arrivarono e la giovane congedò il maggiordomo. I due si diressero verso la sala comandi che era l'unica, insieme ad un'altra, che si trovava al terzo piano. Quando entrarono Ryuk era già lì seduto di fronte a un maxi schermo e piccoli computer che lo contornavano. La stanza si rilevò abbastanza piccola ma piena zeppa di  aggeggi elettronici. Light era sorpreso, così come Rem, che il suo migliore amico si trovasse lì.

"Perchè sei venuto quì, se non vuoi che Light partecipi?" domandò Rem avvicinandosi a Ryuk. Non era arrabbiata, anzi era felice che il fratello fosse uscito da quella stanza e avesse deciso di darle una mano. Ryuk guardò la sorella maggiore. I suoi occhi erano inespressivi, un vuoto totale. Il rosso tanto acceso che il colorava, era diventato scuro tanto che rappresentava, perfettamente, quello che aveva dentro: il buio.

"Sono io che devo dirgli la storia della nostra famiglia, non tu. Quando ieri mi hai detto che avevi fatto al proposta a Light e che avevi intenzione di spiegargli tutto, sapevo che lo avresti portato qui. Quindi ho fatto prima di te" Rem era sorpresa ma pensò che, forse, era meglio così. Quindi si appoggiò a una delle tanti scrivanie in quella stanza e rimase in silenzio, incitando con lo sguardo il fratello.

"Light, ti prego, siediti che ti spiego tutto. La storia è lunga, quindi ascolta attentamente e non interrompermi" disse Ryuk porgendogli una sedia che si trovava lì vicino. Light era confuso, era successo tutto troppo in fretta ma la curiosità di sapere quell'enorme segreto era troppa. Il giovane si sedette velocemente, aspettando che il corvino parlasse. 

"La storia comincia molti anni fa. Mio nonno era giovane, ma nonostante questo era intraprendente, determinato e coraggioso. Tale era il suo coraggio e determinazione che portava avanti il sogno di sconfiggere tutta la criminalità. Era solo un bambino e nel suo piccolo riusciva perfettamente nel suo intento: si batteva contro i bulli, evitava piccoli furti di caramelle da parte dei suoi compagni e cose del genere. Da un semplice bambino divenne un vero e proprio adulto e il suo sogno era cresciuto con lui. Divenne un poliziotto e ogni giorno si impegnava nel far rispettare le regole e catturare quelli con non le rispettavano. Un giorno gli proposero un caso e lui, come di sua natura, accettò. Il problema era che accettò il caso sbagliato. Mio nonno era impavido, non aveva paura di un paio di assassini e, come sempre, pensava di riuscire a buttarli dietro le sbarre. Questa battaglia andò avanti per mesi o forse anni, finché quei maledetti bastardi non fecero la loro mossa. La mossa che li assicurò la morte. Una sera d'inverno mio nonno stava tornando a casa. Anche quella giornata, come tante altre, era stata faticosa ma il pensiero di rivedere la sua famiglia lo consolava. Quando arrivò a destinazione l'unica cosa che vide furono le fiamme. Le urla dei vicini si sentivano per tutto il quartiere ma, in quel momento, mio nonno non se ne curò. Si buttò in mezzo al fuoco, riuscendo ad entrare in casa. L'unica cosa che pensava in quel momento era salvare suo moglie e i suoi tre figli, tra cui nostro padre. Superando aste di legno cadute e porte infuocate riuscì ad arrivare davanti alla camera della nonna che, con i due gemelli neonati in braccio, gli gridava di salvare il suo primo genito. Le fiamme divampavano sempre più e capì che per la moglie e i due bambini in fascia non c'era più niente da fare. Con le lacrime agli occhi corse da nostro padre, un bambino di soli cinque anni, in lacrime. Mio nonno lo prese in braccio e appena si voltò, per provare ad uscire di casa, vide un vigile del fuoco pronto a portarlo in salvo. Da quella sera mio nonno volle vendicarsi e sapeva già come. Li avrebbe ripagati con la stessa moneta. Costruì questo orfanotrofio con le sue mani. Accolse bambini e giovani, dai 3 ai 16 anni, che erano stati abbandonati dalle loro famiglie e li allenò ad usare le armi e nell'arte del combattimento. Pian piano il suo piccolo esercito crebbe sia di grandezza che di forza. Finché dopo mesi e mesi organizzó la sua vendetta. Fece bruciare vivi gli assassini di sua moglie e così continuò. Questa struttura e poi passata nelle mani di mio padre, che ha accolto sempre più ragazzi fino a diventare gli 'shinigami' che oggi tutti conoscono."  Light era rimasto senza parole. Non poteva credere che dietro ci fosse tutto questo. Il moro, in quel momento, si sentiva ancora più motivato. Avrebbe reso onore alla famiglia di Ryuk e avrebbe reso onore a se stesso. Non vedeva l'ora di cominciare.

Finché vita non ci separiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora