32.

403 21 2
                                    

"C-cazzo Elle, non a-avevi - AH! - detto c-he non mi avre-sti più toccato?"

"Sta zitto!" 

Elle e Light si trovavano ancora su quella sedia a godersi l'uno il corpo dell'altro. Il corvino teneva, con una mano, i polsi del compagno legati con la catena dietro la schiena, mentre con l'altra gli stuzzicava un capezzolo. Il moro, mezzo nudo, si ritrova a saltare sul detective in contemporanea con le sue spinte, che, nonostante la posizione abbastanza scomoda, erano ben assestate. Light era al settimo cielo, lui sentiva il bisogno di aver un contatto con Elle e non capiva il perché. Il detective, invece, forse più per esperienza, ormai stava capendo cosa lo spingesse sempre più verso il moro, ma lui doveva preferire la botta e via.  Non poteva amare un criminale, non un altra volta almeno.

"N-non puoi scoparmi, trattarmi male e poi scoparmi di nuovo, non è giusto!" disse il ragazzo con la faccia rossa e un rivolo di saliva che gli usciva dalla bocca, buttando la testa all'indietro per poi appoggiarla sulla spalla di Elle. I loro corpi erano sudati e caldi, sembrava di stare in una sauna ma Light amava quel tepore e, forse, il fatto che Elle non avesse rinunciato a lui era un altro motivo per  cui essere al settimo cielo. Era tutto fottutemene eccitante, ma grande lavoro lo faceva anche il brivido e l'adrenalina di essere scoperti. 

"Lo sto facendo proprio ora e devo ammettere che è il mio nuovo passatempo preferito" disse Elle sussurrandolo nell'orecchio per poi mordergli il collo.Gli lasciò un bel livido violaceo e il detective sorrise a quel gesto tanto possessivo quanto amorevole. Successivamente fece scendere la sua mano dal capezzolo fino all'intimità dell'amico che cominciò a masturbare.

"B-bast-t-ardo" Light aumentò il tono dei suoi gemiti avvertendo le nuove attenzioni. Dopo pochi minuti Elle venne dentro il moro, mentre lui sul suo petto. Calmato il respiro, il corvino prese il viso di Light e lo girò verso di se, baciandolo dolcemente. Le lingue si toccavano sporadicamente, non c'era passione, c'era solo voglia di unirsi e dimenticare chi fossero per un momento.

"Ti amo Light" il corvino però quelle parole non le disse, rimasero nella sua testa, insieme a tutti le sue paranoie, insieme a tutti i suoi rimpianti, insieme a tutti i suoi sbagli. In quel momento si accorse che con tre semplici parole, si era di nuovo fottuto da solo. 

Il corvino liberò i polsi di Light, facendolo poi alzare da se. Entrambi si ricomposero e pulirono dove poterono. Elle lo osservava in ogni suo movimento, ogni tanto si chiedeva come sarebbe stato viverlo nella quotidianità, ma il dolore si faceva spazio nel petto quando pensava al grande criminale che rappresentava il suo amato Light. Ad un tratto il telefono del moro squillò e quel suon risvegliò i due giovani. Light rispose velocemente e venne avvisato sui risultati fatti sul sangue trovato sul luogo del crimine. Il moro stava per riattaccare ma la voce profonda del poliziotto richiamò la sua attenzione. Elle lo guardava interrogativo, la curiosità lo stava divorando.

"Io-ok, arrivo subito." la voce cominciava a tremare, Light non si era mai sentito così. I suoi occhi erano spenti, non sentiva più il controllo del suo corpo, era come paralizzato. Provava una fitta proveniente dal petto, l'avvertiva fin dentro alle ossa, era insopportabile. 

"E' stata colpa mia."  il moro scoppiò in lacrime, cercava di trattenere i singhiozzi ma non ci riusciva. Questo non se lo sarebbe mai perdonato. Come avrebbe potuto guardare negli occhi sua madre e sua sorella senza sentirsi la feccia dell'umanità. Improvvisamente si sentì stringere, riconobbe subito le braccia di Elle e, senza pensarci troppo, si abbandonò a quelle braccia, stringendolo ancora più forte. 

"Liberami, ti prego...io devo andare da mio padre" il ragazzo si nascose nell'incavo del collo del corvino e quest'ultimo percepiva le lacrime che gli bagnavano la maglietta. Elle aveva capito quello che era successo, ma non poteva capire la sofferenza che il moro stava provando. Lui era cresciuto senza i suoi genitori, non era possibile soffrire per qualcuno che non c'era mai stato. L'unica cosa che poté fu acconsentire, sciogliendo quell'assurdo legame che aveva instaurato. Light, con ancora delle lacrime che gli bagnavano le guance, incredulo, lo ringraziò e corse via dall'ennesimo errore commesso nella sua vita.  

Erano passati due giorno dal funerale di suo padre e Light credeva di impazzire. Ricordava ancora le lacrime delle due donne della sua vita che lo abbracciavo, come se fosse l'ultima speranza. I sensi di colpa lo stavano mangiando vivo, lo stavano consumando. Sentiva quella sensazione fin sotto la pelle. Il ragazzo proprio quel giorno promise ai colleghi di suo padre di portare al termine il caso, di catturare Sommo Shinigami ad ogni costo. Il ragazzo, dentro di se, rise sarcastico. Poco dopo pensò al casino con il detective e si sentì svenire. In un solo mese si era creato troppi problemi. 

"Se mi costituisco faccio prima"

L'oscurità aveva preso il posto della luce, così come la luna con il sole e Light, a passo veloce, si stava dirigendo all'orfanotrofio. Doveva vedere Rem. Arrivato a destinazione, il maggiordomo lo fece entrare, informandolo che alcuni ospiti erano arrivati da poco. Il ragazzo sospirò pronto a quello che sarebbe potuto succedere. Diede il cappotto all'uomo e si avviò verso la stanza di controllo. Prima che riuscisse ad aprire la porta, gli arrivò un pugno in pieno viso. Light immaginava chi potesse essere.

"Sei uno stronzo, Light" il ragazzo guardò quegli occhi rossi e ne restò quasi impaurito.

   

Finché vita non ci separiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora