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Usciti da quel bagno, Elle e Light erano freddi e indifferenti l'uno verso l'altra, come se niente fosse successo. D'altro canto, dimostrazioni di affetto avrebbero incrementato i sospetti sia del detective che del gruppo dei poliziotti e il moro, determinato com'era, non poteva commettere sciocchi errori. Ad aspettarli c'era Matsuda, c'erano piccoli rivoli di sudore sulla sua fronte, quasi come se fosse lui il criminale. Quegli occhi da poliziotto inesperto scrutavano i due giovani, che, di fronte a lui, aspettavano che parlasse. L'atmosfera era tesa ma tutto era nascosto da una finta calma.

"La quiete prima della tempesta..." pensò Light con lentezza snervante. Il moro non se la sentiva giusta, qualcuno aveva colpito alle sue spalle, e qualcosa gli diceva che il ragazzo, al quale era perennemente legato, ne era l'artefice. 

"...vediamo come si evolvono gli eventi"

"Ryuzaki, gli schermi sono stati accesi e i sospettati sono fuori dall'edificio,  i microchip funzionano alla perfezione" Matsuda era  fiero di quello che aveva detto, glielo si poteva leggere in faccia. Una bambino che avevo ricevuto il suo sacchetto di caramelle, ecco quello che sembrava ma tutto quello che creò in Light era confusione. Il moro non capiva cosa intendesse, e con sguardo interrogativo, si voltò verso Elle, che fermo lì dove stava, aveva un piccolo sorriso stampato in faccia.

"Ora cosa farai Sommo Shinigami?  Non puoi uccidere i tuoi uomini, andrebbe contro tutte le tue ideologie" il corvino, con questo pensiero, si girò verso Light. Elle capì che il ragazzo stava cercando delle spiegazioni, lo si vedeva dallo sguardo, e il detective era pronto a dargliele. 

"Sai Yagami...ai tuoi tre amici, durante il loro breve periodo di reclusione, gli sono stati posizionati dei microchip. Quando sono stati rilasciati, io era ancora fermamente convinto che fossero tuoi complici ed è proprio per questo che voglio solo spiarli e studiare i loro comportamenti che , in qualche modo, mi dovranno portare a te. Farebbero qualsiasi cosa pur di proteggerti...o sbaglio?"

"Eccola la tempesta"  Bersaglio colpito e affondato, ora Light doveva scampare da quel naufragio e raggiungere l'isola che lo avrebbe salvato da morte certa. 

"Perchè mai sprecare tutto quelle belle tecnologie con persone così inutili come loro, se vuoi spiarli...accomodati pure ma, ti avverto, non scoprirai niente. Loro non centrano nulla con me, ma tu, ovviamente, non mi crederai perché io sono Sommo Shinigami, giusto?" Tono indifferente e occhi di ghiaccio, ormai Elle ci era abituato. Non si sarebbe mai aspettato una reazione esagerata, come l'ultima volta, ma neanche una così fredda. Light era l'unico che riusciva a sorprenderlo ogni volta, quel ragazzo era un mistero per lui. 

Sotto ad un tono così glaciale, in realtà, Light, dentro di se, stava ribollendo dalla rabbia. Piani su piani stavano invadendo la testa del moro, ma nessuno di questi lo soddisfaceva al cento per cento. Doveva trovare il modo di avvisare uno dei tre, senza creare problemi o  ulteriori complicanze con Elle. Da un lato stava riversando tutte le sue speranze su uno dei due assassini, perfettamente addestrati, ma dall'altro lato aveva sensazioni negative che lo costringevano a pensare alla disfatta del suo sogno.    

Elle e Light, accompagnati da Matsuda e da quel solito tintinnio, si incamminarono verso la sala centrale. Tutti erano lì che aspettavano il tanto stimato detective mentre il grande schermo al loro fianco trasmetteva il punto di vista dei tre ragazzi. Light era preoccupato e alterato ma doveva mantenere la calma, tutto quello che poteva fare era affidarsi ai suoi colleghi e dargli fiducia. Intanto il moro si appoggiò con le mani sullo schienale della sedia di fronte a lui, guardando imbambolato le immagini rappresentante. Elle, a sua volta, appoggiò una mano sulla schiena del compagno, quasi a volerlo consolare. In realtà il detective si stava divertendo e non vedeva l'ora di scoprire quale sarebbe stata la prossima mossa. 

I tre giovani all'entrata di quell'enorme palazzo di vetro, erano disorientati ma allo stesso tempo sollevati però un pensiero cominciò a tormentare Kakashi, che, però, venne momentaneamente messo da parte.

"Allora ragazzi, ci vediamo domani all'or-" Ryuk venne subito interrotto dalla voce profonda dell' assassino, il quale aveva una brutta sensazione e non voleva che in alcun modo che si parlasse o, addirittura, nominasse l'orfanotrofio. Lui raramente si sbagliava, quindi doveva prima togliersi dei dubbi.

"Certo Ryuk, torna a casa" fu l'unica cosa che disse il ragazzo dai capelli bianchi. Dopo un cenno di saluto verso la ragazza, Ryuk si diresse verso casa ancora pensieroso su quello che era accaduto. Intanto Kakashi, avvolse il proprio braccio intorno al collo di Rose e si incamminò, sotto lo sguardo omicida della sorella. 

"Allora sorellina, che ne dici se andiamo in uno di quei bar che frequentavamo da piccoli, ormai è molto tempo che non stiamo un pò insieme" disse il più grande con una sorte di luce negli occhi che Rose aveva ormai imparato a riconoscere. Il fratello stava spudoratamente mentendo ma lei, comunque, decise di appoggiarlo. Kakashi non era una persona a cui piaceva mentire e le poche volte in cui l'ha fatto era per 'lavoro'. Nonostante le era difficile ammetterlo, il fratello era uno in gamba e si meritava tutta la sua fiducia.

"Si certo come no, io e te stiamo sempre in lotta, perché mai dovrei venire con te...e togli questo braccio dalle mie spalle" Rose spostò il braccio di Kakashi, spingendolo poi con discreta forza. 

"Offro io" disse il fratello con un piccolo sorriso sulle labbra, comunque impercettibile poiché coperte da una specie di maschera. Quella maschera, che gli copriva il volto fino al naso, aveva una lunga storia dietro di se e il giovane se la portava dentro con tanta discrezione e segretezza. Solo Rose sapeva e sarebbe stato sempre così.

A sentire quella frase, Rose mutò il suo umore in un batter d'occhio, riprese quel braccio e se lo mise sulle spalle, con un sorriso a trentadue denti. La più piccola lo sapeva che quella non era un uscita di piacere e aveva intuito che il più grande voleva solo perdere tempo per non ritornare all'orfanotrofio, che ormai rappresentava la loro casa. Non avrebbero mai permesso che qualcuno gliela portassero via, così come i loro stessi fratelli. 

Finché vita non ci separiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora