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Era ormai da una settimana che Light, Ryuk e Rem ragionavano sull'assassinio più grande della storia, almeno così lo definiva il corvino. Il suddetto venne articolato e studiato per permettere ai quattro assassini più abili di tutto l'istituto di entrare nella prigione di Kosuge*. Quest'ultima era considerata una delle carceri più infernali del Giappone nonché una delle più impenetrabili. Il compito dei quattro ragazzi era quello di uccidere il capo della mafia giapponese, rinchiuso in quelle quattro mura, considerato uno degli uomini più potenti nel Giappone. Così facendo Light avrebbe affermato non solo il suo comando nell'orfanotrofio ma  avrebbe anche portato alla luce la consapevolezza nelle persone che il nuovo mondo stava per nascere. 

C'era solo un tassello che non riusciva ad inserire nel suo puzzle e questo si chiamava Elle. I due ragazzi non si sentivano da quando il padre di Light fu ucciso, salvo qualche chiamata che si scambiarono per poter conformare la perdita o l'acquisto di prove per il caso shinigami. Solo una chiamata stupì particolarmente entrambi: Light per quello che si ritrovò a dire mentre Elle per quello che rispose. 

"Quanto sono stato stupido. Gli ho palesemente detto  quanto mi mancasse e quanto fossi felice a riascoltare la sua voce"  Light si malediva per quello che aveva istintivamente rivelato ma una piccola parte di se era contenta di ciò. Era come se si fosse liberato di un grosso peso ma ascoltando di rimando il compagno, il vuoto venne riempito con tante farfalle che gli gironzolavano nello stomaco.

"Anche per me è lo stesso, Light. Ti va di venire a cena con me? Non mi fraintendere...non come detective e collega\sospettato ma come due ragazzi che vogliono conoscersi meglio." ecco cosa gli aveva risposto Elle, di punto in bianco. Il moro perse qualche battito al sentire quella domanda tanto che ci volle qualche richiamo dal detective per risvegliarlo. La storia si riassunse  con Elle e Light, in veste di comuni giovani, che di lì a poco avrebbero avuto il loro primo appuntamento.

Quella sera il moro era molto agitato e quasi non riusciva a crederci né al fatto che Elle gli avesse chiesto di uscire né all'appuntamento in se. Light, in fondo, era al settimo cielo e nell'euforia, prima di uscire di casa, dimenticò il cellulare e il portafogli. Dopo varie imprecazioni e auto-rassicurazioni, Light giunse al ristorante stabilito e quasi si sentì svenire quando da lontano vide il suo compagno. Non l'aveva mai visto così. Una camicia bianca al di sotto di un maglione bordeaux, pantaloni neri stretti e un cappotto beige che gli dava un aria superiore. I capelli erano, come al solito, disordinati ma gli stavano tremendamente bene, a detta di Light. Elle gli si avvicinò sorridendo e quasi il moro non lo riconobbe. Quell'aria da detective cupo e vuoto era perenne ma quella sera era come se si fosse volatilizzata. Light era affascinato. 

"Ehi Light, stai benissimo." Elle, nonostante l'evidente spavalderia, non sapeva cosa si facesse ad un'appuntamento. Non c'erano manuali da seguire o prove da ottenere ma il detective doveva solamente ascoltare se stesso. Forse quello era l'effettivo problema. Come si poteva utilizzare qualcosa che si era tenuto spento per per troppo tempo come il cuore ? 

"Ehi, anche tu" prima che Light continuasse  a parlare, il compagno lo interruppe precisando una questione.

"Prima di entrare volevo chiederti se per una sera sei in grado di dimenticare il caso, gli shinigami, i criminali e la nostra rivalità. Sarebbe molto contraddittorio da parte mia, stando a quello che ti ho detto quella volta, ma ho bisogno di viverti senza avere quella pressione sulle spalle" sembrava che tutta la freddezza che aveva caratterizzato il detective fino a quel momento, fosse dissolta, completamente sparita. Il moro gli sorrise sincero e in tutta risposta, ascoltando una piccola vocina dentro di se, si protese verso di lui, gli prese le mani e lo baciò. Nonostante fosse un gesto casto, un normalissimo tocco di labbra, i due lo percepirono come il più vero di tutti. Elle arrossì impercettibilmente, capendo, per la prima volta, quanto tenesse al ragazzo di fronte a se e quanto aspirasse a vivere un'altra vita con lui. 

Finché vita non ci separiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora