Nuvole di fumo

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Filippo se ne sta seduto sul pavimento freddo del dietro le quinte e guarda la gente passare davanti a lui da quest'altezza, non solleva neanche lo sguardo per vedere di chi si tratta perché già si sente abbastanza sopraffatto da tutto quello che sta vivendo per premettersi di provare ansia proprio in questo momento. E lo sa che qualcuno a momenti potrebbe dirgli: "Irama, cosa stai facendo? Tirati su!" e un po' capirebbe anche il perché, si trova all'Ariston, sta per salire sul palco di Sanremo e giocarsi quella che potrebbe essere la sua ultima carta: il turno che dovrà passare è contro un certo Ermal Meta, un uomo più grande di lui, con un bagaglio di esperienze non indifferente che lo terrorizza. Non pensava che fosse così difficile, Sanremo giovani. Sapeva che avrebbe dovuto lottare contro tanti ragazzi e i loro sogni ma nel profondo credeva e pensava di essere il migliore. Nelle ultime settimane invece ha capito qualcosa di fondamentale: sia qui dentro che qua fuori ce ne sono milioni come lui e lui che voleva essere il migliore, lui che voleva essere diverso, lui che voleva fare la differenza, non potrebbe diventare altro che uno dei tanti. Uno dei tanti di cui il panorama musicale, il mondo, potrà fare a meno.

All'improvviso qualcuno passa davanti a lui ma sa di chi si tratta, riconosce l'andatura, gli stivaletti marroni, sente il suo profumo. E questo stesso qualcuno non lo rimprovera perché se ne sta buttato a terra, con le ginocchia premute contro il petto, ad aspettare. No. Questo qualcuno si siede accanto a lui.

"Lo sai che se vuoi andartene basta che lo dici" lo rassicura Lorenzo, perché lo sa, lo sanno tutti e due che non è un codardo, che lui non scappa mai, ma questo non deve necessariamente significare che se un giorno vorrà farlo dovrà sentirsi sbagliato. Le reazioni non possono essere sbagliate se sono sincere.

"Irama, la pubblicità è finita, tra un po' tocca a te" lo avverte un uomo, per poi andare via più veloce di com'è arrivato.

Filippo guarda il suo migliore amico e alla fine, lasciandosi andare ad un sospiro, fa per alzarsi. "Lo so, ma voglio andare fino in fondo."

Mentre sale sul palco un pezzo di lui rimane seduto su quel pavimento freddo, accanto a Lorenzo che è rimasto lì. Perché in fondo quel pezzo che ci ha lasciato per lui sarà sempre quello più importante, quello che più lo rappresenta, indipendentemente da come andranno le cose: non è un vestito che lo rende elegante se dentro è e resterà sempre lo stesso, quel ragazzino di sempre.

***

"Filì che c'è? Te fa male il culo?"

Filippo scuote leggermente la testa, risvegliandosi dai suoi pensieri e cercando di prestare attenzione al suo amico Biondo che lo sta guardando stranito e anche un po' preoccupato. "Mh?"

"Il tuo culo. Pavimento. Scomodo. Te vedo sofferente" gli fa notare Simone, indicando lui, poi il pavimento sotto di loro e alla fine la sua faccia. Filippo sembra finalmente capire e si lascia andare a un mezzo sorriso che non è in grado di coinvolgere i suoi occhi. Sono seduti su questo pavimento scomodo da almeno un quarto d'ora, ad aspettare che Emma sia pronta per uscire e che Einar finisca di litigare a telefono con Valentina. Urlava così tanto che sia lui che Biondo hanno preso la saggia decisione di aspettarlo fuori dalla stanza, per dargli un po' più di privacy, ma nonostante questo sta urlando così tanto che anche da fuori riescono a sentire. E Filippo non ha voglia di sentire. Perché è amico di Einar, questo è vero, ed è vero anche che con la cotta che si è preso per lui dal primo momento in cui lo ha visto ha imparato a conviverci e ci vi vive abbastanza bene, la sa gestire, ma ciò non toglie il fatto che gli fa male. Gli fa male sentire Einar urlare così tanto a telefono perché urla solo chi è arrabbiato ed è arrabbiato solo chi ci tiene, e lui a Valentina ci tiene veramente. E anche tanto.

E lo sa che si sta mettendo in una situazione più grande di lui e nessuno riuscirà mai a convincerlo del contrario, neanche ricordandogli l'episodio in piscina di qualche notte fa. Sì, il fatto che Einar abbia voluto tenerlo così a lungo tra le braccia è un segno positivo. Come lo è anche il modo in cui lo ha sfiorato, accarezzato, in cui il suo corpo ha risposto, può esserlo, questo è vero, ma è vero anche che Einar è dannatamente fragile e per molte cose non è ancora pronto. Come, ad esempio, lasciare andare la ragazza che da quattro anni a questa parte lui considera casa, il suo porto sicuro, nel senso più triste che possa esistere di questi termini. Per Einar lei non è altro che la certezza che ci sarà sempre, o almeno è quello che lui crede, e come può essere tanto forte da affrontare la consapevolezza che forse qualcosa è cambiato? Che la persona che lui ha avuto accanto per quattro anni e con cui aveva intenzione di dividerci una vita non è quella che pensava? Che forse quell'amore di cui è vissuto per tutto questo tempo, esiste solamente nella sua testa e non più dentro al suo cuore?

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