Le luci dell'alba

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Filippo non la ricorda l'ultima volta in cui ha corso così tanto, o semmai lo ha mai fatto, se si è mai lanciato a capofitto in una corsa talmente disperata, agitata, una corsa che non lo fa sentire stanco perché è troppo concentrato su ciò che lo aspetta alla meta per poter anche solo pensare di iniziare a cedere.

L'ospedale di Brescia è grandissimo, come lo sono un po' tutti gli ospedali e Filippo arresta la sua corsa soltanto per cercare dalla mappa all'entrata dove si trova il reparto pediatria. Sta al quarto piano ed ha l'ascensore esattamente davanti a sé ma preferisce prendere le scale e farle di corsa, l'ascensore non può controllarla e lui ha bisogno di essere da Einar in questo preciso istante, perché sta morendo di paura e non vuole lasciarlo da solo un secondo di più.

Appena arriva al quarto piano attraversa velocemente il corridoio e vede subito Einar in sala d'attesa, che cammina avanti e indietro con un braccio attorno al petto e l'altra mano alla bocca mentre è intento a torturarsi le unghie. Filippo si ferma un secondo ad osservarlo, il respiro affannato e il cuore che gli batte fortissimo nel petto. "Einar" sussurra, sollevato di essere finalmente qui davanti a lui.

Einar si gira di scatto a guardarlo, Filippo non pensava che potesse averlo sentito e invece i loro occhi si ritrovano in un attimo: dopo una leggera esitazione, Einar sussurra a sua volta "Filippo" e annulla la distanza che li separa per gettarsi tra le braccia del suo amico. Filippo può sentirlo sciogliersi come neve al sole tra le sue braccia, è costretto a stringerlo forte perché sente che se lo lasciasse gli crollerebbe come argilla tra le mani. "Fil, lui è lì dentro, io non - io mi sento male, non ce la faccio - "

"Einar, respira" sussurra Filippo, prendendogli il viso tra le mani e cercando i suoi occhi. Sono belli da togliere il fiato come lo sono stati sempre ma c'è un velo di lacrime a coprirli e Filippo si sente morire, perché non avrebbe mai voluto vederli ridotti in questo stato degli occhi così belli. "Che cosa è successo ad Ollie? Respira e dimmi cos'è successo, ti prego."

"Ha la febbre alta da giorni, negli ultimi mesi è successo anche altre volte quindi ho cercato di non - di non impazzire come al solito, ma Fil lui - lui ha avuto le convulsioni e io mi sono sp-spaventato a morte, ero da solo e lui era lì che -" si porta una mano alla bocca per trattenere un singhiozzo, gli occhi pieni di lacrime che si perdono nel vuoto per qualche istante prima di riportarli in quelli di Filippo. "È stato tremendo, non ho mai avuto così tanta paura in vita mia."

Filippo lo guarda preoccupato e vorrebbe farsi carico del suo dolore, delle sue paure, vorrebbe far scomparire dalla sua memoria lo spavento che si è preso questa notte ma non può farlo, non riesce a fare altro che stare male per non essere stato lì vicino a lui mentre vedeva suo figlio perdere completamente il controllo su se stesso. "Dio, Einar" sospira, posandogli una mano sulla nuca e stringendolo di nuovo a sé, un po' più forte di prima. "Dovevi chiamarmi subito. Dovevi chiamarmi prima, in questi giorni, quando Ollie stava male. Vi sarei stati vicini."

Einar trema tra le sue braccia e continua a piangere, mentre Filippo lo tiene stretto e lo accarezza e vorrebbe così tanto scusarsi, dirgli che è un idiota perché lo ha trattato una merda e stanotte è la prima persona a cui ha pensato, l'unica persona che avrebbe voluto avere vicino quando ha visto suo figlio stare così male, vorrebbe avere il coraggio di dirglielo ma non riesce a fare altro adesso che starsene qui e godersi il calore del suo abbraccio. Sente che tra queste braccia non c'è niente che potrebbe andare per il verso sbagliato e si sente uno stupido per averle respinte, per aver provato a tagliarlo fuori dalla sua vita proprio quando aveva bisogno di lui.

"Signor Ortiz?" lo chiama improvvisamente una voce maschile, alle sue spalle, ed Einar si stacca subito dall'abbraccio di Filippo per voltarsi verso il medico che ha preso in cura suo figlio appena arrivati in ospedale. Si asciuga le lacrime con il polso e l'altra mano corre a stringere quella di Filippo, come se fosse lui la sua sola unica fonte di energia. E forse è veramente così.

Tra le nuvole e fumo Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora