In bilico

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Filippo è stravaccato sul divano di un privè, un tizio gli sta seduto a cavalcioni sulle cosce e ha la lingua infilata nella sua bocca. Sono i momenti come questi, quando Filippo viene trattato in questo modo, venerato, desiderato, che spegne completamente il cervello e non pensa più a niente fino alla mattina successiva. In fondo ha solo venticinque anni e una carriera che è cominciata da poco più di un paio che sta andando alla grande, che gli da modo e tempo di godersi la vita ogni tanto, andando a ballare nei locali per poi rimorchiare qualcuno per poi scoparlo nei bagni del locale contro la porta o il lavandino.

Il ragazzo che gli sta addosso sta per infilargli la mano nei pantaloni, quando proprio da essi arriva una vibrazione che porta Filippo a sbuffare e prendere il cellulare dalla tasca. Il tizio ne approfitta per scendere più in basso e baciargli il collo, mentre Filippo sbuffa notando la quantità di messaggi che gli sono arrivati in così pochi minuti e Lorenzo che lo sta chiamando proprio in questo preciso istante.

"Devo rispondere, tu non fermarti" dice allo sconosciuto, incitandolo a continuare mentre risponde alla telefonata. "Lori, cosa vuoi?"

"Filo dove cazzo sei finito? Rombo ha mangiato gli arachidi per sbaglio e lui è allergico agli arachidi. È andato in shock anafilattico, siamo tutti in ospedale e manchi soltanto tu, testa di cazzo."

"Siete sempre così drammatici" sbuffa, trattenendo un gemito quando il ragazzo impugna la sua erezione. "Starà bene, una - uh, piano - una lavanda gastrica e tutto passa. Ci sentiamo domani."

"Filo, ma -"

Lori non ha il tempo materiale di finire la frase perché l'amico gli stacca la chiamata e non lo può vedere mentre getta il cellulare da qualche parte sul divanetto, per afferrare quello sconosciuto per i fianchi e spingerlo contro il bracciolo.

C'è un tempo per maturare, per crescere, per diventare uomini e caricarsi di preoccupazioni, c'è un tempo per ogni cosa nella vita ma per Filippo questo è soltanto il tempo di divertirsi e non pensare a niente. Perché sono passati due anni e per non soffrire più ha capito che non deve importargli più di niente.

-

"Lori, la finisci di giocare con quella macchina fotografica? Mi dai fastidio" sbotta Filippo, mentre gioca nervosamente con gli anelli che ha al dito sfilandoseli e infilandoseli continuamente.

Lorenzo sbuffa, poggiando la macchina fotografica sul letto e lanciando un'occhiata al suo migliore amico. "Io non gioco, Filo, io con questa ci lavoro. Sai com'è, da quando sei troppo impegnato a fare il padre la tua pagina su Instagram te la sto gestendo solo io."

Stavolta è Filippo a lanciargli un'occhiata, truce, una di quelle che potrebbero davvero uccidere le persone. Lorenzo solo in questo momento si rende conto della cazzata madornale che ha detto e di cosa ha appena ricordato a Filippo - come se non si stesse struggendo da tre giorni, pensandoci -. Sussurra comunque un flebile "scusa" che non gli vorrebbe dire, ma glielo dice soltanto perché è Filippo ed è il suo migliore amico, è praticamente suo fratello e lo sa che sta soffrendo, ma da una parte vorrebbe soltanto mettersi ad urlare "te lo avevo detto" e poi andare a casa di Einar per spaccargli la faccia, perché non è possibile che sono passati cinque anni e sono ancora a questo punto. "Non lo hai proprio sentito?" gli chiede, facendosi piccolo piccolo e ignorando i suoi pensieri.

"Intendi dopo che mi ha urlato contro che non sono il padre di Oliver e me lo ha portato via manco avessi la peste bubbonica? No, Lori, non l'ho sentito" sbuffa Filippo, poggiandosi con la schiena contro i cuscini. "Io non - voglio dire, lo so, mi sono preso diritti che non avevo ma pensavo davvero di aver fatto una cosa bella, capisci? E sono scazzato, sincero. Non perché mi abbia accusato di essermi comportato con Oliver come se fossi suo padre, assolutamente, cosa vuoi che mi importi? Voglio dire, ha ragione. Mi ha dato fastidio l'atteggiamento con cui lo ha detto. Tutto qua."

Tra le nuvole e fumo Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora