Può bastare?

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Prima di leggere, volevo dirvi che l'ultima volta che ho postato Wattpad non ha inviato la notifica quindi controllate e assicuratevi prima di aver letto l'ultimo capitolo 🖤




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Scrivere per Filippo è sempre stata una cosa estremamente personale, come spesso è giusto che sia.

Ci sono state delle volte in passato in cui non ha scritto da solo, ha memoria di quei pomeriggi al parco con Lorenzo come nient'altro al mondo, quando se ne stavano seduti su quella loro panchina al riparo da un albero a scrivere rime una dopo l'altra e a immaginarsi a cantarle sopra un palco. Con lui dietro le quinte ad osservarlo ed aspettarlo per accompagnarlo a fare le interviste. Se le ricorda bene quelle rime, Filippo. Quelle rime scritte così, per gioco, che parlavano della prima canna fumata insieme, di quella leggerezza nella testa che arrivava già dopo qualche tiro, della prima sbronza alla festa di fine anno, di quella voglia di fare sesso, di farlo ovunque, di saltare tutti quei convenevoli che non gli appartenevano e saltare subito alla parte fisica, carnale. Ed era figo. Era questa la parola che sia lui che Lorenzo usavano per commentare le rime che scriveva. Erano fighe. Ma non erano le rime fighe a tenerlo sveglio la notte. Erano quelle che scriveva quando salutava Lorenzo e se ne tornava a casa, da solo, si chiudeva nella sua camera e lasciando fuori tutto il mondo, su una pagina bianca tirava tutto fuori tutto il suo di mondo. La sua vita, i suoi sentimenti, i suoi pensieri più nascosti. Tutto lì. Ed erano cose talmente intime che lo devastavano, lo tenevano sveglio tanto a lungo e con una tale intensità che se ne accorgeva solo quando guardando fuori dalla finestra si accorgeva che era l'alba. Erano cose che però, in fondo, non avrebbero mai dovuto vedere la luce del giorno. Cose talmente intime e personali che il solo pensiero di portarle fuori da quella stanza gli dava i brividi.

Poi ce l'ha fatta, ha trovato il coraggio di farle leggere a Lorenzo ed è stato proprio lui ad avere il coraggio di dirgli ad alta voce ciò che lui già sentiva dentro. Le rime che scrivevano al parco erano fighe e funzionavano, ma quelle in cui raccontava la sua vita, i suoi sentimenti, le sue emozioni più profonde be', erano quelle la chiave del successo. E se vuoi diventare un cantautore devi essere disposto pure a fare questo. Ad esporti, a regalarti.

Pian piano lo ha capito pure lui e ha fatto qualche passo avanti, ha portato a Sanremo una canzone così personale che quando scese da quel palco la prima volta si sentì fiero di lui come mai in vita sua. Fu quella la sua vittoria più grande. Cantare e raccontare di sé come non aveva mai fatto con nessuno. Nemmeno con Lorenzo con cui in fondo non aveva mai avuto motivo di farlo perché lui lo capiva senza il bisogno di fargli dire una parola. Ci sono certe cose però che non è mai riuscito ad esternare. Certe porte che ha preferito lasciare chiuse un altro po'.

Come Un giorno in più.

Un giorno in più è uno dei due pezzi che più gli ha fatto male scrivere e che, per questo, pensava di lasciare a morire tra le pagine di quel quadernino che si era portato dietro durante il viaggio. Finlandia, era quella la meta. Un giorno in più è stata concepita in una camera d'albergo, mentre era lontano da casa e sentiva la mancanza della sua famiglia come non mai. Stava pensando a suo padre quella sera, quando prese carta e penna e cominciò a scrivere. E si disse che no, che quella canzone non doveva uscire fuori ma ci sono certe cose che sono troppo difficili da reprimere: l'arte non bisogna mai nasconderla, non bisogna mai lasciarla sola a morire.

E così, tornato dalla Finlandia, decise di farla ascoltare a suo padre. Non glielo disse che era per lui ma gliela fece ascoltare comunque, con la paura nel petto che potesse accorgersene e la delusione impressa sul suo viso quando frase dopo frase suo padre annuiva, orgoglioso, commentando e dicendogli che fosse proprio una bella canzone senza però ritrovarcisi dentro e chiedergli: "Filippo, ma sbaglio o questo pezzo parla di me?". Fu deludente ma comunque non così tanto perché in fondo non avrebbe mai voluto che lo capisse. E sapeva che non lo avrebbe fatto. Suo padre è come lui, sono identici, sono sensibili tanto quanto basta e certe cose, certi gesti, non hanno mai saputo coglierli. E va bene così, o meglio andava bene. Almeno fino ad ora.

Tra le nuvole e fumo Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora