1. Sotto la collina

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«Haley, fermati!»

La voce giunse stentorea alle orecchie del fae mentre continuava a correre nel sottobosco. Era veloce, veloce come un fulmine agli occhi di un comune mortale, e nemmeno quel richiamo implorante avrebbe potuto rallentare la sua corsa. Sorrise fra sé nell'aumentare l'ampiezza del proprio passo. L'erba era scivolosa, umida di pioggia, ma la sentiva fresca contro le palme dei piedi, in forte contrasto con l'afa che pervadeva l'aria da alcune settimane. Per la sua temperatura corporea - inferiore alla norma - l'estate non era che un incubo a occhi aperti e soltanto correndo poteva permettersi di prendere una boccata d'aria. Poteva sentire il vento sferzargli il viso e respirare i profumi del bosco. Sapevano così tanto di casa. La sua nuova casa. L'unica in cui avrebbe voluto essere.

Svoltò a destra. Seguiva il vento nel tentativo di far perdere le proprie tracce al suo inseguitore, ma non aveva messo in conto di doversi fermare dopo pochi passi. Un albero spezzato a metà era crollato contro il tronco vicino e gli sbarrava obliquamente la strada. Era annerito alla base e sbrecciato, dall'interno cavo. Pezzi di corteccia ricoprivano il suolo circostante come in seguito a un'esplosione. Haley contrasse le labbra in una smorfia contrariata.

Fece un paio di passi indietro per potersi guardare meglio intorno, mentre il fruscio prodotto da chi lo stava seguendo diventava pian piano più rumoroso. Si trovava in una zona particolarmente fitta del bosco, in cui i rami degli alberi si intrecciavano fra loro al punto da rendere impossibile riconoscere a quale fusto appartenessero. Avrebbe potuto nascondersi, aiutato dal colore terroso dei propri abiti, e aspettare che l'altro fae passasse avanti. A quel punto sarebbe tornato sui propri passi, fino a raggiungere la via di casa. Tuttavia non era da lui tirarsi indietro di fronte a una sfida.

Alzò lo sguardo e sorrise alla vista di ciò che lo sovrastava. Un ramo basso bucava l'aria proprio sopra alla sua testa, offrendosi come appiglio perfetto per una fuga in verticale. Gli bastò piegare le ginocchia e saltare. Riuscì a stringere fra le mani la corteccia fibrosa al secondo tentativo. Si dondolò con le braccia per incanalare le energie e si tirò su a fatica. Strisciò finché non si fu appollaiato in modo abbastanza stabile sul suo rifugio di fortuna e solo allora si fermò a osservare con la fronte corrucciata lo spazio che lo separava dalla barriera. Doveva studiare con attenzione il prossimo passo per evitare di schiantarsi al suolo.

Si avvicinò al tronco e lasciò cadere le gambe ai lati del ramo. Il sole cominciava a sorgere da est, colorato di un rosa pallido. Il fae portò una mano davanti agli occhi chiari per schermarli da quella luce pallida e sbadigliò fra sè. Lo sforzo della corsa a quell'ora del mattino lo aveva distrutto. Sentiva le gambe molli e i polmoni sgonfi. Non sarebbe successo se Haley fosse stato ancora il generale di un esercito, come suo padre prima di lui. Non che desiderasse tornare a esserlo. Solo ora, per la prima volta nella vita, sentiva di essere il vero padrone di se stesso. Niente più obblighi, ordini o incarichi. Haley faceva quello che voleva, senza doverne rendere conto a nessuno. Mai, mai aveva avuto una simile libertà prima dell'esilio, anche se era stato difficile ricominciare da zero. Probabilmente non sarebbe mai riuscito a ritrovare un equibrio - per quanto precario - nella sua vita se non fosse stato per Calum Millet. Era il suo migliore amico, l'unica persona di cui si fidasse. Sapeva perfettamente che se fosse rimasto solo, su quel ramo scricchiolante non ci sarebbe mai arrivato.

Riportò lo sguardo sul ramo più vicino a lui, a metà strada verso la barricata naturale che lo ostacolava. Barcollando si rimise lentamente seduto sui talloni, pronto a ripetere il salto. Sentiva già l'elettricità dell'adrenalina scorrergli nei muscoli tesi delle gambe quando una figura in controluce gli si palesò davanti agli occhi. Sembrava essere sbucata dal nulla e Haley non poté evitare di sobbalzare per la sorpresa. Tentò di reggersi al tronco centrale, ma perse l'equilibrio e ricadde all'indietro. Il vuoto si aprì sotto i suoi piedi come una voragine.

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